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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 267  -  Gennaio 2020

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           Jimmy Fletcher Meders                       Donnie Cleveland Lance

SOMMARIO:

1) Due esecuzioni fissate in Georgia, uno dei condannati si salva

2) Prima esecuzione del 2020 negli Usa: ucciso John Gardner in Texas

3) In Virginia si parla di abolizione della pena di morte

4) Pressoché certa a breve l’abolizione in Colorado

5) Il punto sulla situazione di Dailey condannato a morte in Florida

6) Curtis Flowers condannato a morte ha passato il Natale a casa sua

7) In Louisiana 10 anni senza esecuzioni

8) Un caso riaccende la discussione sull’abolizione in Malaysia

9) Arabia Saudita: Un numero record di esecuzioni nel 2019

10) Notiziario: Florida, India, Nebraska, Pakistan, Wyoming

1) DUE ESECUZIONI FISSATE IN GEORGIA, UNO DEI CONDANNATI SI SALVA

 

La pena di morte si abbatte sui condannati in modo casuale: è difficile dire chi potrà scamparla e chi no.

 

L’esecuzione di Jimmy Meders fissata per il 16 gennaio

 

La somministrazione dell’iniezione letale al 58-enne Jimmy Fletcher Meders nello stato della Georgia, ordinata per un giorno compreso tra il 16 gennaio e il 23 gennaio scorsi, è stata infine fissata per le ore 19 del 16 gennaio.

Meders era stato condannato a morte per aver ucciso a colpi di pistola nel corso di una rapina il cassiere di un minimarket il 14 ottobre del 1987 alle 2:30’ di notte. La rapina fruttò 38 dollari a Meders che fu subito scoperto e arrestato. Il fattaccio accadde dopo che Meders e tre amici si erano dati ai bagordi per molte ore e si erano intrattenuti con una prostituta minorenne.

Una lunga inutile serie di appelli contro la condanna a morte di Jimmy Fletcher Meders, pronunciata il 7 aprile del 1989, è terminata con il respingimento dell’ultimo appello da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti il 15 ottobre u. s.

Con solo sei ore di anticipo rispetto al momento dell’esecuzione la Commissione per le Grazie (Board of Pardons and Paroles) ha bloccato il meccanismo di morte, condannando Jimmy Fletcher Meders all’ergastolo senza possibilità di liberazione sulla parola.

Il motivo della commutazione della pena sta nel fatto che nel 1989, quando Meders fu processato, non esisteva nello stato della Georgia la possibilità di condannare un criminale all’ergastolo senza possibilità di liberazione: la massima pena detentiva era l’ergastolo con la possibilità di liberazione sulla parola (1). Quindi è da ritenere che i giurati condannarono Meders a morte per evitare che egli potesse tornare un giorno libero e nuocere di nuovo alla società.

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(1) La condanna all’ergastolo senza possibilità di liberazione è stata poi introdotta nei codici della Georgia nel 1993.

 

L’esecuzione di Donnie Cleveland Lance fissata per il 29 gennaio

 

Donnie Cleveland Lance fu condannato a morte per aver ucciso l’8 novembre 1997 la sua ex moglie Sabrina "Joy" Lance di 39 anni e il suo nuovo boyfriend Dwight "Butch" Wood Jr. di 33 anni.

Donnie Lance bussò alla casa abitata dai due amanti, ammazzò con due colpi di pistola l’ex moglie e colpì con il calcio dell’arma il suo compagno, uccidendolo.

Lance era stato condannato alla pena capitale a giugno del 1999. Un giudice aveva annullato la sua condanna a morte ad aprile del 2009 per il fatto che il suo avvocato aveva trascurato di investigare e di presentare al processo la sua storia di malattia mentale. Tale giudice aveva affermato che la presentazione di prove riguardo alla sua malattia mentale, derivante dai danni cerebrali riportati in incidenti stradali, da un colpo di arma da fuoco da lui ricevuto e dall’alcolismo, avrebbero potuto convincere la giuria a risparmiargli la vita.

A gennaio del 2010 la Corte Suprema della Georgia aveva ripristinato la sentenza capitale osservando che anche se tali prove fossero state presentate non gli avrebbero verosimilmente evitato la condanna a morte.

La Commissione per le Grazie (Board of Pardons and Paroles) si è astenuta dall’intervenire in favore del condannato (non si sa se i membri della commissione abbiano optato tutti o solo in maggioranza per l’astensione).

Legato al lettino dell’esecuzione Donnie Cleveland Lance ha declinato di fare un’ultima dichiarazione. È rimasto pressoché immobile, muovendo solo i piedi avanti e indietro. Il direttore del carcere ha lasciato la camera dell’esecuzione alle 20:54’. Poi è cominciata la somministrazione del pentobarbital. Lance ha fatto una dozzina di profondi respiri prima di rimanere immobile. È stato dichiarato morto alle 21:05’, a 66 anni di età, nella Prigione di Jackson in Georgia (Georgia Diagnostic and Classification Prison).

I funzionari del carcere hanno precisato che il condannato nel giorno dell’esecuzione ha ricevuto le visite di 15 familiari, di un amico e di 3 avvocati.

Da notare: l’anno scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti (composta da nove giudici) aveva rifiutato a maggioranza di occuparsi del caso di Donnie Lance.

I tre giudici più progressisti - Sonia Sotomayor, Ruth Bader Ginsburg ed Elena Kagan – avevano espresso la loro preoccupazione per il fatto che ai giurati che condannarono a morte Lance non fu fatto presente che costui aveva un danno cerebrale e un quoziente intellettuale ai limiti della demenza, condizioni mentali che potevano aver influito sul controllo dei sui impulsi.

“Gli avvocati difensori al processo di Lance erano convinti della sua innocenza e così non si prepararono a presentare le attenuanti nella fase processuale di inflizione della pena,” scrisse la Sotomayor. “La prove della deficienza mentale potevano ragionevolmente influire sulla decisione di almeno un giurato di affermare che Lance meritava di morire per i suoi crimini, e occorreva dare a Lance la possibilità di sfruttare questa possibilità per salvarsi la vita.”

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2) PRIMA ESECUZIONE DEL 2020 NEGLI USA: UCCISO JOHN GARDNER IN TEXAS

 

La macchina della morte del Texas funziona a pieno regime. Il primo condannato a ricevere l’iniezione letale negli Stati Uniti nel 2020 è stato il texano John Steven Gardner messo a morte con un’iniezione letale nel tristemente noto carcere di Huntsville.

 

Il 15 gennaio è stato messo a morte in Texas il 64-enne John Steven Gardner (nella foto), condannato alla pena capitale per un delitto passionale commesso il 23 gennaio 2005. Quel giorno Gardner sparò a sua moglie Tammy, già separata, che aveva chiesto di divorziare.

Invano i suoi avvocati difensori si sono appellati alla Corte Suprema USA per ottenere una commutazione della pena, sostenendo che il crimine commesso da Gardner non poteva essere considerato un reato capitale in quanto commesso da una persona non in possesso delle sue facoltà mentali. Egli infatti, un uomo da sempre molto aggressivo, commise l’omicidio in un accesso d’ira derivante dall’umiliazione di essere stato lasciato.

John irruppe nella casa in cui abitava la moglie e le sparò in testa. Tammy nonostante la gravissima ferita, riuscì a chiamare la polizia. Trasportata in ospedale, dopo poco cadde in coma irreversibile e i medici reputarono inutile qualsiasi forma di accanimento terapeutico. Morì nel giro di due giorni.

John Gardner aveva già compiuto molti atti di violenza domestica, ai danni delle sue 3 precedenti mogli, di cui una, incinta, morì in seguito a causa della ferita da arma da fuoco riportata. Gardner in quell’occasione fu incarcerato e scontò due degli otto anni a cui era stato condannato.

Tempo dopo tornò in prigione per aver aggredito la figlia della sua successiva moglie.

Al suo processo capitale l’accusa fece presente che egli spesso tentò di violentare le figlie delle sue mogli.

John era davvero un uomo violento e sadico, ma a sua volta aveva avuto un’infanzia intrisa di violenza e umiliazioni. Al suo processo capitale, la sorella testimoniò che il loro padre, un pastore protestante, era violentissimo e spesso interrompeva i suoi sermoni per andare nell’ingresso della chiesa e picchiare davanti a tutti il figlio con la cintura.

Tammy e John Gardner erano sposati da oltre cinque anni e la loro relazione era sempre stata violenta. I vicini riferivano di continue liti e urla. La donna era terrorizzata, spesso coperta di lividi, e aveva più volte confidato alle amiche e ai parenti che non osava lasciare il marito perché lui l’avrebbe ammazzata. Quando infine si decise a farlo, purtroppo John mise in atto la sua terribile minaccia.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto le ultime istanze della difesa e il 15 gennaio John Gardner è stato legato al lettino nella camera della morte nel carcere di Huntsville ed ha ricevuto l’iniezione di pentobarbitale alle 18:20’. È stato dichiarato morto 16 minuti dopo.

Poco prima il condannato si era rivolto ai figli e alla madre della sua vittima, che assistevano all’esecuzione, chiedendo loro perdono: “Desidero dirvi che mi dispiace per il dolore che ho causato. Spero che possiate trovare pace, serenità e un termine alla vostra sofferenza. Spero che potrete perdonarmi. Mi dispiace. So che adesso non potete perdonarmi, ma spero che un giorno ci riuscirete.”

Si era poi rivolto a 5 amici e al suo assistente spirituale - che pure assistevano all’esecuzione in un locale separato da quello dei familiari di Tammy - dicendo che voleva loro bene. Infine si è rivolto al direttore del carcere e gli ha chiesto di procedere con l’esecuzione, perché, ha detto, “desidero ardentemente incontrare il Signore Gesù”.

Ci sono altre 7 esecuzioni programmate in Texas entro il prossimo 13 maggio. (Grazia)

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William Morva arrestato nel 2006

3) IN VIRGINIA SI PARLA DI ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE

 

In Virginia, come negli altri stati del sud degli USA, si è molto usata fino ad oggi la pena di morte ma si intravede ora la possibilità dell’abolizione.

 

La Virginia ha messo a morte quasi 1.400 persone nei suoi 412 anni di storia. Ma ora una nuova maggioranza democratica si prepara a governare e alcuni vedono in ciò l’occasione favorevole per l’abolizione della pena capitale. Un disegno di legge abolizionista è stato presentato dal deputato democratico Lee Carter.

L’abolizione è sostenuta dall’associazione Virginians for Alternatives to the Death Penalty (Virginiani per le alternative alla pena di morte).

Tredici parenti di vittime del crimine a novembre hanno inviato una lettera all'Assemblea Generale chiedendo ai parlamentari di abolire la pena di morte. Rachel Sutphin, figlia del poliziotto Eric Sutphin, ucciso a colpi di arma da fuoco nel 2006, ha dichiarato di non aver sentito né la fine della sofferenza né alcun conforto quando William Morva, l'assassino di suo padre, è stato messo a morte nel 2017. Eric Sutphin fu ammazzato da Morva a Blacksburg mentre partecipava a una caccia all'uomo per la cattura dello stesso Morva, un omicida evaso.

Rachel Sutphin, che al momento dell’uccisione di suo padre aveva 9 anni, ha detto di essere venuta a conoscenza dell’esistenza della pena di morte in Virginia solo anni più tardi.

Nel 2016 scrisse lettere all'allora governatore della Virginia Terry McAuliffe esortandolo a commutare la condanna a morte di Morva in ergastolo. Morva invece è stato ‘giustiziato’ il 6 luglio del 2017.

Nessun altro è stato messo a morte da allora in Virginia, dove dal 2011 non sono state più comminate condanne capitali e attualmente solo 3 persone rimangono nel braccio della morte. Ciò con un deciso cambiamento in uno stato che, dopo il ripristino della pena di morte nel 1976, ha messo a morte ben 113 persone, un numero inferiore solo a quello del Texas Carter ha affermato che la nuova maggioranza democratica offre agli oppositori della pena di morte "la migliore possibilità che abbiamo avuto da molto tempo", ma riconosce che atteggiamenti radicati nei confronti della pena di morte in Virginia potrebbero rendere difficile l'abolizione.

"Sfortunatamente, ci sono ancora persone in entrambi i principali partiti che conservano la mentalità degli anni '80 e '90: “più punizione, più punizione, più punizione", ha detto Carter. Per di più la risicata maggioranza che i democratici detengono sia al Senato che alla Camera, potrebbe rendere la battaglia per abolire la pena di morte molto dura.

Il senatore repubblicano Ben Chafin ha dichiarato di ritenere improbabile che passi un disegno di legge sull'abolizione.

"L'Assemblea Generale ha definito con precisione - nel corso di molti anni – le categorie di crimini per le quali si può infliggere la pena di morte", ha detto Chafin."Questi crimini sono i più atroci tra i crimini".

Il deputato repubblicano Rob Bell ha detto di comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime del crimine che non vogliono che venga comminata la pena di morte. Ma ha detto che non sosterrà un'abrogazione generalizzata della pena capitale.

Robert Dunham, direttore esecutivo dell’agenzia abolizionista Death Penalty Information Center, ha osservato che 21 stati hanno abolito la pena di morte, ma spesso dopo molti anni di battaglie politiche. Ha detto che ciò potrebbe essere più difficile in uno stato del Sud come la Virginia, con una lunga storia di esecuzioni e di atteggiamenti radicati sulla pena di morte. (Pupa)

4) PRESSOCHÉ CERTA A BREVE L’ABOLIZIONE IN COLORADO

 

Il Parlamento del Colorado è impegnato a far approvare una legge abolizionista. I tempi sono maturi perché questo stato, in cui è stata portata a termine una sola esecuzione dopo il 1976, diventi il 22-esimo stato abolizionista negli Stati Uniti d’America.

 

Il 30 gennaio, dopo un acceso dibattito, il Senato del Colorado ha approvato la legge di abolizione della pena capitale con 19 voti a favore e 15 contro. Manca una delle tre votazioni prescritte ma si dà per certo che il 30 gennaio il Senato abbia dato via libera all’abolizione della pena di morte in quello stato. Si prevede che Camera dei Rappresentanti (che deve votare in proposito il 3 febbraio p. v.) e il Governatore Jared Polis (che ha la facoltà di imporre il suo veto) optino per l’abolizione. Da notare: l’anno scorso la legge abolizionista al Senato non passò.

Il deputato repubblicano Dave Williams che sostiene la pena di morte non si è dato per vinto ed ha minacciato di indire un referendum popolare sulla pena capitale. Al che la democratica KC Becker, Portavoce della Camera, ha dichiarato al giornale Denver Post: “La minaccia di Dave Williams di far saltare la legislatura a causa del suo sostegno alla pena di morte farà desistere ogni parlamentare dal fare ciò per cui è stato eletto: rappresentare i suoi elettori”.

Notiamo che in Colorado è stata portata a termine una sola esecuzione dopo il ripristino della pena di morte negli USA nel 1976 e che l’abolizione della pena capitale in Colorado farà salire da 21 a 22 il numero degli stati USA abolizionisti.

Riteniamo in Colorado non ci siano le condizioni affinché si verifichi ciò che è avvenuto in Nebraska, stato in cui nel 2016 fu indetto un referendum popolare per mantenere la pena di morte abolita dal Parlamento nel 2015 (1).

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(1) Vedi art. qui sotto nel Notiziario e articoli nei nn. 222, 223, 224, 232, 248, 251, 255 Not.

5) IL PUNTO SULLA SITUAZIONE DI DAILEY CONDANNATO A MORTE IN FLORIDA

 

Siamo convinti - come lo è il nostro amico floridiano Dale Recinella - che James Dailey condannato a morte in Florida sia innocente. Non ne sono altrettanto convinte le autorità della Florida che lasciano il suo caso in un limbo preoccupante.

 

Del caso di James Dailey (1), condannato a morte in Florida e assistito spiritualmente dal nostro amico Dale Recinella, ci stiamo occupando attivamente già dello scorso anno, quando lanciammo la campagna dell’invio di lettere al Governatore della Florida chiedendo clemenza per lui (2).

Ricordiamo che James Dailey fu condannato ingiustamente a morte solo sulla base della falsa testimonianza di un informatore del carcere, e nonostante il fatto che il coimputato Jack Pearcy avesse detto più volte di essere l’unico autore dell’omicidio della 14-enne Shelly Boggio avvenuto nel 1985. (Pearcy fu condannato all’ergastolo per questo delitto, mentre Dailey fu condannato a morte).

L’esecuzione di James Dailey, fissata per il 7 novembre u. s. fu poi sospesa da un giudice federale che la bloccò fino al 30 dicembre, per dare modo alla difesa di presentare nuove prove sull’innocenza di James.

Passato il 30 dicembre, la situazione rimane in sospeso e alquanto confusa. Il 13 gennaio si è tenuta un’udienza per Dailey da parte della giudice Pat Siracusa che ha programmato altre udienze. Ma sostanzialmente la vita di James Dailey è ora nelle mani del Governatore Ron DeSantis, che potrebbe firmare in qualsiasi momento un nuovo mandato di esecuzione.

La difesa spera che la giudice Siracusa fissi al più presto la data per un’udienza in cui presentare le prove a discolpa, in modo che Jack Pearcy possa testimoniare in aula di essere stato lui l’unico autore del delitto. L’avvocato difensore Joshua Dubin ha dichiarato: “Le recenti dichiarazioni [di Jack Pearcy] avvalorano l’innocenza del Sig. Dailey… Io voglio che lui dica la verità.”

Invece l’accusatore Robert Heyman, che oltre 30 anni fa fece condannare Dailey a morte, continua a dirsi convinto della sua colpevolezza: “Quello fu probabilmente il crimine più orrendo che io abbia mai perseguito, per la violenza che quella ragazzina quattordicenne dovette subire.” Per Heyman i dettagli del caso sono ancora chiari come all’epoca del processo.

La condanna inflitta a Dailey fu determinata essenzialmente dalla testimonianza di Paul Skalnik, un altro detenuto. L’accusatore Heyman difende la scelta di questa testimonianza: “Come dice un vecchio adagio, devi scendere a patti con un peccatore per riuscire a catturare il diavolo, e questo è esattamente ciò che ho fatto io. Le testimonianze di alcuni informatori del carcere combaciano perfettamente con la dichiarazione del Sig. Pearcy che ci disse, all’epoca, che era stato lui con Daiely a pugnalare e affogare la vittima”. (Quest’ultima dichiarazione fu successivamente più volte ritrattata in privato e in pubblico dallo stesso Pearcy).

La difesa di Dailey sostiene che il testimone chiave dell’accusa, il detenuto Paul Skalnik, dichiarò solo in parte alla giuria il tipo di reati per i quali era in carcere e che l’accusa non lo corresse. In particolare, egli non rivelò di essere stato condannato per l’aggressione oscena di un bambino. Josh Dubin, uno dei difensori di Dailey, ha dichiarato alla ABC News che questa mancata rivelazione ha costituito una violazione, da parte dell’accusa, dei diritti dell’imputato a un processo equo. Ha detto che “l’accusa ha il dovere etico, professionale e legale di non sviare i giurati” e che “il non farlo costituisce una frode alla corte, e perciò questa condanna non può reggere”.

Sul banco dei testimoni, Skalink dichiarò ai giurati che Dailey gli aveva confessato l’omicidio mentre erano in carcere insieme, e offrì raccapriccianti dettagli del delitto. In un’intervista esclusiva ad ABC News, Dailey, ora 73-enne, negò di aver mai parlato con Skalink, figuriamoci poi di aver confessato un delitto a un rinomato informatore del carcere. “Non gli ho mai rivolto la parola in vita mia”, ha detto Dailey, “e sono stato costretto a restare seduto nell’aula durante il processo sentendolo dire che gli avevo confessato queste cose orribili, mentre non gli avevo mai detto nulla”. Quando, durante il contro-interrogatorio, la difesa aveva chiesto a Skalink quali erano stati i suoi reati, egli rispose di aver commesso dei furti aggravati, ma mai omicidi, o stupri o atti di violenza fisica. Questa dichiarazione fa di lui uno spergiuro e l’accusa che ne era al corrente non lo corresse.

Alcuni anni dopo la condanna a morte di Dailey, Paul Skalnik fu nuovamente incriminato e condannato per aggressione sessuale ai danni di un altro minorenne in Texas e scontò 10 anni di carcere. L’accusatore Heyman riconobbe in seguito di non aver mai menzionato le accuse di aggressione sessuale di Skalnik, affermando che avrebbe dovuto essere lui a dichiararlo alla giuria e che ciò esulava dal proprio compito.

Nel 1988 Skalnik dichiarò di aver testimoniato in oltre 50 casi riguardanti altri imputati in Florida. Nel caso di James Dailey, egli offrì i suoi servigi all’accusa persino prima di aver mai incontrato Dailey. Questa dichiarazione è stata confermata anche dall’accusatore Heyman.

Sembra davvero assurdo che una condanna a morte possa basarsi su simili testimonianze, ma a quanto pare, quando si tratta di pena capitale in America, nulla più dovrebbe stupirci! (Grazia)

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(1) Vedi James Dailey nel filmato pubblicato il 23 gennaio u. s.: https://abcnews.go.com/US/video/attorney-jury-hear-key-information-death-row-case-68481330

(2) Vedi n. 263.

6) CURTIS FLOWERS CONDANNATO A MORTE HA PASSATO IL NATALE A CASA SUA

 

Si sospetta che a sfavore del nero Curtis Flowers, un condannato a morte del Mississippi che è stato processato 6 volte, agiscano dei pregiudizi razziali. Per tale motivo la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato la sua condanna nel giugno scorso ed egli è potuto uscire di prigione il 16 dicembre per passare il Natale con i suoi. Non si sa se Curtis Flowers verrà processato di nuovo.

 

Il nero Curtis Flowers, che non aveva precedenti penali, fu arrestato nel 1996 e accusato di aver ucciso quattro dipendenti in un negozio nella piccola città di Winona nel nord del Mississippi, in un ambiente caratterizzato da un forte razzismo. Una dipendente sarebbe stata uccisa perché licenziò Flowers, gli altri tre dipendenti perché testimoni del delitto.

Quest’anno per la prima volta dopo 23 anni Curtis Flowers ha trascorso le feste natalizie con la sua famiglia, agli arresti domiciliari, dopo essere uscito dal braccio della morte del Mississippi il 16 dicembre.

Ricordiamo che Curtis Flowers è stato processato ben 6 volte (1): 2 volte fu condannato a morte, 2 volte i processi risultarono nulli perché le giurie non riuscirono a mettersi d’accordo sulla sentenza da emettere, 3 volte le sentenze di morte furono annullate dalle corti di appello. L’ultima il suo caso è arrivato addirittura alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Il motivo per cui Flowers ha avuto fino ad ora salva la vita è che in tutti e 6 i processi l’accusatore Doug Evans si è reso colpevole di discriminazione razziale facendo sistematicamente escludere dalle giurie i potenziali giurati di colore.

La Corte Suprema ha annullato l’ultima condanna di Flowers il 21 giugno scorso. In tale occasione il giudice Brett Kavanaugh in un’opinione condivisa da 7 giudici su 9, ha scritto che Doug Evans – ricoprendo il ruolo di accusatore in tutti e 6 i processi a cui è stato sottoposto Flowers - per oltre 20 anni si è impegnato in un “implacabile, caparbio sforzo per escludere dalle giurie individui di colore”. Kavanaugh ha rilevato che Evans ha fatto escludere 41 dei 42 potenziali giurati di colore nel corso dei 6 processi. “Non possiamo ignorare questa storia”, ha rimarcato Kavanaugh.

Il caso del 49-enne Curtis Flowers rimane aperto, egli potrebbe essere processato di nuovo.

Un fatto positivo è che l’accusatore Doug Evans abbia deciso di rinunciare a partecipare ad un eventuale nuovo processo contro Flowers.

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(1) Vedi articolo sulla vicenda di Curtis Flowers nel n. 260.

7) IN LOUISIANA 10 ANNI SENZA ESECUZIONI

Nella Louisiana, lo stato della nota suora abolizionista Helen Prejean, si è festeggiato puntualmente il compimento di un decennio in cui non si sono verificate esecuzioni capitali.

 

Il 7 gennaio 2020 si è completato un decennio in cui non sono state eseguite condanne capitali in Louisiana.

L’ultima esecuzione in Louisiana avvenne il 7 gennaio 2010, quando fu somministrata un’iniezione letale a Gerald Bordelon. La sua esecuzione fu la 28-esima in Louisiana dopo il ripristino della pena di morte negli Stati Uniti nel 1976.

Prima di Bordelon, in Louisiana non era stato messo a morte nessuno dal 2002.

Mentre si avvicinava il decimo anniversario dell'esecuzione di Bordelon, gli abolizionisti della Louisiana si sono preparati per effettuare una veglia davanti al quartier generale di Resurrection After Exoneration, associazione senza scopo di lucro fondata da John Thompson, prosciolto dal braccio della morte.

Durante la veglia, citando i costi elevati, le condanne ingiuste e il declino del sostegno pubblico alla pena capitale, Michael Cahoon di Promise of justice initiative (movimento che rappresenta i detenuti e gli abolizionisti della Louisiana) ha definito la moratoria di 10 anni "indicativa del fatto che il sistema della pena di morte è sfasciato irreparabilmente".

Ha partecipato alla veglia anche suor Helen Prejean, autrice del famoso libro autobiografico Dead Man Walking (Uomo morto che cammina), da cui fu ricavato l’altrettanto famoso film interpretato da Susan Sarandon.

Il decennale è stato l’occasione per esaminare la dinamica abolizionista negli Stati Uniti e fare una critica approfondita della pena di morte sotto l’aspetto finanziario.

Secondo l’avvocato difensore d’ufficio James Dixon, il collegio dei difensori d’ufficio della Louisiana ha speso più di 100 milioni di dollari tra il 2008 e il 2019 per i casi capitali. La cifra non include altre spese dello stato per mantenere la pena capitale, come le spese per l’accusa, le spese per la prolungata incarcerazione e le spese giudiziarie.

La Louisiana ha prosciolto 11 persone dal braccio della morte, divenendo così il quarto stato negli Stati Uniti per numero di persone prosciolte. 3 di queste assoluzioni hanno avuto luogo nel decennio successivo all’ultima esecuzione. Tra i proscioglimenti degni di nota in Louisiana ci sono quelli di John Thompson, che fu scagionato nel 2003 dopo che un investigatore scoprì che i pubblici ministeri avevano nascosto le prove a sua discolpa e quello di Glenn Ford che, prima di essere liberato nel 2015, era il condannato detenuto da più anni nel braccio della morte (quasi 30 anni) (1).

Il caso di Thompson è diventato molto noto dopo che una giuria gli ha riconosciuto un indennizzo di 14 milioni di dollari.

L’interruzione decennale delle esecuzioni è uno degli indicatori del declino della pena di morte in Louisiana.

La Louisiana ha imposto 14 sentenze di morte tra il 2010 e il 2020, e solo 1 negli ultimi 4 anni. Il totale di 2 sentenze capitali imposte tra il 2015 e il 2020 è 26 volte inferiore del totale di quelle imposte tra il 1995 e il 1999 che furono 52, in media 10,4 all’anno.

Nel 2019, un gruppo di parlamentari bipartisan ha preparato progetti di legge per l'abolizione della pena capitale in Louisiana. Progetti di legge che per poco non sono andati a buon fine.

Notiamo che nel mese di dicembre anche lo stato dell’Indiana ha raggiunto un decennio senza esecuzioni. E aggiungiamo che il 18 giugno 2020 l’Utah completerà un decennio senza esecuzioni.(Pupa)

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(1) Vedi n. 21

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Sharafuddin Idris Shah

8) UN CASO RIACCENDE LA DISCUSSIONE SULL’ABOLIZIONE IN MALAYSIA

 

In Malaysia il sistema penale è in rapido sviluppo e si prospetta l’abolizione o la drastica riduzione dell’uso della pena di morte. Il caso assurdo di Mainthan Arumugam riaccende la discussione in merito.

 

La Malaysia - il grande paese con oltre 32 milioni di abitanti che si estende su una penisola ed un’isola del Mar Cinese Meridionale - è in rapido sviluppo.

L’evoluzione della Malaysia riguarda anche il suo sistema penale che viene messo in discussione soprattutto per quel che concerne la pena di morte. Il nuovo governo, insediatosi dopo le elezioni del maggio 2018 che hanno cambiato radicalmente il sistema politico del paese, inserì nel suo programma l’abolizione della pena capitale (1). Il primo ministro Mahathir Mohamad appena entrato in carica ha istituito una moratoria delle esecuzioni (anche se le corti continuano ad emettere sentenze di morte).

In questo momento il caso di pena capitale su cui si discute accesamente in Malaysia è quello di Mainthan Arumugam.

Le circostanze che hanno incastrato Mainthan, hanno prodotto “il caso più assurdo che si possa immaginare”, ha dichiarato a novembre Shamini Darshni Kaliemuthu direttore esecutivo di Amnesty International Malaysia. “Infatti c’è un corpo ma la persona che si riteneva assassinata è ancora viva.”

Mainthan Arumugam e altri tre uomini furono arrestati ad agosto del 2004, alcuni giorni dopo che la polizia trovò parti di un cadavere carbonizzate nei pressi di Kuala Lumpur. I quattro furono accusati dell’uccisione di un uomo che aveva compiuto una ‘fuga d’amore’ con una conoscente di Mainthan. Nel processo a cui fu sottoposto 6 anni dopo, Mainthan affermò di aver solo aiutato a trovare la coppia fuggita.

L’accusa si basò largamente sulla testimonianza di due persone che affermarono di aver visto un tizio insanguinato sul pavimento del negozio di Mainthan la notte prima del ritrovamento dei resti umani carbonizzati. Ma i quattro arrestati dissero che quella persona era un lavorante occasionale per Mainthan – tale Devadass – che loro ritenevano avesse rubato da un vicino. Essi ammisero di averlo picchiato a sangue, costringendolo a recarsi ad un pronto soccorso, ma non di più.

Il problema fu che la difesa di Mainthan non riuscì a trovare Devadass per farlo testimoniare al processo. Il giudice disse di dubitare dell’esistenza di costui e di ritenerlo un’invenzione postuma. Tutti e quattro gli imputati furono giudicati colpevoli, ma tre di loro furono assolti in appello. Solo la condanna di Mainthan fu confermata.

Nel marzo del 2017 Devadass fu visto partecipare vivo e vegeto al funerale della madre di Mainthan Arumugam. Al ché Devadass che nel frattempo era stato all’estero, del tutto ignaro della tragica vicenda, si disse disposto a testimoniare sui fatti accaduti nel 2004.

Gunalakshmi Karupaya, moglie di Mainthan Arumugam, tirò un sospiro di sollievo aspettandosi la pronta liberazione del coniuge. Così non è avvenuto. Ultimamente anche l’iter per l’abolizione della pena di morte in Malaysia si è inceppato. La moratoria tiene ma ora si parla solo di una forte riduzione delle fattispecie di reato capitale.

A 48 anni di età, con i capelli grigi, Mainthan Arumugam segue ansiosamente il dibattito sulla pena di morte in Malaysia. I suoi familiari lo vanno a trovare in carcere, in visite senza contatto attraverso un vetro. La moglie Gunalakshmi dice: “Lui ha speranza, io ho speranza. Combatteremo ancora e ancora per averlo indietro”.

Il modo più semplice per risolvere lo spinoso problema di Mainthan sarebbe la concessione della grazia da parte del sultano di Selangor, Sharafuddin Idris Shah.

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(1) Vedi n. 254

9) ARABIA SAUDITA: UN NUMERO RECORD DI ESECUZIONI NEL 2019

 

In Arabia Saudita, il ricco paese petrolifero alleato degli Stati Uniti d’America, si verificano moltissime, sommamente ingiuste, esecuzioni capitali.

 

Nel 2019 si è venuto a sapere di 184 esecuzioni capitali in Arabia Saudita, il più alto numero di esecuzioni degli ultimi anni. Tra coloro che sono stati decapitati con la spada vi sono 82 accusati di spaccio di droga. 90 dei decapitati erano stranieri.

Negli ultimi anni si è verificato un deciso aumento delle esecuzioni in Arabia Saudita: nel 2014 furono messi a morte 88 condannati, l’anno successivo 157 condannati. Il numero di esecuzioni in ciascun anno rimase poi pressoché stabile fino al 2019, anno in cui è salito a 184.

Il 23 aprile scorso, in un solo giorno, sono stati messi a morte 37 condannati. Amnesty International ha stigmatizzato i processi che portarono a tali esecuzioni quali “vergognosi procedimenti in violazione degli standard internazionali del giusto processo, basati su confessioni estratte sotto tortura.”

Dal Dipartimento di Stato USA non arrivò alcuna condanna dell’accaduto (1).

L’organizzazione umanitaria britannica Reprieve - fornendo i dati del 2019 il 14 gennaio - aggiunge che all’inizio del 2020 sono stati messi a morte altri 4 condannati.

Ricordiamo che l’Arabia Saudita, soprattutto per il comportamento del suo leader, il principe ereditario Mohammed bin Salman, viene continuamente contestata dalle organizzazioni per i diritti umani. A Mohammed bin Salman è stata recentemente attribuita la responsabilità della vile uccisione del giornalista Jamal Khashogghi compiuta il 2 ottobre del 2018. (2)

Tra i detenuti rinchiusi nel braccio della morte dell’Arabia Saudita, il cui numero totale è ignoto, vi sono Ali al-Nimr, Abdullah al-Zaher e Dawood al-Marhoon condannati alla pena capitale per aver partecipato alla Primavera Araba nel 2011, quando erano minorenni.

Maya Foa, direttrice di Reprieve, si è rivolta agli Stati Uniti e al Regno Unito, i maggiori partener economici dell’Arabia Saudita, chiedendo a questi due paesi di opporsi alle esecuzioni “nel modo più deciso possibile”. (3)

La stessa Maya Foa ha dichiarato che “un paese che tortura e mette a morte i giovanissimi deve essere considerato un paese proibito, non un paese che si prepara ad ospitare il prossimo G20”

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(1) Gli Stati Uniti di Donald Trump fingono di non sapere delle violazioni dei diritti umani commesse dall’Arabia Saudita, preziosa alleata sul piano strategico ed economico.

(2) Vedi nn. 253, Notiziario; 254; 266, Notiziario.

(3) Riteniamo che la richiesta rivolta agli Stati Uniti sia destinata a cadere nel vuoto.

10) NOTIZIARIO

 

Florida. Non più necessaria l’unanimità nelle sentenze capitali emesse prima del 2017. Con una drammatica decisione, resa possibile dal cambiamento dei sui membri, la Corte Suprema della Florida ha annullato le sue precedenti decisioni riguardo al funzionamento delle giurie nei casi capitali. Il 23 gennaio u. s., con la sentenza State v. Poole presa a maggioranza di 4 contro 1, tale Corte ha affermato che, per i casi capitali decisi prima che l’unanimità delle giurie fosse richiesta per legge nel 2017, le sentenze prese non all’unanimità continuano a valere. L’attuale pronunciamento della Corte Suprema della Florida può ripristinare le sentenze di morte di decine di prigionieri ai quali in precedenza era stato riconosciuto il diritto alla ripetizione della fase processuale in cui viene decisa la pena.

 

Florida. Avviata la causa civile per il risarcimento di Clemente Aguirre-Jarquin. Ricordiamo che Clemente Aguirre-Jarquin, originario dell’Honduras, fu condannato ingiustamente alla pena capitale in Florida nel 2006 e poi definitivamente assolto nel 2018 quando fu chiaro che il duplice omicidio a lui attribuito era stato commesso da una familiare delle due donne uccise nel 2004 (vedi n. 258). Il 7 gennaio u. s. lo studio legale Grant & Eisenhofer ha intentato per conto di Aguirre-Jarquin una causa civile presso la Corte Federale Distrettuale di Orlando contro la Contea di Seminole e contro l’Ufficio dello sceriffo di tale contea al fine di ottenere un adeguato risarcimento per i 14 anni di libertà che sono stati tolti al povero onduregno.

 

India. Poche esecuzioni capitali in un grande paese. In India, un paese popolato da oltre 1.300. 000.000 persone, vi sono attualmente almeno 425 condannati a morte, ma si sono verificate solo 4 esecuzioni in questo secolo, 3 delle quali di accusati di terrorismo. L’ultima esecuzione è stata portata a termine nel 2015.

 

Nebraska. L’abolizione per legge della pena di morte non è mai entrata in vigore. La Corte Suprema del Nebraska ha ribadito l’esistenza della pena di morte nonostante sia stata approvata una legge abolizionista nel 2005. Nella sentenza di 6 pagine scritta dal giudice Lindsey Miller-Lerman si ricorda che la richiesta di un referendum popolare sottoscritta da166.000 cittadini per mantenere la pena di morte fu presentata 4 giorni prima che la legge abolizionista andasse in vigore. Poi, nel referendum effettuato nel 2006, i cittadini si espressero in grande maggioranza per il mantenimento della pena di morte. La Corte Suprema del Nebraska si è pronunciata in tal modo il 3 gennaio in conseguenza di un appello inoltrato dal condannato a morte Marco Torres Jr. (Sulla questione della non-abolizione in Nebraska vedi nn.: 222; 223; 224; 225, Notiziario; 232; 251; 255, Notiziario)

Pakistan. Condannato a morte e poi esonerato l’ex presidente Pervez Musharraf. Una corte speciale pakistana il 17 dicembre u. s. aveva condannato a morte il generale Pervez Musharraf accusato di alto tradimento per essersi impadronito del potere con un colpo di stato a novembre del 2007. L’Alta Corte di Lahore il 13 gennaio ha annullato la condanna capitale inflitta a Musharraf dichiarandola incostituzionale, affermando: “È fuori di dubbio che la stessa formazione della corte speciale fu chiaramente illegale/impropria”. Pervez Musharraf, che ora vive a Dubai, non rischia comunque l’estradizione.

Wyoming. Nuovo tentativo di abolire la pena di morte. L’ACLU (Unione Americana per le Libertà Civili) e l’associazione dei Conservatori Preoccupati per la pena di Morte sostengono il progetto di legge per l’abolizione della pena di morte in Wyoming. Il deputato repubblicano Jared Olsen presenterà la proposta di abolizione durante la sessione legislativa che comincerà il 10 febbraio e durerà 4 settimane. “Democratici o repubblicani, liberali o conservatori, questa non è una questione politica. È una questione che riguarda il popolo. È una questione morale”, ha dichiarato Olsen. I parlamentari del Wyoming hanno presentato o preparato parecchie volte proposte di leggi abolizioniste negli ultimi anni. L’anno scorso la proposta di legge abolizionista ha avuto uno speciale sostegno: è stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti anche se poi è stata bocciata dal Senato. Gli oppositori all’abolizione sostengono che la pena di morte scoraggia il crimine e spinge coloro che rischiano la pena di morte a collaborare con gli investigatori. I favorevoli citano gli alti costi della pena di morte e le decine di condannati a morte che sono stati esonerati negli USA perché trovati innocenti. L’ultima esecuzione in Wyoming si è verificata nel 1992. L’unica condanna capitale in essere, inflitta a Dale Wayne Eaton, è stata annullata nel 2014. Però Eaton potrebbe esser riprocessato e ricondannato a morte.

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2020

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