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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 235  -  Febbraio 2017

Preparazione di una lapidazione in Iran

SOMMARIO:

1) Chiesta per il 21 settembre la quinta data di esecuzione per Larry  

2) Così scrive la madre di Storey che varrà messo a morte ad aprile    

3) L’Arkansas fissa otto esecuzioni in dieci giorni 

4) Il presidente turco Erdogan continua parlare di pena di morte         

5) Appello in favore del dott. Djalali a rischio di esecuzione in Iran      

6) Mattarella annulla una teorica pena per la rendition di Abu Omar 

7) Intervista a Charles O'Reilly che ha diretto 140 esecuzioni in Texas  

8) È uscito il rapporto 2016-2017 di Amnesty International             

9) Notiziario: Florida, Iran, Malaysia, Montana, New Mexico, Nord Corea,              Oklahoma, Sri Lanka  

1) CHIESTA PER IL 21 SETTEMBRE LA QUINTA DATA DI ESECUZIONE PER LARRY

 

Larry Swearingen, uno dei due condannati a morte del Texas  'adottati' dal Comitato Paul Rougeau, è di nuovo sul punto di subire l'iniezione letale. Ha esaurito tutte le possibilità di appello in  sede penale. Ma i suoi avvocati difensori sperano ancora di salvarlo con una causa civile.

 

Del caso drammatico di Larry Swearingen, condannato a morte in Texas senza convincenti prove a carico, ci siamo occupati ripetutamente nel corso degli anni, seguendone passo passo le svolte cruciali (1). L'ultima svolta si è avuta alla fine di ottobre quando i suoi validissimi avvocati, esauritesi tutte le possibilità della difesa in sede penale, hanno intentato una causa civile contro numerose autorità del Texas. Gli avvocati hanno  accusato le autorità, tra cui i 9 giudici della Corte Criminale d'Appello del Texas, di aver violato i diritti costituzionali di Larry impedendo senza motivo ulteriori test del DNA chiesti dalla difesa (1).  Nella causa civile si chiede di far eseguire test su numerosi reperti tra cui il collant con il quale fu strangolata la diciannovenne Melissa Trotter, sui suoi vestiti, sul prelievo vaginale e su quattro mozziconi di sigaretta. Test che non erano ancora in uso nel 2000 al momento del processo, quando Larry fu condannato a morte per l’omicidio della ragazza.

Nel frattempo però la macchina della morte del Texas è andata avanti come se niente fosse: il 7 febbraio scorso la procura distrettuale della contea di Montgomery ha chiesto al giudice J. D. Langley di fissare per il 21 settembre la data di esecuzione di Larry. La notizia ha preoccupato seriamente Larry, i suoi amici e i suoi sostenitori. L'avvocato difensore James Rytting ritiene però che nessuna data può essere fissata prima che si esaurisca la causa civile in atto.

L'accusa, per bocca dell'avvocato Bill Delmore, ha dichiarato che la data di settembre è appropriata: “La data di settembre lascia tempo sufficiente per concludere la causa civile. Non trovo nulla che suggerisca che un appello derivante dal rifiuto di consentire un test del DNA possa impedire di fissare una data di esecuzione. Anzi, ho visto casi in cui la Corte Criminale d'Appello ha negato la sospensione dell’esecuzione, nonostante fossero in atto appelli contro il rifiuto di consentire test del DNA”. 

Ricordiamo che i test del DNA in favore di Larry erano stati autorizzati nel 2014 dal giudice distrettuale Kelly Case, ma che poi l'accusa aveva ottenuto di far bloccare la procedura dalla Corte Criminale d'Appello del Texas.  Larry è stato sul punto di essere ucciso ben quattro volte (nel 2007, 2009, 2011 e 2013). Ogni volta le esecuzioni sono state sospese dalla medesima Corte Criminale d'Appello.

I familiari di Melissa Trotter si sono rallegrati alla notizia della nuova possibile data di esecuzione. La madre di Melissa ha detto: "Vogliamo davvero che abbia termine tutto ciò che ci impedisce di guarire perché continuiamo a ricordare tutto il male che è stato fatto a Melissa. È vero, è una faccenda che non finirà mai. Nessuno ci restituirà Melissa. Questo non accadrà mai. Ma ci piacerebbe poter ricordare le cose belle che la riguardano separate dalla tragedia che è successa l’8 dicembre del 1998.” Questa dichiarazione conferma quanto sostenuto da sempre dagli abolizionisti: nei casi capitali i familiari delle vittime vengono tormentati per anni ed anni, durante i numerosi appelli, fino all’esecuzione del presunto colpevole, mentre nei casi non capitali l’iter giudiziario viene chiuso molto più rapidamente e i familiari delle vittime trovano la closure (chiusura) del loro dolore.

Al momento il giudice Langley non ha ancora deciso se accogliere la richiesta di Delmore e fissare la data del 21 settembre per l’esecuzione di Larry. Noi vogliamo aggrapparci alla speranza che l'inusitato espediente della causa civile possa salvare la vita del nostro amico, ancora una volta. (Grazia) 

__________________________

(1) V. nn. ...; 196; 199; 202; 203; 204, Notiziario; 209, Notiziario; 212; 214; 215; 224; 225; 231, Not.; 232. 

(2) Test del DNA che furono eseguiti in precedenza risultarono inconcludenti.

2) COSÌ SCRIVE LA MADRE DI STOREY CHE VARRÀ MESSO A MORTE AD APRILE

 

Paul Storey è stato condannato a morte in Texas nel 2008, anno in cui lui e il suo complice furono processati per aver ucciso il ventottenne Jonas Cherry durante una rapina. È stata pubblica dal The Marshall Project la testimonianza della madre del condannato che verrà messo a morte il prossimo 12 aprile p. v. Si tratta di una testimonianza straziante.

 

Mentre ero in vacanza a New York seppi che mio figlio era stato arrestato. Sconvolta non credevo potesse essere vero. Non c’è giorno da allora che io non pensi alla madre della vittima, il dolore devastante che deve aver provato nel perdere il suo unico figlio.  

La prima volta che sono andata a trovare mio figlio prima del processo l'ho trovato molto depresso. Ha detto: “Non voglio vivere se devo finire in carcere. Preferisco morire”. Io cercavo di tenerlo su dicendogli che i miracoli accadono ogni giorno.

Io non riuscivo a capire perché Paul fosse stato condannato a morte. Quando uno pensa alla pena di morte, uno pensa ai serial killer. Non si pensa a un omicidio in una rapina come ha commesso mio figlio. All’inizio per un paio d’anni non ho fatto altro che piangere. Ricordo il primo nostro incontro nel braccio della morte, una settimana dopo il suo arrivo. Già appariva molto più magro. Sembrava come se stesse digiunando. Mi ha spezzato il cuore.

Ho deciso che avevo bisogno di vederlo il più spesso possibile. Ho fatto gli straordinari solo per guadagnare i denari necessari per andare a trovarlo. Ogni volta dovevo guidare 4 ore e mezza fino alla prigione.

Quando andavo a vederlo, le agenti del carcere mi chiamavano “Mama” e dicevano “Mama, lui è stato bravo questa settimana”. Dicevano che lui aveva nel loro riguardo il massimo rispetto. Gli ho sempre insegnato che indipendentemente da dove fosse, doveva sempre mantenere la sua dignità, così sono orgogliosa quando sento le guardie dire cose carine su di lui. Lui riceve lettere dai suoi corrispondenti. Io credo che un sacco di gente pensi che Paul – un nero figlio di una madre single in una città dell’interno – non sia così ben educato. Ma lui sorprende i suoi corrispondenti, e allora questi mi scrivono per dirmi: “Wow, è un così bravo scrittore!”. E questo mi rende orgogliosa.

L’anno scorso ho perso il mio lavoro; stavo attraversando un periodo di tale emotività che non riuscivo a lavorare. L’indennità di disoccupazione era sufficiente per pagare i conti, ma non per viaggiare per vedere Paul. Così ho cominciato a preparare dolci e a venderli. Ho fatto una pagina Facebook per i dolci da tè all’antica di Marilyn (Marilyn’s old-fashioned tea Cakes). Sono andata ai lavaggi auto e agli istituti di bellezza, dappertutto dove mi hanno consentito di venderli.

Gli appelli richiedono molto tempo, e noi non abbiamo mai parlato di quello che sarebbe potuto succedere. L’autunno scorso gli è stata fissata una data di esecuzione ad aprile 2017. Suo fratello minore e io siamo andati a vederlo. Lui ci ha detto: “Avete 5 minuti per piangere, gridare, maledire, qualsiasi cosa abbiate bisogno di fare. Poi godiamoci la vostra visita”.

Non ne abbiamo più parlato. Non parliamo mai dell’esecuzione o della sepoltura o di cose simili. Non voglio che smetta di sperare. Noi continuiamo a restare aggrappati al nostro esile filo di speranza così non riflettiamo su quello che sta per succedere. Ho una fiducia enorme nei suoi avvocati e io prego Dio che essi possano trovare qualche appiglio nel suo caso che consenta un rinvio.

Ma più la data si si avvicina, più pesa su di me. Sono sempre stata la parte vitale nel gruppo, una persona estroversa, amante del divertimento, ma sono completamente cambiata. Mi isolo dalla famiglia e dagli amici. Non vado più da nessuna parte.

Mi chiedono continuamente se io assisterò all’esecuzione. Come madre, come potrei non farlo? Non posso lasciare che mio figlio muoia senza di me. È contro natura che un figlio non sopravviva ai propri genitori. Ma questa non è una lunga malattia. Non è un incidente d’auto improvviso. È

vedere il proprio figlio sano essere legato ad un lettino e riempito di farmaci. E non c’è nulla che si possa fare.

Penso a che cosa assomiglierà la mia esperienza. Io gli sopravviverò ? Ho avuto un incubo. Mi sveglio gridando. Io dico sempre a Paul: “Noi siamo persone timorate di Dio. Dio può qualsiasi cosa”. Ma temo che quando lui sarà sulla barella, mi guarderà e mi chiederà: “Mamma, mi hai mentito?”

Quando vado a vederlo nel braccio della morte, non posso toccarlo e confortarlo. Ho sentito che dopo l’esecuzione, li mandano in un obitorio. Allora ti consentono di entrare da loro, mentre sono ancora caldi. Quella sarà la prima volta che lo potrò toccare Paul dopo più di dieci anni. (Trad. di Pupa)

3) L’ARKANSAS FISSA OTTO ESECUZIONI IN DIECI GIORNI

 

È senza precedenti la raffica di esecuzioni programmata dallo stato dell'Arkansas nel mese di aprile.

 

Lo stato dell’Arkansas intende mettere a morte 8 condannati in soli dieci giorni, tra il 17 e il 27 aprile. La notizia è stata diffusa dall'ufficio del Governatore Asa Hutchinson. Questi ha dichiarato alla CNN: “Tale passo è necessario per adempiere la legge. Ma è anche importante porre termine al dolore dei familiari delle vittime che hanno vissuto per molto tempo tra appelli processuali e incertezze.”.

Una simile raffica di esecuzioni è senza precedenti nella storia della pena di morte americana: solo il Texas, due volte nel 1977, ‘giustiziò’ otto uomini nell’arco di un mese, ma mai nessuno stato ne ha uccisi 8 in soli dieci giorni. 

La Coalizione dell’Arkansas per Abolire la Pena di Morte (ACADP) ha dichiarato: “Siamo indignati del progetto di eseguire 8 condanne a morte nell’arco di 10 giorni in aprile. Questa esecuzione di massa pianificata è grottesca e senza precedenti.” 

Gli avvocati degli 8 prigionieri stanno cercando di bloccare le esecuzioni. Uno degli argomenti addotti è che il Midazolam (ossia il farmaco utilizzato per rendere incosciente il condannato prima di iniettargli le altre due sostanze), non impedisce la sofferenza alle persone da ‘giustiziare’.    

L’avvocato Jeffrey Rosenzweig, che difende tre dei condannati, ha citato molte esecuzioni fallite in vari stati in cui è stato utilizzato il Midazolam. Nel caso più recente, in Alabama, il condannato lottava per respirare e si inarcava e tossiva e stringeva il pugno della mano sinistra. 

“Il Midazolam può addormentarti all’inizio, ma non ti rende insensibile”, ha dichiarato Robert Dunham, direttore esecutivo del Death Penalty Information Center, e ha aggiunto: “Tentare 8 esecuzioni col Midazolam, con 4 coppie di esecuzioni, è senza precedenti e sconsiderato”.

Gli avvocati hanno anche chiesto chiarimenti in merito all'eventualità che una preesistente sospensione delle esecuzioni viga ancora in Arkansas. Questa sospensione era stata decisa quando nove detenuti avevano chiesto alla Corte Suprema degli Stati Uniti di verificare il protocollo delle esecuzioni nello stato. La massima corte ha rifiutato di occuparsi della questione a fine febbraio e il Procuratore Generale dell’Arkansas, Leslie Rutledge, ha dichiarato in conferenza stampa che la decisione ha spianato la via alla ripresa delle esecuzioni.

Lo stato dell'Arkansas si dovrà dare molto da fare per essere pronto ad uccidere a partire dal 17 aprile perché al momento non dispone di cloruro di potassio (la terza e ultima sostanza letale che viene iniettata) in quanto la scorta in possesso al carcere è scaduta nel mese scorso. Anzi, la ACADP afferma che lo stato sta precipitandosi a ‘giustiziare’ i condannati proprio perché anche il Midazolam presente nelle scorte sta per scadere a fine aprile. 

A dire il vero l'Arkansas prevede la possibilità di uccidere con la sedia elettrica se l’iniezione letale non è praticabile, ma l’avvocato Rosenzweig pensa che questo sarebbe difficile da realizzarsi. Ha dichiarato: “Credo sia ormai opinione comune ritenere la sedia elettrica un metodo di punizione crudele e inusuale. Se cercheranno di fare così, la loro azione genererà altre sfide”.

A parte gli otto uomini che dovrebbero morire in Arkansas, nel mese di aprile dovrebbero esserci solo altre due esecuzioni negli USA: una in Texas, quella di Paul Storey, e una in Virginia. (Grazia)

4) IL PRESIDENTE TURCO ERDOGAN CONTINUA A PARLARE DI PENA DI MORTE

 

La voglia di pena di morte del vendicativo presidente Tayyip Erdogan è incontenibile e rischia di compromettere i rapporti della Turchia con l'Europa.

 

Il 21 febbraio è cominciato a Mugla in Turchia il processo a carico di oltre 40 tra ufficiali e soldati accusati del tentato colpo di stato contro il presidente Tayyip Erdogan del 15 luglio scorso (1). Tra di essi vi è l'ex aiutante di campo di Erdogan.  

Gli accusati vestiti con abiti civili sono passati, fortemente scortati, attraverso un gruppo 200 persone che sventolavano bandiere e gridavano: "Vogliamo la pena di morte!" 

Erdogan, che in questo periodo percorre il proprio paese per sostenere il referendum sul rafforzamento dei poteri presidenziali che si terrà ad aprile, promette la reintroduzione della pena di capitale abolita per tutti i reati nel 2004, nel corso dell'avvicinamento della Turchia all'Unione Europea. E di promuoverla in primo luogo contro i golpisti.

"Se il Parlamento approverà la legge per reintrodurre la pena capitale, la firmerò saldando il debito che ho nei riguardi dei martiri del nostro paese," ha dichiarato Erdogan il 15 febbraio davanti a migliaia di persone. 

Erdogan dice che non vuole dare ascolto all'Europa ma ai cittadini turchi che sono fortemente a favore della pena capitale. Tuttavia sa bene che la reintroduzione della pena di morte interromperebbe il cammino della Turchia verso l'Unione Europea con grave danno economico per il proprio paese. 

Vedremo che cosa accadrà nei prossimi mesi.

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(1) Sul tentato colpo di stato  in Turchia  e sulla vendetta  di  Tayyip Erdogan  nei  riguardi  dei  golpisti  v. n. 

230;  su Erdogan e la pena capitale v. anche i nn. 230, 231

5) APPELLO IN FAVORE DEL DOTT. DJALALI A RISCHIO DI ESECUZIONE IN IRAN

 

Invitiamo i lettori a firmare l’appello promosso da Amnesty International in favore di Ahmadreza Djalali, un ricercatore ben conosciuto in Italia arrestato un anno fa in Iran. Djalali è stato assurda-mente accusato di spionaggio ed è a rischio di esecuzione. Per partecipare all’appello cliccate sull’apposito link: https://www.amnesty.it/appelli/iran-ricercatore-universitario-rischia-la-pena-morte/

 

Anche il nostro governo si è mobilitato favore di Ahmadreza Djalali, un medico arrestato l’anno scorso in Iran, che è stato accusato di spionaggio ed è a rischio di esecuzione. 

Il 13 febbraio il Ministero degli Esteri ha reso noto che “sono stati attivati i canali di comunicazione con le autorità iraniane per sottolineare l’estrema preoccupazione” del governo italiano riguardo al dott. Djalali.  Il ministero ha chiesto informazioni sulla detenzione di Djalali ed ha domandato che “egli venga rapidamente restituito alla sua famiglia”.

La moglie di Djalali, che vive a Stoccolma con i due figli, ha dichiarato al Corriere della Sera che il marito sta rischiando la pena di morte con l’accusa di “collaborazione con stati nemici”.

Né le autorità né i media iraniani hanno commentato in qualche modo il fatto.

Amnesty International propone di sottoscrivere un appello in favore di Ahamadreza Djalali, cui si può accedere da: https://www.amnesty.it/appelli/iran-ricercatore-universitario-rischia-la-pena-morte/     

Amnesty precisa che Ahmadreza Djalali è un medico di 45 anni residente in Svezia, docente e ricercatore in medicina dei disastri e assistenza umanitaria, che ha insegnato nelle università in Belgio, Italia e Svezia. 

Nell’appello di Amnesty leggiamo che Djalali “ha lasciato l'Iran nel 2009 per un dottorato di ricerca presso il Karolinska Institute in Svezia, poi presso l'Università degli Studi del Piemonte Orientale e la Vrije Universiteit di Bruxelles, in Belgio. 

“Djalali è stato arrestato in Iran il 25 aprile 2016, dove si trovava per prendere parte ad alcuni seminari sulla Medicina dei disastri. Furono i servizi segreti ad operare l’arresto, senza esibire alcun mandato di cattura. In due precedenti occasioni il professore si era già recato in Iran, senza problemi.” 

“I suoi familiari non hanno avuto sue notizie per 10 giorni, poi finalmente Djalali ha potuto fare una breve telefonata. Dopo una settimana di detenzione segreta, è stato trasferito alla sezione 209 della prigione di Evin, sotto il controllo del ministero dell'Intelligence, dove è rimasto per sette mesi, tre dei quali in isolamento, senza assistenza legale.” 

Djalali ha denunciato che, durante questo periodo, è stato sottoposto a interrogatori intensi e gli è stato chiesto di firmare delle dichiarazioni.      

“Nel dicembre 2016 – scrive Amnesty - le autorità iraniane hanno fatto forti pressioni su Djalali affinché firmasse una dichiarazione in cui confessava di essere una spia per conto di un governo ostile. Quando ha rifiutato, gli è stato detto che gliela avrebbero fatta pagare con l'accusa di "atti ostili contro Dio" (moharebeh), che comporta la pena di morte. In segno di protesta, alla fine del mese Djalali ha iniziato uno sciopero della fame che ne ha compromesso la salute: ha perso 20 chilogrammi di peso, ha avuto due collassi, la pressione sanguinea è diminuita ed ha forti dolori ai reni.”

Il 31 gennaio u. s. Djalali è comparso davanti alla sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, senza il suo avvocato. Il presidente del tribunale lo ha informato che è accusato di spionaggio e che potrebbe essere condannato a morte.  (Grazia)

6) MATTARELLA ANNULLA UNA TEORICA PENA PER LA RENDITION DI ABU OMAR

 

Amnesty è indignata dalla 'ragion di stato' che ispira il nostro Presidente Sergio Mattarella - il quale agisce come il suo predecessore Napolitano - e che prevale sulla necessità di fare giustizia.

 

Da un breve comunicato emesso da Amnesty International il 1° marzo apprendiamo che per colpa della politica si è conclusa con disonore l'onorevole iniziativa della magistratura italiana contro 26 statunitensi e 5 italiani che il 17 febbraio 2003 rapirono in strada a Milano l'imam Abu Omar e lo trasferirono in Egitto dove il meschino fu interrogato e torturato (1).

Nel comunicato di Amnesty leggiamo: "La decisione del presidente Mattarella di concedere la grazia parziale all'ex agente della Cia Sabrina de Sousa ha avuto come effetto la revoca dell'ordine di esecuzione della condanna - già ridotta a seguito di indulto - emessa nei suoi confronti per il sequestro avvenuto a Milano nel 2003 dell'ex imam Abu Omar. A seguito di quattro provvedimenti di grazia da parte dei presidenti Mattarella e Napolitano a beneficio di cittadini statunitensi e dell'applicazione del segreto di stato, che ha impedito di accertare le responsabilità di dirigenti e funzionari dei servizi italiani, la vicenda si è conclusa con l'impunità di tutti. Ricordiamo che il caso ha visto la collaborazione di apparati statali degli Stati Uniti e dell'Italia nel sequestro e nella consegna all'Egitto - paese noto già allora per la pratica diffusa della tortura - di Abu Omar, in uno dei rari casi di rendition  in Europa in cui i fatti sono stati accertati e la giustizia avrebbe potuto fare il suo corso."

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(1) Sul caso Abu Omar e sull'operato della magistratura e dei politici italiani v. nn. 200; 203; 205; 208; 225, Notiziario e nn. ivi citati.

7) INTERVISTA A CHARLES O'REILLY CHE HA DIRETTO 140 ESECUZIONI IN TEXAS

 

Una vecchiaia all'apparenza tranquilla viene vissuta dal 'boia' texano Charles Thomas O'Reilly.

 

Charles Thomas O'Reilly, ex direttore del vecchio carcere The Walls di Huntsville in Texas nel quale si eseguono le sentenze capitali, parla con la massima serenità e afferma che non è stata mai eseguita la condanna a morte di un innocente. Lo dice con convinzione, senza avere alcun dubbio, dopo aver presieduto a ben 140 esecuzioni capitali tra il 2004 ed il 2010.

In un'intervista televisiva del 10 febbraio raccopnta in che cosa consisteva il suo singolare lavoro(1).

Per lui ognuno dei condannati era diverso dagli altri. Ricorda di un condannato che ha raccontato barzellette fino all'ultimo; di una donna, Frances Newton, giustiziata nel 2005, che non gli aveva dato alcun problema e che lui e i suoi colleghi avevano trattato con la massima dignità come tutti gli altri condannati.

Racconta di essere stato presente all'esecuzione di uno dei più famosi criminali nella storia del Texas, Angel Resendiz, detto il killer del treno, che uccise almeno 14 persone tra cui la dottoressa Claudia Benton della West University.

"Esiste gente diabolica nel mondo come esiste la bontà, " afferma l'ex direttore che dichiara di dormire bene la notte, senza avere incubi e senza sentire rimorsi.

Se sei il direttore del carcere The Walls, devi presiedere alla esecuzioni," dice O'Reilly. "Se questo è un problema per te, non accettere quell'impiego."

Il giorno dell'esecuzione, il prigioniero viene trasportato dal nuovo carcere di Livingston al vecchio carcere di Huntsville. O'Reilly doveva incontrare il morituro nel pomeriggio, spiegargli la procedura cui sarebbe stato sottoposto e, quando l'ora finale si approssimava, gli doveva dire: "È arrivato il momento."

Un drappello di guardie legava il condannto al lettino, gli aghi endovenosi venivano inseriti nelle sue braccia. O'Reilly era l'ultima persona che il condannato poteva udire.

Dopo di ché, con un comando a distanza il direttore accendeva la luce in una stanzetta attigua dove qualcuno, la cui identità doveva rimanere segreta, faceva partire il flusso dei farmaci letali.

"Egli faceva la sua ultima dichiarazione e poi andava a dormire," dice O'Reilly.

Ripensando alla sua carriera, Charles Thomas O'Reilly afferma di voler essere ricordato come una persona che ha fatto il suo lavoro e non come colui che ha assistito al maggior numero di esecuzioni capitali. (Pupa)

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(1) V.: www.khou.com/news/local/texas/meet-the-texas-warden-who-supervised-the-most-executions/406960261  

8) È USCITO IL RAPPORTO 2016-2017 DI AMNESTY INTERNATIONAL

 

Il Rapporto di 617 pagine di Amnesty International riguardante i Diritti Umani nel mondo nel 2016 è disponibile in italiano e può essere facilmente acquistato on-line (1). Riportiamo qui di seguito un ampio stralcio del comunicato che annuncia l’uscita di tale Rapporto, comunicato emesso da Amnesty il 22 febbraio u. s. ad un anno esatto dalla pubblicazione del precedente analogo rapporto (2).

 

[…] Gli esponenti politici che brandiscono la retorica deleteria e disumanizzante del "noi contro loro" stanno creando un mondo sempre più diviso e pericoloso: è questo l'allarme lanciato da Amnesty International durante la presentazione del Rapporto 2016-2017 [...]. 

"Il 2016 è stato l'anno in cui il cinico uso della narrativa del 'noi contro loro', basata su demonizzazione, odio e paura, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Tenta dello scorso secolo. Un numero elevato di politici sta rispondendo ai legittimi timori nel campo economico e della sicurezza con una pericolosa e divisiva manipolazione delle politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso", ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. 

"La fabbrica che produce divisione e paura ha assunto una forza pericolosa nelle questioni mondiali. Da Trump a Orbán, da Erdogan a Duterte, sempre più politici che si definiscono anti-sistema stanno brandendo un'agenda deleteria che perseguita, usa come capri espiatori e disumanizza interi gruppi di persone", ha proseguito Shetty. […] 

 

Le politiche di demonizzazione favoriscono passi indietro nei confronti dei diritti umani 

 

I profondi cambiamenti politici del 2016 hanno messo in evidenza quanto la retorica dell'odio possa far emergere il lato oscuro della natura umana. La tendenza mondiale verso politiche sempre più aggressive e divisive è stata ben illustrata dalla velenosa retorica utilizzata da Donald Trump nella sua campagna elettorale. Tuttavia, anche in altre parti del mondo i leader politici hanno puntato sulla paura, sulle accuse e sulla divisione per conquistare il potere. 

Questa retorica sta avendo un impatto sempre più forte sulle politiche e sulle azioni di governo. Nel 2016 i governi hanno chiuso gli occhi di fronte a crimini di guerra, favorito accordi che pregiudicano il diritto a chiedere asilo, approvato leggi che violano la libertà di espressione, incitato a uccidere persone per il solo fatto di essere accusate di usare droga, giustificato la tortura e la sorveglianza di massa ed esteso già massicci poteri di polizia. 

I governi se la sono presa anche con i rifugiati e i migranti, spesso visti come facili capri espiatori. Il Rapporto 2016-2017 di Amnesty International denuncia che 36 paesi hanno violato il diritto internazionale rimandando illegalmente rifugiati in paesi dove i loro diritti umani erano in pericolo. 

Ultimamente, il presidente Trump ha tradotto in azione la sua odiosa campagna elettorale xenofoba firmando decreti per impedire ai rifugiati di ottenere il reinsediamento negli Usa e per vietare l'ingresso nel paese a persone in fuga dalla persecuzione e dalla guerra, come nel caso della Siria. 

Contemporaneamente l'Australia ha inflitto di proposito sofferenze inaudite ai rifugiati intrappolati a Nauru e sull'isola di Manus, l'Unione europea ha firmato un accordo illegale e irresponsabile con la Turchia per rimandare indietro i rifugiati in un contesto insicuro e Messico e Usa hanno continuato a espellere persone dall'America centrale, dove la violenza ha raggiunto livelli estremi. 

Cina, Egitto, Etiopia, India, Iran, Thailandia e Turchia hanno attuato massicce repressioni. Altri paesi hanno introdotto invadenti misure di sicurezza, come il prolungato stato d'emergenza in Francia e la legge catastrofica e senza precedenti sulla sorveglianza di massa nel Regno Unito. Un altro aspetto della "politica dell'uomo forte" è stato l'aumento della retorica contro le donne, contrastata in Polonia da enormi proteste, e contro le persone Lgbti. 

"Invece di stare dalla parte dei diritti umani, molti leader hanno adottato un'agenda disumanizzante per finalità politiche, violando i diritti di gruppi presi come capri espiatori per ottenere consenso o per distrarre gli elettori dai fallimenti delle politiche economiche e sociali", ha proseguito Shetty. 

"Nel 2016 queste forme altamente deleterie di disumanizzazione sono diventate un elemento dominante nel panorama politico mondiale. I limiti di ciò che è accettabile sono stati spostati in avanti. Esponenti politici hanno vergognosamente legittimato ogni sorta di retorica e politica dell'odio basate sull'identità, favorendo la misoginia, il razzismo e l'omofobia", ha accusato Shetty. 

"I primi a essere presi di mira sono stati i rifugiati ma, se le cose andranno avanti così, toccherà anche ad altri e assisteremo a nuovi attacchi sulla base della razza, del genere, della nazionalità e della religione. Quando smettiamo di vedere l'altro come un essere umano con gli stessi diritti, siamo un passo più vicini all'abisso", ha commentato Shetty. 

 

Il mondo volta le spalle alle atrocità di massa   

 

Nel 2017 le crisi in corso peggioreranno a causa della debilitante assenza di leadership nel campo dei diritti umani. La politica del "noi contro loro" sta prendendo forma a livello internazionale, sostituendo al multilateralismo un ordine mondiale più aggressivo e basato sulla contrapposizione.

"La mancanza della volontà politica necessaria per esercitare pressione sugli stati che violano i diritti umani significa mettere a rischio i principi basilari dell'accertamento delle responsabilità per i crimini di massa e del diritto d'asilo", ha spiegato Shetty. 

"Anche gli stati che un tempo sostenevano di difendere i diritti umani nel mondo adesso sono troppo occupati a violarli al loro interno per pensare a chiamare gli altri a risponderne. Più paesi faranno un passo indietro rispetto agli impegni assunti sui diritti umani fondamentali, più ci sarà un effetto-domino che vedrà altri leader indebolire protezioni consolidate in materia di diritti umani".     Stiamo assistendo a una lunga serie di crisi a fronte della scarsa volontà politica di affrontarle: Siria, Yemen, Libia, Afghanistan, America centrale, Repubblica Centrafricana, Burundi, Iraq, Sud Sudan e Sudan. Il Rapporto 2016-2017 di Amnesty documenta crimini di guerra in almeno 23 paesi. 

Nonostante queste sfide, l'indifferenza internazionale verso i crimini di guerra è diventata la norma; dal canto suo, il Consiglio di sicurezza rimane paralizzato dalle rivalità tra i suoi stati membri permanenti. 

"All'inizio del 2017, molte delle principali potenze stanno perseguendo interessi nazionali più limitati a danno della cooperazione internazionale. Questo atteggiamento rischia di condurci verso un mondo più caotico e pericoloso", ha rilevato Shetty. 

"Un nuovo ordine mondiale in cui i diritti umani sono dipinti come un ostacolo agli interessi nazionali rende pericolosamente bassa la capacità di reagire ad atrocità di massa e lascia aperta la porta a violenze che ricordano i periodi più oscuri della storia umana", ha aggiunto Shetty. 

"La comunità internazionale ha già risposto con un assordante silenzio alle innumerevoli atrocità del 2016: dall'orrore di Aleppo in Siria alle migliaia di persone uccise dalla polizia delle Filippine in nome della 'guerra alla droga' fino all'uso delle armi chimiche e all'incendio di centinaia di villaggi nel Darfur, in Sudan. La grande domanda del 2017 è: quanto dovranno proseguire queste atrocità prima che il mondo faccia qualcosa?", ha chiesto Shetty.

 

Chi starà dalla parte dei diritti umani? 

[…] Il Rapporto 2016-2017 di Amnesty International denuncia uccisioni di difensori dei diritti umani in 22 paesi. […]

"Non possiamo demandare passivamente ai governi il compito di difendere i diritti umani. Siamo noi, le persone, a dover agire. Poiché i politici sono sempre più intenzionati a demonizzare interi gruppi, oggi è chiaro come poche volte in passato che siamo tutti noi a doverci schierare, ovunque nel mondo, dalla parte dei valori fondamentali della dignità umana e dell'uguaglianza", è l'appello lanciato da Shetty. […]

 

Panoramica 

 

Nel 2016 Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti umani in 159 paesi. Qui di seguito sono descritti alcuni esempi dell'aumento e dell'impatto delle retoriche velenose e della repressione dell'attivismo e della libertà d'espressione: 

Arabia Saudita: voci critiche, difensori dei diritti umani, attivisti per i diritti delle minoranze sono stati imprigionati e condannati per vaghe accuse come quella di "offesa alle istituzioni dello stato". In Yemen, le forze della coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita hanno commesso gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui possibili crimini di guerra, bombardando scuole, mercati e moschee, uccidendo e ferendo migliaia di civili anche grazie ad armi fornite da Usa e Regno Unito e persino vietate a livello internazionale come le bombe a grappolo; 

Bangladesh: invece di fornire protezione agli attivisti, ai giornalisti e ai blogger e indagare sui responsabili della loro uccisione, le autorità hanno intentato processi contro i giornalisti e gli oppositori anche a causa di un semplice post su Facebook; 

Cina: è proseguita la repressione contro avvocati e attivisti, anche attraverso la detenzione senza contatti col mondo esterno, le confessioni trasmesse in televisione e le intimidazioni ai familiari; 

Egitto: per indebolire, diffamare e ridurre al silenzio la società civile, le autorità hanno fatto ricorso a divieti di viaggio, restrizioni finanziarie e congelamento di conti bancari; 

Etiopia: un governo sempre più intollerante nei confronti dei dissidenti ha usato le leggi anti-terrorismo e lo stato d'emergenza per reprimere giornalisti, difensori dei diritti umani, oppositori politici e soprattutto manifestanti, contro i quali è stato fatto ricorso alla forza eccessiva e letale; 

Filippine: un'ondata di esecuzioni extragiudiziali ha fatto seguito alla promessa del presidente Duterte di uccidere decine di migliaia di persone sospettate di essere coinvolte nel traffico di droga; 

Francia: le drastiche misure di sicurezza adottate nel contesto del prolungato stato d'emergenza hanno dato luogo a migliaia di perquisizioni, a divieti di viaggio e ad arresti; 

Honduras: oltre a Berta Cáceres, sono stati uccisi altri sette attivisti per i diritti umani; 

India: le autorità hanno usato leggi repressive per limitare la libertà d'espressione e ridurre al silenzio le voci critiche. Difensori e organizzazioni per i diritti umani hanno continuato a subire minacce e intimidazioni. Leggi oppressive sono state usate per ridurre al silenzio studenti, docenti, giornalisti e difensori dei diritti umani; 

Iran: la repressione della libertà d'espressione, di associazione, di manifestazione pacifica e di fede religiosa è stata massiccia. Giornalisti, avvocati, blogger, studenti, attiviste per i diritti delle donne, registi e musicisti che avevano espresso critiche in modo pacifico sono stati condannati al termine di processi gravemente irregolari celebrati dai tribunali rivoluzionari;

Myanmar: decine di migliaia di rohingya, la minoranza tuttora priva di cittadinanza, sono stati sfollati nel corso di "operazioni di sgombero" nel contesto delle quali sono stati denunciati omicidi illegali, stupri e arresti arbitrati. La stampa controllata dal governo ha pubblicato articoli dal linguaggio gravemente disumanizzante;

Regno Unito: un'ondata di crimini d'odio ha fatto seguito al referendum sull'appartenenza all'Unione europea. Una nuova legge sulla sorveglianza ha garantito assai più ampi poteri all'intelligence e ad altre agenzie per la sicurezza per violare la privacy su scala massiccia; 

Repubblica Democratica del Congo: attivisti per la democrazia sono stati arrestati arbitrariamente e, in alcuni casi, sottoposti a lunghi periodi di detenzione senza contatti col mondo esterno; 

Russia: a livello nazionale, il governo ha stretto la morsa intorno alle organizzazioni non governative, ricorrendo sempre di più alla propaganda dei "soggetti indesiderabili" e degli "agenti stranieri". Si è svolto il primo processo nei confronti di un'organizzazione non governativa sulla base della legge sugli "agenti stranieri" e decine di altre organizzazioni non governative che ricevono fondi dall'estero sono state aggiunte all'elenco. In Siria, il governo ha mostrato un completo disprezzo per il diritto internazionale umanitario; 

Siria: è proseguita l'impunità per i crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui gli attacchi indiscriminati e quelli diretti contro i civili, nonché gli estenuanti assedi delle popolazioni civili. La comunità nazionale dei difensori dei diritti umani è stata quasi del tutto azzerata: attivisti sono stati imprigionati, torturati, fatti sparire o costretti a fuggire all'estero; 

Stati Uniti d'America: la campagna elettorale marcata da una retorica discriminatoria, misogina e xenofoba ha fatto sorgere forti dubbi sul peso effettivo dei futuri impegni nel campo dei diritti umani, a livello nazionale e internazionale; 

Sudan: vi sono ampie prove che il governo abbia usato armi chimiche in Darfur. In altre regioni del paese, presunti oppositori sono stati arrestati e imprigionati. L'uso eccessivo della forza nella dispersione delle proteste ha provocato numerose vittime; 

Sud Sudan: sono proseguiti i combattimenti, segnati da violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, che hanno avuto conseguenze devastanti sulla popolazione civile; 

Thailandia: i poteri di emergenza, la legge sulla diffamazione e quella sulla sedizione sono stati usati per limitare la libertà d'espressione; 

Turchia: dopo il fallito colpo di stato, decine di migliaia di persone sono state arrestate, centinaia di organizzazioni non governative sono state sospese, i mezzi d'informazione hanno subito un drastico giro di vite e sono proseguite pesanti operazioni militari nelle aree curde; 

Ungheria: la retorica governativa ha imposto un modello divisivo di politiche identitarie e un'oscura visione della "Fortezza Europa", che si sono tradotti in sistematiche misure repressive contro i diritti dei migranti e dei rifugiati; 

Venezuela: sono stati ridotti al silenzio quei difensori dei diritti umani che hanno denunciato la crisi umanitaria causata dall'incapacità del governo di garantire i diritti economici e sociali della popolazione.  […]

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(1) V.:  https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/

(2) V. n. 226

9) NOTIZIARIO

 

Florida. Vittime minorenni della diffusione delle armi da fuoco. Da una ricerca compiuta dal Tampa Bay Times risulta che 3.200 minorenni sono stati feriti o uccisi  in Florida tra il 2010 e il 2015 da colpi di arma da fuoco. In altre parole: un minorenne è stato colpito ogni 17 ore, accidentalmente, intenzionalmente o nel corso di un crimine.

 

Florida. Un strana sanità mentale. Gli avvocati difensori di Esteban Santiago, di 26 anni, proveniente dall' Alaska, il 16 febbraio hanno dichiarato che il loro assistito è mentalmente in grado di presenziare al suo processo capitale che si terrà in ambito federale. È accusato di aver ucciso 5 persone e di averne ferite 6 nell'Aeroporto Internazionale di Fort Lauderdale-Hollywood. Santiago, appena fermato, aveva dichiarato all'FBI di essere sotto il controllo mentale del Governo. In seguito ha affermato che la sparatoria è stata ispirata dall'ISIS. In precedenza Santiago era stato curato in un ospedale in Alaska perché aveva affermato di sentire voci.

 

Iran. Due amanti condannati alla lapidazione. Una corte penale iraniana nella provincia occidentale del Lorestan ha condannato un uomo ed una donna alla morte per lapidazione. I due meschini, dei quali il 2 febbraio sono state diffuse dal sito ufficiale Kashkan solo le inziali dei nomi - KH. A per l’uomo e S-M.Th. per la donna - verranno uccisi dopo l’approvazione finale della sentenza. Amnesty International all’inizio di quest’anno ha ribadito che “il persistere nell’anno passato dell’uso da parte dell’Iran di punizioni crudeli ed inumane, come le fustigazioni, le amputazioni e gli accecamenti, dimostrano la concezione assolutamente brutale della giustizia che hanno le autorità iraniane.”

 

Iran. Il corpo di un impiccato venduto per 3000 euro. Il 15 febbraio l'agenzia iraniana Rokna ha scritto che la carenza di cadaveri utilizzabili nei laboratori di anatomia dagli studenti di medicina ha prodotto un commercio in nero di cadaveri di prigionieri messi a morte non reclamati dai familiari. Il corpo di un impiccato è stato pagato 10 milioni di toman equivalenti a 3000 euro.

 

Iran. Impiccata una persona ogni 9 ore nel mese di gennaio. 87 persone sono state impiccate in Iran in gennaio, tra loro anche due minorenni. 6 di loro sono stati giustiziate in pubblico. Solo 19 esecuzioni sono state dichiarate pubblicamente dalle autorità iraniane. In maggioranza si è trattato di condanne per droga. In genere le esecuzioni aumentano nei periodi elettorali ma si interrompono due settimane prima delle elezioni iraniane. Il movimento per i diritti umani Iran Human Rights si rivolge ai paesi europei che intrattengono relazioni diplomatiche con l'Iran affinché chiedano a gran voce di interrompere le esecuzioni capitali e di non far passare sotto silenzio l'aumento delle stesse in vista delle elezioni presidenziali del 2017.

 

Malaysia. Il sultano Sharafuddin Idris Shah concede la grazia ad un condannato a morte. Il 33-enne Shahrul Izani Suparman, condannato a morte per reati di droga, è stato graziato dal Sultano di Selangor, Sharafuddin Idris Shah. La notizia è stata data dalla madre del condannato, Sapenah Nawawi, che si è spesa per evitare il cappio a Suparman appoggiata da Amnesty International. "Sono molto grata a Dio. Voglio ringraziare Sua Altezza Reale per avergli concesso la grazia, e tutti voi che avete lottato per salvargli la vita", ha dichiarato la 59-enne genitrice alla stampa il 27 febbraio. Shahrul Izani fu arrestato nel mese di settembre del 2003 perché trovato in possesso di 622 grammi di cannabis, e condannato a morte il 28 dicembre del 2009. Aveva esaurito tutte le possibilità di appello e poteva essere messo a morte da un momento all'altro.

 

Montana. Fallisce per un soffio l'abolizione della pena capitale. Il 10 febbraio, dopo aver ascoltato per alcuni giorni intense testimonianze pro e conto la pena di morte, una proposta di legge abolizionista è stata bocciata dalla Commissione Giustizia della Camera con 10 voti contro 9. I democratici hanno votato a favore della proposta, i repubblicani contro. Di conseguenza si prevede che quest'anno la questione non verrà proposta per la votazione della Camera al completo. Vi sono 2 condannati a morte in Montana, l'ultima esecuzione risale al 2006.

 

New Mexico. La pena di morte non verrà ripristinata nonostante l'esito del referendum. Nel fatidico election day dell'8 novembre u. s. si sono avuti due risultati contrastanti in New Mexico: la vittoria del referendum inteso a ripristinare la pena capitale e la vittoria dei Democratici in parlamento (v. n. 232, 231). Di conseguenza la Proposta di legge 72 della Camera dei Rappresentanti (House Bill 72) sul ripristino della pena capitale, formulata prima dell'8 novembre, che verrà discussa nel prossimi giorni, si avvia ad incassare una sicura sconfitta.

 

Nord Corea. Cinque ufficiali giustiziati con raffiche antiaeree. Il 27 febbraio i media sudcoreani hanno affermato che in Nord Corea sono stati giustiziati con raffiche di mitragliatrici antiaeree 5 ufficiali della Sicurezza per aver fatto infuriare il presidente Kim  Jong Un. I 5 sono stati definiti rei di diffusione di notizie false non meglio precisate. Le 5 esecuzioni èsono avvenute nel momento in cui si è affermato che vi sarebbe la Corea del Nord dietro l'uccisione di Kim Jong Nam, fratellastro di Kim  Jong Un, avvenuta il 13 febbraio nell'aeroporto di Kuala Lumpur, in Malaysia.

 

Oklahoma. Rottamata la sedia elettrica, non usata da oltre 50 anni. Il  16 febbraio la  Camera dei Rappresentanti dell'Oklahoma ha votato a favore di una legge che toglie l'elettrocuzione tra i metodi previsti per eseguire le sentenze capitali.  Un metodo che non è stato usato da più di 50 anni. La legge elenca i metodi ammessi: l'iniezione letale, la camera a gas azoto, la fucilazione, e... ogni altro metodo non proibito dalla Costituzione USA. Ricordiamo che l'Oklahoma, uno degli stati più forcaioli, ha inserito la pena di morte nella sua Costituzione (v. n. 232).

 

Sri Lanka. Commutate le sentenze di tutti i 60 condannati a morte. Il presidente dello Sri Lanka Maithripala Sirisena, in occasione del 69° anniversario dell’indipendenza del proprio paese festeggiato il 4 febbraio, ha commutato in ergastolo le 60 condanne a morte in essere nella ex colonia britannica. Rendendo merito a Sirisena per aver posto termine all'endemica guerriglia interna con le Tigri Tamil, e per aver festeggiato con le commutazioni l’anniversario dell’indipendenza, ci auguriamo che lo Sri Lanka abolisca al più presto al pena di morte, peraltro in moratoria dal 1976, anno in cui si verificò l’ultima esecuzione.

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 3 marzo 2017

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