FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 116 - Marzo 2004
SOMMARIO:
1) Kenneth critica la procedura del processo capitale
2) Ordine di espulsione di richiedenti asilo dall’Inghilterra in Iran
3) Passi verso l’abolizione della pena di morte per i minorenni
4) Al fianco di Amnesty contro la pena di morte per i minorenni
5) Subito liberati in Inghilterra cinque ex detenuti di Guantanamo
6) Per ora niente avvocati per i prigionieri di Guantanamo
7) Diritti umani: gli Usa relatori imparziali?
8) Un’altra esonerazione in North Carolina ripropone la moratoria
9) Respinto il ricorso di Thomas Miller-El
10) Commutazione disposta dal governatore dopo 81 esecuzioni
11) Il governatore Perry in Italia per affari e vacanza
12) Uomini del presidente
13) Giordania: doppia impiccagione di una donna
14) Gli ultimi 11 minuti di Marcus Cotton
15) Lucida descrizione di un’autentica tortura
16) Indagine forense sull’orrendo genocidio compiuto dai Khmer rossi
17) Richieste di corrispondenza
18) Notiziario: Filippine, Iraq, Michigan, Sudan, Tennessee, Texas, Utah, Virginia, Zambia
1) KENNETH CRITICA LA PROCEDURA DEL PROCESSO CAPITALE
Cari amici italiani, quelli di voi che hanno letto il mio articolo del mese scorso, hanno avuto modo di conoscere una parte molto importante del processo capitale. Ho riprodotto per voi il Mandato della Corte alla Giuria che regola la procedura per l’inflizione della pena. E’ molto raro che gente al di fuori dal contesto specifico legga queste cose. L’articolo di oggi costituisce il seguito di quel primo pezzo. Ce ne sarà un altro nel prossimo numero. Ciò che tenterò di fare oggi, è di mostrarvi le pecche della procedura che porta alla pena di morte. Mentre tutti sappiamo che la pena di morte è moralmente sbagliata, è utilizzata con gravi pregiudizi, non costituisce un deterrente al crimine e non si può mai essere certi di giustiziare la persona che ha commesso il reato, la maggior parte delle persone non ha mai guardato alle radici di questo albero marcio che è la procedura con cui si arriva alla pena di morte. Come disse Kahlil Gibran: “Chiunque di voi punirà nel nome della giustizia alzando la scure sull’albero del male, guardi prima alle radici dell’albero”.
Nella nostra società, noi abbiamo la possibilità di eleggere i nostri capi. Il concetto potrebbe essere stato dimenticato, ma in effetti lo scopo delle autorità elettive è quello di servire il popolo in modo giusto e responsabile. Oggi noi vediamo che questo non succede poiché molti degli eletti abusano della loro autorità. Sfortunatamente, molti cittadini accettano questo fatto. Apprendiamo delle rivolte ad Haiti e in Liberia: avvengono perché la gente è stanca di essere oppressa. L’America un giorno potrebbe dover affrontare rivolte su vasta scala. L’America ha già visto nei tempi passati molte ribellioni, ma nessuna così grande. Dico questo per affermare che noi cerchiamo di riporre fiducia nei capi da noi eletti. A volte questi personaggi creano leggi che di fatto non sono utili per il popolo. La pena di morte è stata l’oggetto di una scelta del genere. La pena di morte è una regola che è stata data ai cittadini per infierire gli uni sugli altri. Forse in epoche medievali ragionavamo su livelli così bassi (pensavamo cioè che fosse bene uccidersi gli uni gli altri), ma con il progredire della nostra civilizzazione i nostri modi di rapportarci dovrebbero aver progredito. Tristemente, come possiamo vedere nel caso della pena di morte, siamo rimasti vicino al medio evo più di quanto ci potremmo aspettare.
Dunque, attraverso il Mandato della Corte riguardo alla Punizione per un reato capitale, il Sistema Giudiziario incarica 12 persone (la giuria) di decidere se risparmiare un uomo o farlo giustiziare. Il sistema ha inventato un metodo molto ingegnoso. Per prima cosa voglio sottolineare che se qualcosa viene scritto sotto forma di “Legge”, questo non significa che sia giusto! Guardate indietro nel tempo, a diversi periodi della storia in cui esistevano Leggi che non erano giuste. Guardate le leggi che legalizzavano la schiavitù. Guardate le Leggi, fatte qui in America nei primi anni del 1900 da Jim Crowe, che segregavano i Neri dai Bianchi. Ci vollero molte lotte per abolirle, e questo è quanto dobbiamo fare contro la pena di morte.
Vorrei far vedere che il procedimento per punire la gente con la morte è sbagliato sotto tre aspetti.
1) Nella prima fase del processo la tua colpa deve essere dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio, non provata al di là di ogni dubbio. Pertanto, ciò che afferma il Sistema è che non occorre dimostrare al cento per cento che sei colpevole, tutto ciò che occorre fare è dimostrare che c’è una grande probabilità che tu abbia commesso il crimine. Non trovate che questo suoni mostruoso? Le parole sono ingegnose, ma questo è il significato nascosto. Dicono: non usate la ragione, usate la probabilità. Sottraendovi l’uso della ragione, vi tolgono l’uso del vostro senso morale, abbassano i vostri standard di giudizio. Se dobbiamo incriminare le persone qui in America e poi condannarle a morire, ogni giuria dovrebbe operare ai livelli più alti di giudizio e quindi la colpevolezza di una persona da condannare dovrebbe essere dimostrata al cento per cento. Chiedo forse troppo? Un alto livello di giudizio consentirebbe a persone che commettono crimini di cavarsela ma, come disse il Presidente della massima Corte di giustizia dell’India (T.L. Venkatraman Iyer): “Qualche centinaio di criminali può essere messo in libertà, ma un solo uomo innocente non deve finire in prigione, perché questo trasformerebbe l’intero sistema legale in un sistema criminale”
2) Nella prima “questione” del Mandato utilizzato nella fase del processo in cui si infligge la pena, si dichiara che i giurati devono determinare se vi sia una “probabilità” che l’imputato commetta altre violenze in futuro. Come può questa essere una domanda ragionevole? Chi ha la capacità di vedere all’interno di un essere umano per giudicare accuratamente se questi potrà commettere violenze in futuro? Parlano di probabilità, ma chi può valutarle? Ancora una volta usiamo ipotesi per condannare una persona a morire. Questo è ciò che noi chiamiamo “speculazione letale”. Ciò di cui dobbiamo renderci conto è, certamente, che vi sono persone che, in base alle loro azioni, si intuisce potranno commettere atti di violenza, ma molti vengono spesso inclusi in questa categoria senza meritarlo. Cercano di giustificare la pena di morte dicendo che ci occorre una pena come questa per persone come Saddam Hussein o Bin Laden, ma il dramma è che una volta messo in moto un meccanismo come questo non c’è modo di garantire che non travolgerà altri che sono innocenti o altri che potrebbero cambiare e ravvedersi. Nessun essere umano può prevedere la vita futura di un’altra persona in questo modo. Un uomo può vivere nel peccato oggi, ma entro due anni cambiare vita rivolgendosi a Dio. Attraverso la pena di morte non puoi far tornare indietro le lancette de tempo. Questa parte del mandato è letteralmente una pecca mortale.
3) Nella seconda “questione”, in sintesi, si dichiara che devi scoprire se l’imputato ha provocato la morte della persona uccisa o l’ha prevista. Questa è una problematica importante su cui ritornerò anche in seguito. Si dice cioè che se anche non hai ucciso qualcuno, se hai cospirato per commettere, per esempio, una rapina, e nulla più, e la persona con cui hai cospirato uccide qualcuno, tu sei altrettanto passibile di condanna a morte. Quindi, anche se non hai ucciso nessuno personalmente, se hai cospirato per commettere un crimine e qualcun altro uccide una persona, tu avresti dovuto prevederlo. Ciò che rende tutto questo un’ipocrisia è che una persona può commettere un delitto orrendo e non affrontare la pena di morte, mentre la persona che non l’ha commesso sì. Già questo costituisce uno fatto immorale al di là di ogni comprensione.
Ho trattato tre questioni che si aggiungono all’intrinseca abiezione della pena di morte. Nel prossimo numero aggiungerò qualche pensiero conclusivo su ciò che occorre fare e ciò che si fa (anche con la mia lotta personale per liberarmi dal braccio della morte) contro questo processo disumano. Fino ad allora, meditate su queste idee e pensate al modo di cambiare questo sistema e orientarsi alla salvezza delle vite umane anziché alla loro annichilazione.
2) ORDINE DI ESPULSIONE DI RICHIEDENTI ASILO DALL’INGHILTERRA IN IRAN
Una notizia allucinante è stata data il 6 marzo in Inghilterra dal Sunday Herald: tre rifugiati curdi, ai quali è stato negato il diritto di asilo, hanno ricevuto dal governo laburista l’ordine di espulsione verso l’Iran, paese in cui potrebbero essere condannati a morte.
Gli attivisti trentenni Faroq Haidari, Fariboz Gravindi e Mokhtar Haydary, in sciopero della fame da 17 giorni a Glasgow, hanno le bocche cucite e rifiutano di essere curati. Sono in pessime condizioni fisiche. La possibilità che i tre vengano condannati a morte è confermata dal fatto che Habib Kharabi, uno zio di Haydary, è stato ‘giustiziato’ in Iran per le sue attività politiche. Il parlamentare laburista Mike Watson – eletto nella circoscrizione in cui i tre risiedono – ha fatto loro visita esortandoli a smettere lo sciopero della fame. “Il loro caso non è favorito dal comportamento che hanno assunto, anzi stanno di fatto compromettendo la propria causa.” Ha dichiarato Watson.
Il Comune di Glasgow che ha sfrattato i tre uomini dice di essere legalmente costretto a far ciò. “Capiamo che può apparire una decisione senza cuore, data la situazione” – ha dichiarato un portavoce del Consiglio comunale – ma è la sola cosa che possiamo fare. Non spetta a noi decidere.”
Il 7 marzo un redattore del Sunday Herald è andato ad intervistare i tre e ha trovato solo Haidari cosciente. La bocca di costui ha un piccolo pertugio tra i punti di sutura che consente in qualche modo l’emissione della voce. “Quando ho cucito le labbra ho provato un dolore terribile – ha detto Haidari - ma voglio far sapere al Governo inglese che i diritti umani di cui parlano non esistono. Lo abbiamo detto; ne abbiamo abbastanza di parlare; nessuno ci ascolterà mai.”
Siamo in attesa di conoscere l’esito di questa vicenda incredibile di cui si parla poco. E’ appena il caso di ricordare che – a parte il sacrosanto diritto di ogni cittadino del mondo di ricevere asilo politico – i tre sono tutelati da norme sia inglesi che dell’Unione Europea che proibiscono perfino l’estradizione di criminali detenuti per crimini comuni verso paesi in cui vi sia il rischio di una condanna capitale.
3) PASSI VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE PER I MINORENNI
Dopo la decisione di gennaio della Corte Suprema degli Stati Uniti di prendere in esame la liceità costituzionale della pena capitale per i minorenni (v. n. 115) si è intensificato il dibattito in merito, tra gli esperti, nei media nonché nei parlamenti di diversi stati nordamericani.
I primi importanti risultati di un’intensa attività legislativa, si sono avuti il 3 marzo: in South Dakota e nel Wyoming è stata contemporaneamente abolita la pena di morte per i minorenni all’epoca del crimine. Un provvedimento dello stesso genere è atteso nel giro di mesi anche per nel New Hampshire.
L’abolizione della pena di morte minorile in South Dakota e in Wyoming non ha una conseguenza pratica in questi stati, che non applicano la pena capitale pur mantenendola nei codici, ma contribuisce al far evolvere la situazione a livello nazionale. Il fatto che gli stati che non ammettono la pena di morte per i minorenni siano ormai 31 su 50 dovrebbe indurre la Corte Suprema a dichiarare la pena di morte minorile incompatibile con “l’evoluzione degli standard di decenza”. Infatti quando, nel giugno del 2002, fu dichiarata incostituzionale la pena di morte per i ritardati mentali, l’aveva proibita per legge un minor numero di stati (30). Al momento in cui la Corte Suprema si riunirà per discutere, gli stati che avranno bandito la pena capitale per i minori di 18 anni non saranno soltanto 31 ma almeno 32. Come abbiamo detto nel numero 115, un pronunciamento progressista della Corte Suprema federale avrebbe inoltre il supporto del 70% dell’opinione pubblica statunitense.
La grande maggioranza dei commenti e delle proposte di legge in discussione sono orientate al superamento di questa pratica barbara. Ma vi è anche l’opposizione esplicita degli ultra conservatori. Si tratta di un ristretto numero di persone ma molto influenti nel mondo politico e nel sistema giudiziario. Intanto sono in corso in Arizona e in North Carolina processi capitali contro imputati che avevano 16 o 17 anni al momento dei delitti di cui sono accusati e il 9 marzo Eric Dale Morgan, che aveva 17 anni all’epoca del reato, è stato condannato a morte in South Carolina. Sono state programmate numerose esecuzioni di detenuti che avevano meno di 18 anni all’epoca del crimine. Nella seconda metà di febbraio le esecuzioni stabilite erano sei, di cui cinque in Texas. Per quattro di queste esecuzioni è stata poi disposta una sospensione in attesa del pronunciamento della Corte Suprema. Rimangono tuttavia programmate le esecuzioni di Cedric Howard a maggio in Louisiana e di Mauro Barraza a giugno in Texas. Howard aveva 16 anni e Barraza 17 anni all’epoca dei delitti loro contestati.
4) AL FIANCO DI AMNESTY CONTRO LA PENA DI MORTE PER I MINORENNI
Il Comitato Paul Rougeau parteciperà intensamente alle diverse fasi della Campagna biennale di Amnesty International contro la pena di morte per i minorenni che è stata lanciata poco più di un mese fa in tutto il mondo (v. n.115). Campagna importantissima alla quale – con un po’ di enfasi – possiamo riconoscere un’importanza ‘storica’.
La nostra prima iniziativa, nella seconda metà del mese di marzo, consiste nel raccogliere le sottoscrizioni in calce a due petizioni, dirette ai governi degli Stati Uniti e del Pakistan, che i rappresentanti di Amnesty consegneranno nelle mani dei rispettivi ambasciatori in tutte le più importanti capitali del mondo.
Non essendoci stato il tempo di utilizzare il Foglio di Collegamento, i nostri soci e simpatizzanti sono stati contattati per e-mail con una circolare che conteneva le istruzioni necessarie per compiere con efficacia e precisione il compito che ci siamo assunto.
Dobbiamo dire che i numerosi riscontri che ci sono immediatamente pervenuti ci hanno sorpreso e incoraggiato facendoci sperare che molte centinaia di sottoscrizioni possano essere raccolte in varie parti d’Italia dai nostri corrispondenti (alcuni dei quali, essendo anche soci attivi di Amnesty, dopo aver ricevuto una richiesta di mobilitazione tramite il Coordinamento pena di morte e il Gruppo di A.I. di cui fanno parte, sono stati ulteriormente stimolati dal nostro ‘input’).
Nel prossimo numero vi informeremo sull’andamento complessivo di questa iniziativa e sulla nostra partecipazione.
5) SUBITO LIBERATI IN INGHILTERRA CINQUE EX DETENUTI DI GUANTANAMO
Cinque detenuti di Guantanamo, portati in Gran Bretagna il 9 marzo, sono stati tutti rilasciati entro due giorni dal loro arrivo. Si tratta di cittadini inglesi di origine araba: Tarek Dergoul, di 26 anni, Asif Iqbal di 22, Shafiq Rasul di 26, Rhuhel Ahmed di 22 e Jamal al-Harith di 37.
L’alleanza strettissima e acritica del Primo Ministro inglese con il gruppo neoconservatore che governa gli Stati Uniti non ha impedito che dal Regno Unito si levassero voci fortemente contrarie a taluni aspetti della ‘guerra’ combattuta da George Bush contro il ‘terrore’ dopo l’11 settembre 2001. Le critiche inglesi hanno riguardato in particolare i maltrattamenti e la negazione dei diritti alla difesa legale nei confronti dei detenuti nel limbo di Guantanamo e, ovviamente, il destino e il trattamento dei nove prigionieri di nazionalità britannica. Lunghe e complesse trattative hanno portato in un primo tempo a ottenere condizioni di favore per i prigionieri inglesi nel caso di un giudizio davanti alle commissioni militari (rinvio di due processi già decisi, esenzione dalla pena di morte e concessione di possibilità per la difesa legale che venivano negate agli altri). Ciò ovviamente non era sufficiente e non avrebbe tacitato le obiezioni. Alla fine, il 9 marzo scorso, cinque su nove cittadini britannici sono stati rispediti da Guantanamo nella madre patria. Il governo americano, che non ha voluto confermare fino all’ultimo il loro imminente trasferimento, aveva chiesto che questi fossero detenuti in maniera rigorosa in Inghilterra. Si pensava che i prigionieri dovessero rimanere carcerati dopo il loro arrivo. Invece giunti in patria sono stati lasciati tutti liberi.
Probabilmente i cinque sono ritenuti non pericolosi dagli Inglesi, a differenza di quanto ritenevano gli Americani che li hanno imprigionati in condizioni durissime per tanto tempo. Verranno sicuramente tenuti sotto stretta osservazione e la loro libertà potrà avere delle limitazioni. Ma quale differenza con il trattamento subito a Guantanamo! Ora ci domandiamo: se almeno cinque su nove prigionieri sono stati trattenuti erroneamente (e liberati soltanto per le pressioni inglesi), quanti innocenti ed ignari malcapitati – ed ex combattenti inoffensivi - ci sono tra i 650 tuttora rinchiusi nel campo Delta?
La popolazione della cittadina di Tripton ha accolto con ostilità razzista tre di questi malcapitati che ritornavano a casa reduci da Guantanamo. Tra gli arrivati, Tarek Dergoul è irraggiungibile dai media, è definito di stato ‘mentale fragile’ ed ha difficoltà a camminare. Ha una mano amputata. Aveva tutte e due le mani quando fu catturato. Si ritiene che sia stato portato a Guantanamo nel maggio del 2002. Robert Lizar, avvocato di Jamal al-Harith, lamenta che il suo cliente è stato trattato in maniera crudele, inumana e degradante per due lunghi anni. Si prospettano cause per danni fisici e psichici nei riguardi del governo americano.
In un articolo del Mirror del 12 marzo si descrivono i maltrattamenti riferiti da Jamal al-Harith, le razioni scadute da 10 anni, i pestaggi, le amputazioni e le torture fisiche e psicologiche cui sono sottoposti i prigionieri, allo scopo di annientare la loro personalità. Per al-Harith la più raffinata tortura psicologica consiste nell’invio di prostitute ai musulmani più giovani, religiosi e osservanti, per umiliarli: ‘coloro che non avevano mai visto una donna senza velo erano costretti a guardare prostitute nude che si toccavano.’ Non è la prima volta che, tra gli strumenti ‘sporchi’ della politica americana, appare la corruzione sessuale, anche di persone grande statura morale.
6) PER ORA NIENTE AVVOCATI PER I PRIGIONIERI DI GUANTANAMO
Data la disastrosa situazione degli ospiti del Calpo Delta a Guantanamo Bay, apprendiamo con rincrescimento che, sia pure in via interlocutoria, la Corte Suprema degli Stati Uniti il 19 febbraio ha accolto la richiesta del governo americano di impedire ad un detenuto di Guantanamo di vedere il proprio avvocato. Ciò almeno fino al pronunciamento della medesima Corte sulla più ampia questione di quali siano i diritti legali residuali per i cosiddetti “nemici combattenti” detenuti ormai da oltre due anni nella malfamata base della Marina USA situata in un lembo dell’isola di Cuba.
L’Avvocato Generale del governo, Ted Olson, la settimana prima aveva inoltrato una richiesta di emergenza alla Corte Suprema contestando una decisione della Corte d’Appello federale del Nono Circuito. Tale corte aveva affermato che il detenuto libico Falen Gherebi ha il diritto non solo di vedere l’avvocato assunto dalla sua famiglia, ma anche di essere processato in una corte federale. Olson aveva obiettato che permettere a Gherebi di incontrare un avvocato avrebbe “interferito con gli sforzi dei militari di ottenere informazioni, dallo stesso Gherebi e da altri detenuti di Guantanamo, riguardanti la guerra in corso contro il terrorismo.”
Nel mese di aprile la Corte Suprema degli Stati Uniti terrà una serie di udienze per sentire le ragioni esposte dai legali di altri detenuti di Guantanamo - i quali contestano la negazione del diritto ad accedere alla giurisdizione delle corti americane per i loro clienti - e farà conoscere a fine giugno la propria sentenza in merito. Il governo di George Bush attende con comprensibile preoccupazione questa sentenza che potrebbe dare uno scossone alla filosofia su cui è basata la cosiddetta ‘guerra al terrore’.
7) DIRITTI UMANI: GLI USA RELATORI IMPARZIALI?
Gli Stati Uniti hanno pubblicato il 25 febbraio il loro tradizionale impegnativo rapporto annuale intitolato: “Rapporti sui paesi riguardo alla Pratica dei Diritti umani”, preparato dall’Ufficio federale della Democrazia, di Diritti Umani e del Lavoro.
Con grande scrupolo sono state evidenziate le pecche e le forme di ingiustizia e razzismo in numerosi stati. Per un solo paese non si dice nulla: gli stessi Stati Uniti d’America.
Questa attività di controllo svolta dall’America è indubbiamente molto positiva e contribuisce significativamente a ravvivare, in tutto il mondo, l’attenzione verso la problematica dei diritti umani. Tuttavia il rapporto suscita notevoli perplessità nelle persone che sono consapevoli delle gravi violazioni dei diritti umani che avvengano proprio negli Stati Uniti, e a causa degli Stati Uniti in tutto il mondo, soprattutto negli ultimi due anni in conseguenza delle scelte strategiche degli USA. Ecco qualche esempio molto parziale del ‘doppio standard’ usato dagli Stati Uniti.
Nel rapporto la Cina viene – a ragione – criticata sotto molti aspetti. Ma come possono essere condannate da parte degli Stati Uniti le esecuzioni capitali, le esecuzioni extragiudiziali, le detenzioni in incommunicado e/o senza processo che avvengono in Cina?
Secondo la relazione degli Stati Uniti, in Nuova Zelanda si manifesta un notevole razzismo. I Maori costituiscono infatti il 15 per cento della popolazione complessiva, ma il 50 per cento di quella carceraria. Sempre analizzando i problemi carcerari, in Nuova Zelanda c’è stato nel 2003 un caso di suicidio.
Negli Stati Uniti gli Afro-americani costituiscono il 12 per cento della popolazione complessiva, ma il 40 per cento di quella carceraria. Nelle carceri del solo Kentucky ci sono stati, nel 2002, almeno 17 casi accertati di suicidio. Questi dati non vengono resi noti dalla relazione.
Ovviamente le condizioni carcerarie in America sono migliori di quelle che si hanno in altre nazioni del mondo, per esempio in Cina o in Russia (pare che nelle carceri russe muoiano circa undicimila detenuti all’anno, soprattutto per mancanza di cure mediche adeguate e per scarsa igiene). Tuttavia, affermare che gli Stati Uniti siano in assoluto migliori della Russia o della Cina è una distorsione della verità, perché in ogni caso anche negli Stati Uniti si hanno dati relativi alle condizioni carcerarie che fanno rabbrividire. Per esempio si stima che migliaia di uomini e donne vengano stuprati ogni anno nelle carceri americane. Riguardo alle violenze fra prigionieri, nella sola California ci sono state, nel 2001, 11.527 aggressioni, di cui 13 con conseguenze mortali. Secondo un rapporto del 2002, i detenuti in isolamento totale negli Stati Uniti sono 20.000, molti dei quali segregati in condizioni estreme per mesi o per anni. (Grazia)
8) UN’ALTRA ESONERAZIONE IN NORTH CAROLINA RIPROPONE LA MORATORIA
Il 18 febbraio Alan Gell - condannato a morte nel 1998 - è stato riconosciuto innocente. Gell è stato prosciolto in North Carolina meno di due settimane dopo l’esonerazione di Darryl Hunt, nero accusato ingiustamente dello stupro e dell’uccisione di una donna bianca (v. nn. 114 e 115).
Il processo originario di Gell era stato annullato da un giudice il quale aveva riconosciuto che l’accusa - sostenuta da due collaboratori di Mike Easley, allora ministro della Giustizia, attuale Governatore - nascose numerose prove di innocenza dell’imputato. Tuttavia lo stato, dopo aver tentato in tutti i modi di opporsi all’annullamento del processo, si era rifiutato di liberare Gell è aveva cercato di farlo condannare, questa volta al carcere a vita, nel secondo processo al termine del quale egli è stato invece riconosciuto totalmente innocente.
Nel processo originario l’accusa era riuscita ad ottenere una sentenza di morte per Alan Gell in base alla testimonianza concordata – come si poteva arguire da intercettazioni telefoniche in possesso della medesima accusa - tra due giovanissime delinquenti, pretese complici. Costoro affermarono che Gell aveva ucciso tale Allan Ray Jenkins il 3 aprile del 1995. L’accusa aveva a suo tempo tenute nascoste anche sei testimonianze di persone che affermavano di aver visto ancora viva la vittima dopo il 3 aprile, in un periodo in cui Gell era fuori dalla North Carolina e poi in prigione per furto d’auto (dove rimase fin oltre il 14 aprile, data in cui fu trovato il corpo di Jenkins). Durante il secondo processo, tre esperti hanno testimoniato che i risultati degli esami eseguiti sul cadavere di Jenkins escludevano che egli fosse già deceduto 11 giorni prima del ritrovamento.
Le quindicenni Crystal Morris e Shanna Hall, pretese complici di Alan Gell, effettivamente implicate nell’uccisione di Jenkins, avevano a suo tempo concordato con l’accusa di testimoniare contro Gell in cambio di una condanna, per omicidio di secondo grado, a soli 10 anni di prigione.
Alan Gell, che ora ha 28 anni, è stato immediatamente liberato nell’aula del tribunale dopo la lettura della sentenza di assoluzione. Non ha voluto commentare il comportamento dell’accusa. Ha abbracciato gli avvocati e la madre singhiozzante e ha dichiarato: “Vado a casa, dove dovrei essere da parecchi anni.”
Oltre a quello di Gell, nel corso di 6 anni, sono stati annullati in North Carolina altri 4 processi capitali in cui gli avvocati dell’accusa occultarono delle prove. Questi casi hanno dato origine ad una campagna di stampa che chiede di porre i pubblici accusatori sotto… accusa per la loro condotta contraria all’etica processuale.
Le due esonerazioni verificatasi quest’anno in un breve lasso di tempo, un periodo nel quale Corte Suprema della North Carolina ha anche annullato altre due sentenze capitali, rendono probabile la ripresentazione di una legge per la moratoria delle esecuzioni capitali che era già stata approvata l’anno scorso al Senato ma che era stata lasciata cadere alla Camera.
9) RESPINTO IL RICORSO DI THOMAS MILLER-EL
Il nero Thomas Miller-El fu condannato a morte nel 1986 a Dallas nel Texas in un clima di forte pregiudizio razziale. Lo ha riconosciuto anche la Corte Suprema federale che ha sospeso l’esecuzione del condannato nel febbraio 2002 e, un anno dopo – con una votazione di 8 contro 1 - ha ordinato alla Corte d’Appello federale del Quinto Circuito di riesaminarne il caso (v. nn. 93, 94, 101, 105). Questa famigerata Corte d’Appello, dopo aver ben riflettuto, il 26 febbraio scorso ha respinto il ricorso di Thomas. Senza escludere un possibile comportamento razzista dell’accusa, la Corte si è limitata a usare ‘deferenza’ nei riguardi delle corti inferiori che avevano respinto i ricorsi di Thomas (ha sentenziato che ‘il ricorrente non era riuscito a portare prove chiare e convincenti che le corti inferiori avevano errato nel sentenziare che non vi fu un intenzionale comportamento discriminatorio dell’accusa nell’escludere giurati di colore durante la formazione della giuria’.)
Gli avvocati difensori di Thomas Miller-El – che si dichiara innocente - hanno reso noto il proposito di riportare davanti alla Corte Suprema questo caso, ormai famoso, che ha assunto, sia per i sostenitori di Thomas che per i suoi avversari, anche un significato politico. E’ probabile che venga comunque fissata di nuovo la data di esecuzione del condannato. Sarebbe l’undicesina. Potrebbe essere l’ultima.
10) COMMUTAZIONE DISPOSTA DAL GOVERNATORE DOPO 81 ESECUZIONI
L’attuale governatore Rick Perry aveva lasciato sperare in una revisione del sistema della pena di morte del Texas dopo le 152 esecuzioni avvenute sotto il governatorato di George W. Bush. Il predecessore non aveva risparmiato minorati, malati mentali, minorenni all’epoca del crimine e probabili innocenti. Per alcuni mesi dopo il suo insediamento avvenuto all’inizio del 2001, Perry aveva lasciato credere di essere favorevole a importanti provvedimenti legislativi che dovevano, almeno, rendere più giusto e prudente l’uso della pena di morte nel suo stato. Purtroppo molto presto il nuovo governatore si lasciò convincere dai peggiori conservatori ad opporsi ad ogni innovazione e – come Bush, se non peggio di lui – ha lasciato fluire senza opporsi una serie di 81 esecuzioni nell’arco di tre anni.
L’ 11 marzo ha pertanto sorpreso gli osservatori la commutazione, nella massima pena detentiva, della condanna a morte di Robert Smith, del quale era stato ampiamente dimostrato un sensibile ritardo mentale. Per la verità il Governatore è stato costretto ad intervenire, dopo essersi fatto raccomandare la commutazione dalla Commissione per le Grazie, dal riconoscimento del ritardo mentale da parte dello stesso Chuck Rosenthal, famigerato Procuratore distrettuale della contea di Harris. Infatti una famosa sentenza della Corte Suprema federale del giungo 2002 proibisce la pena capitale per i ritardati mentali.
D’altro canto anche Bush – a fronte di 152 esecuzioni – aveva concesso UNA grazia (ad un detenuto che si trovava fuori dallo stato quando avvenne in Texas l’omicidio per cui ricevette la pena capitale). Tale commutazione servì egregiamente a George W. Bush per fregiarsi dell’appellativo di ‘conservatore compassionevole’ e per rintuzzare le critiche degli abolizionisti.
11) IL GOVERNATORE PERRY IN ITALIA PER AFFARI E VACANZA
Il Governatore del Texas, Rick Perry, è un efficiente servitore della pena di morte in uno stato che ‘giustizia’ lo stesso numero di persone pro capite della Cina comunista, compresi molti minorenni all’epoca del crimine (cosa che la Cina non fa). Bene, la crema del mondo degli affari e alcuni politici hanno avuto il piacere di ospitare in Italia l’Hon. Perry e la sua famiglia, per una settimana a partire da sabato 13 marzo.
La visita di Perry è stata tenuta pressoché segreta forse temendo qualche contestazione degli abolizionisti che avrebbe potuto turbare la bella festa. Dobbiamo tuttavia ricordare che il Governo italiano è tenuto, per fedeltà alle richieste del nostro Parlamento e ai vincoli europei, a porre il problema della pena di morte negli incontri internazionali, anche bilaterali. Si dirà che la visita di Perry non era un evento ufficiale. E’ vero, ma gli interlocutori del governatore del Texas dovrebbero avere anche una coscienza privata e personale.
La Sezione Italiana di Amnesty International ha colto l’occasione per sollevare almeno lo scottante problema della pena di morte minorile, in un lettera che il presidente Marco Bertotto ha spedito a Rick Perry, fermo posta all’Ambasciata Americana.
12) UOMINI DEL PRESIDENTE
Superando con un espediente l’ostruzionismo dei Democratici al Senato, il 20 febbraio il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha imposto la nomina di William Pryor, Ministro della Giustizia dell’Alabama, a Giudice nella Corte d’Appello federale dell’Undicesimo Circuito. E’ la seconda volta che il Presidente degli Stati Uniti evita di passare per l’approvazione del Senato nel piazzare in posti di alta responsabilità giudiziaria uomini a lui graditi. Un mese prima aveva ottenuto l’insediamento del giudice Charles Pickering nella famigerata Corte di Appello federale del Quinto circuito.
George Bush ha utilizzato una norma che consente al Presidente di confermare un giudice da lui nominato senza la prescritta ratifica del Senato nei periodi di recesso del Senato stesso. Anche se la sua mossa è perfettamente legale, l’opposizione ne ha stigmatizzato la scorrettezza politica.
“Una minoranza di senatori democratici fino ad ora ha usato pratiche ostruzionistiche senza precedenti per impedire che egli ed altri qualificati giudici ricevessero la conferma del Senato.” Ha invece dichiarato Bush. “Le loro tattiche sono incompatibili con la responsabilità costituzionale del Senato e offendono il nostro sistema giudiziario”.
In precedenza – nonostante la conquista da parte dei Repubblicani della maggioranza al Senato nelle elezioni di medio termine del 2002 – l’ostruzionismo dei senatori democratici era riuscito a bloccare le nomine dei giudici ultra conservatori Priscilla Owen, Miguel Estrada, Carolyn Kuhl e Janice Rogers Brown, oltre che dello stesso Pryor e di Charles Pickering.
Bush ha la massima stima di Pryor, che si distingue nella schiera degli ultra conservatori. Bush sostiene che Pryor sia persona irreprensibile, “fior fiore fra gli avvocati d’America”. Pare invece, secondo quanto affermato dall’opposizione, che egli non sia del tutto immacolato: si dice sia stato coinvolto in alcuni scandali nel favorire industrie della manifattura del tabacco durante la sua campagna di raccolta fondi.
Le corti federali hanno, fra gli altri, il compito di decidere la sorte dei condannati a morte al termine del procedimento giudiziario, quando si tratta di verificare se i casi capitali sono stati trattati con giustizia e imparzialità a livello statale. E’ evidente che, visto lo spaventoso attaccamento alla pena di morte da parte di Bush, e visto che a Bush, e solo a lui, Pryor deve la sua nomina (che naturalmente gli frutterà onori e un’ottima remunerazione), egli sarà tra i giudici che si guarderanno bene dal frustrare il palese desiderio di esecuzioni del suo amato presidente.
Per quanto riguarda Pryor, egli può metterci molto del suo. E’ nota infatti la sua propensione ad accelerare le esecuzioni in Alabama. Ed anche la sua opposizione alle due ultime sentenze della Corte Suprema federale in materia di pena capitale: quella che vieta la pena di morte per i ritardati mentali e quella che richiede che siano le giurie e non i giudici ad imporre le sentenze di morte. Egli è anche un fautore della pena di morte per i minorenni.
Bush e i suoi colleghi di governo da tempo dichiarano apertamente di perseguire un rafforzamento dell’influenza della Casa Bianca, piazzando uomini di accertata ‘fedeltà’ nei gangli vitali del potere federale (v. art.: " ‘Buoni conservatori’ o persone ottuse e pericolose?” nel n. 95).
L’Attuale amministrazione federale tesse i suoi piani contando in primo luogo sulla riconferma nelle prossime elezioni presidenziali. A noi non rimane che sperare nella vittoria del principale avversario di Bush, il democratico John Kerry, il quale, pur non essendo fino in fondo un convinto abolizionista, potrebbe portare una ventata innovativa in questo “Jurassic Park” rappresentato dalla corte di George W. Bush. Tuttavia non sarà facile per Kerry, anche per le immense risorse economiche che i Repubblicani di Bush stanno accantonando per la campagna elettorale. (Grazia)
13) GIORDANIA: DOPPIA IMPICCAGIONE DI UNA DONNA
Molto spesso le notizie più agghiaccianti che riguardano la pena di morte si nascondono in trafiletti o brevi note di agenzia. Specie quando si riferiscono a paesi poveri scarsamente illuminati dai riflettori dei media. Da una dozzina di righe diffuse dell’Associated Press il 3 marzo appendiamo che “oggi una donna giordana condannata per l’assassinio di due bambini è stata impiccata per la seconda volta dopo che al primo tentativo la corda si era spezzata a causa del peso della donna. […] I’tisan Hussein di 21 anni è precipitata in terra quando si è spezzata la corda ma non si è rotta nessun osso, ha detto una delle guardie che partecipava all’esecuzione. Era spaventata e in preda al panico ma non le fu dato alcun sedativo. […] Il cappio è stato cambiato ed entro un’ora si è proceduto ad una nuova impiccagione, dopo un intervallo nel quale le guardie hanno tentato di calmarla.” Prima di chiudere, l’A. P. ricorda un altro ‘incidente’, avvenuto nel 1997 in Giordania: la testa di una donna sottoposta ad impiccagione si staccò dal busto.
14) GLI ULTIMI 11 MINUTI DI MARCUS COTTON
Lo stato del Texas, con precisione tedesca, registra in appositi moduli lo svolgimento delle esecuzioni capitali. Ecco alcune annotazioni scritte per Marcus Cotton, regolarmente ‘giustiziato’ ad Huntsville il 3 marzo. “Prelevato dalla cella di attesa: 6:02 p. m. – Legato al lettino: 6:03 – La soluzione fluisce: 6:04 – Ultima dichiarazione: 6:06 (l’ultima dichiarazione viene registrata, poi trascritta e pubblicata in Internet) – Inizio della somministrazione della dose letale: 6:07 – Completamento della dose letale: 6:10 – Pronunciato morto: 6:13” L’ultimo spazio intitolato ‘Fatti straordinari’ risulta vuoto. In effetti, come la maggior parte delle 321 esecuzioni portate a temine in Texas dal 1982 in poi, quella di Cotton ha rispettato con precisione nei tempi e nei modi il rituale. Dal suo ultimo pasto al suo ultimo ‘gasp’ il ventinovenne Cotton ha lasciato questo mondo senza fare notizia.
15) LUCIDA DESCRIZIONE DI UN’AUTENTICA TORTURA
Kevin Cooper, condannato a morte in California, di cui abbiamo parlato nel numero precedente, il 9 febbraio scorso ha ricevuto una sospensione poche ore prima dell’esecuzione. Tornato nella sua cella abituale, egli ha scritto una relazione lucida e dettagliata della procedura preliminare al suo omicidio legalizzato. E’ un’esperienza che costituisce già di per sé un’autentica tortura. Desidero condividere con i nostri lettori le parole di Kevin, riportando qui di seguito il suo scritto:
“Lunedì 9 febbraio 2004, poco dopo le 18 e 15, il Rev. Jesse Jackson recitò una preghiera per me e per i miei visitatori all’interno della sala delle visite qui nel Carcere di San Quentin. Poi lui, la mia assistente spirituale e i miei amici ricevettero l’ordine di andarsene, cosa che fecero.
Mi scortarono al fondo della sala delle visite e fui condotto in un corridoio su cui si affacciavano delle celle. Fui collocato in una di esse, mi tolsero le manette e mi fu detto di svestirmi, cosa che feci. Fui perquisito nudo e poi mi fu data una divisa del carcere nuova di zecca, mi fu ordinato di indossarla e obbedii. Poi fui nuovamente ammanettato e portato via da quella cella. Fui consegnato ad un altro gruppo di guardie. Fui circondato da sei guardie e scortato nella stanza d’attesa della camera della morte. In precedenza, mentre mi trovavo ancora nella sala delle visite, le guardie mi avevano detto che la Corte d’Appello del Nono Circuito aveva concesso una sospensione, ma che fino a quando non avessero avuto notizie dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sulla conferma o meno della sospensione, la prigione avrebbe proceduto con l’esecuzione come se non vi fosse alcuna sospensione. Quando giunsi fuori dalla stanza d’attesa della camera della morte, la porta era aperta, e mi fu detto di entrare, cosa che feci. Mi dissero di mettermi con la schiena contro il muro mentre venivo circondato da una nuova squadra di guardie. Erano le guardie incaricate dell’esecuzione. Erano circa in otto. Il capo della squadra mi si piantò vicinissimo e mi chiese se ci sarebbero stati problemi quando mi avrebbero tolto le manette. Risposi di no guardandolo dritto negli occhi, e mi tolsero le manette. Mi chiesero di nuovo di spogliarmi, lo feci, e fui nuovamente perquisito nudo. Questa volta usarono una torcia elettrica per illuminarmi la bocca e l’ano mentre mi perquisivano! La stanza in cui mi trovavo era freddissima: la temperatura doveva essere inferiore a dieci gradi. Rimasi scalzo su quel pavimento gelato circondato da quelle guardie mentre mi perquisivano da capo a piedi. Poi mi diedero altri vestiti, questi erano gli abiti nei quali avrei dovuto essere giustiziato. Fui messo in un’altra cella che misurava la metà di una cella normale. Vi erano soltanto un cesso, un materasso e un cuscino. Rimasi lì al freddo aspettando che la mia assistente spirituale venisse a pregare con me e per me. Sempre senza sapere che cosa avrebbe deciso la Corte Suprema degli Stati Uniti. Dopo circa mezz’ora arrivò l’assistente spirituale. La misero in una cella vicino alla mia. Era sulla mia destra, ma ad una tale angolazione che era difficile vederla attraverso le sbarre della cella, comunque ci riuscii. Mi chiesero se volevo un ultimo pasto e rifiutai, mi chiesero se volevo dell’acqua e rifiutai. Mi chiesero se avevo un’ultima dichiarazione e dissi di no. Controllarono ancora una volta le mie braccia per essere sicuri di trovare le vene. Intanto le guardie passavano davanti alla cella con manciate di batuffoli di cotone e tamponi di garza con alcol e altri articoli assortiti necessari per il mio assassinio, per l’esecuzione che dovevano compiere! La mia assistente spirituale fece un ottimo lavoro per tenere la mia mente concentrata e mentre leggeva il telefono squillò. Era la mia avvocatessa che voleva farmi sapere che mi era vicina spiritualmente e che, non appena le fosse stato comunicato qualcosa dalla Corte Suprema, avrebbe richiamato per dirmelo. Ero entrato nella sala d’attesa della camera della morte alle 18 e 15 circa e alle 20 e15 circa il telefono suonò di nuovo ed era di nuovo l’avvocatessa. Mi disse che la Corte Suprema non aveva dato ascolto alla petizione dell’accusa. Avevano rifiutato la richiesta dello stato e la sospensione era confermata!!! Persino prima di comunicare la notizia alla mia assistente spirituale, dissi alle guardie che non intendevo mancare loro di rispetto dicendo loro ciò che stavo per dire: che non avrebbero svolto il loro compito quella sera! Poi informai la mia assistente spirituale e con lei pregammo! Sono arrivato a 3 ore e 45 minuti dall’assassinio da parte dello stato della California! Sto riprendendomi adesso dal rituale di morte creato dall’uomo che ho sperimentato su di me. Non sarò mai più lo stesso! Sto solo rafforzandomi e divenendo più determinato a compiere la mia parte per distruggere l’orgoglio e la gioia dei governanti degli Stati Uniti: il loro sistema di pena capitale! Con voi nella lotta dal Braccio della Morte, Kevin Cooper”
Penso che non vi siano commenti da aggiungere a un simile resoconto, ma solo propositi di unirci a Kevin per porre fine a queste torture! (Grazia)
16) INDAGINE FORENSE SULL’ORRENDO GENOCIDIO COMPIUTO DAI KHMER ROSSI
Tra il 1975 e il 1979 il regime di Pol Pot fece morire un gran numero di Cambogiani (probabilmente 1 milione e 700.000, più di un quarto dell’intera popolazione) di stenti ed esecuzioni di massa, compiute, per risparmiare le munizioni, solo in una minoranza di casi con armi da fuoco. I colpi di macete e di zappa, che provocavano orribili sofferenze alle vittime moribonde, sono ora visibili in un campionario di teschi messo insieme dai ricercatori impegnati in un’indagine forense finanziata dal governo americano. Gli Stati Uniti con una modesta iniziativa da 50 mila dollari vogliono ora aiutare a far luce su un evento mostruoso che la loro politica nell’area indocinese contribuì indubbiamente a scatenare.
Il 26 febbraio 10 teschi che esemplificano i vari metodi di esecuzione sono stati esposti nel Museo del Genocidio a Phnom Penh situato in una scuola elementare in cui furono ‘interrogati’ con un sadismo incredibile più di 16 mila ‘nemici’ prima di essere eliminati.
Si tratta dei resti di 9 maschi e di una femmina, di età compresa tra i 20 e i 55 anni, quattro dei quali presentano fori da armi da fuoco e sei mostrano lesioni orribili prodotte da colpi di oggetti pesanti o macete.
Fino ad ora nessuno degli esponenti del regime dei Khmer rossi è stato sottoposto ad un processo. L’ex presidente Pol Pot è morto di morte naturale nella giungla nel 1998, ancora a capo di un miserando piccolo governo (alcuni mesi prima di morire aveva anche fatto sterminare 11 persone tra i suoi ‘ministri’ e i loro familiari). Altri esponenti Khmer, ancora in vita dopo alterne vicende ‘politiche’, sono liberi. Lunghe trattative tra l’ONU e la Cambogia potrebbero portare in un futuro più o meno prossimo ad una resa di conti davanti ad un tribunale internazionale per alcuni di essi.
17) RICHIESTE DI CORRISPONDENZA
Kevin, detenuto del braccio della morte del Texas, cerca amici di penna. E’ nero ed ha 22 anni. E’ arrivato da pochi mesi alla Polunsky Unit. E’ cresciuto senza famiglia nella più grande solitudine ora accentuata dal fatto che deve stare rinchiuso in cella da solo per 23 ore al giorno. Ha una figlia di 3 anni che non può più vedere e questo gli fa molto male.
Mr. Kevin Watts # 999456
Polunsky Unit
3872 FM 350 South
LIVINGSTON, TX 77351 USA
Geronimo Ibanez, non condannato a morte, detenuto in un carcere del Texas, ha 49 anni ed è molto solo. E’ stato completamente abbandonato dalla moglie e dai figli. Deve scontare almeno altri 18 anni di prigione. Si esprime, in lingua spagnola, con una certa difficoltà. Chiede di corrispondere con una persona preferibilmente della sua stessa età che possa ‘compatire le sue pene’.
Mr. Geronimo Ibanez # 487820
3001 S. Emily
BEEVILLE, TX 78102 USA
18) NOTIZIARIO
Filippine. Annullato il processo originario dei due che la Presidente voleva far giustiziare. La Corte Suprema delle Filippine ha ordinato un nuovo processo per due condannati che la Presidente Arroyo voleva lasciar ‘giustiziare’ il 30 gennaio dopo aver interrotto la moratoria delle esecuzioni. Gli avvocati di Negrense Roberto Lara e di Roderick Licayan hanno presentato nuove prove che suggeriscono che i due possano essere innocenti del rapimento e dell’uccisione di un influente commerciante di etnia cinese.
Filippine. Triplice condanna a morte per uno stupratore. Il 2 marzo si è appreso nelle Filippine che Nemesio Puntujan è stato condannato a morte tre volte per aver abusato di una nipote diciottenne in tre occasioni, precisamente il 15 e il 28 gennaio 1998 e il 6 febbraio di quell’anno. Lo zio, che ricorrerà in appello, si dichiara innocente e avanza un alibi ma la nipote dice di essere stata anche minacciata con un coltello.
Iraq. Morto Abu Abbas prigioniero in incommunicado degli Americani. Amnesty International e le altre organizzazioni per i diritti umani dovrebbero chiedere un’inchiesta internazionale che accerti le cause della morte del palestinese Abu Abbas, responsabile del sequestro della nave da crociera ‘Achille Lauro’ nel 1985. Abbas è morto l’8 marzo scorso all’età di 55 anni mentre era detenuto e sotto interrogatorio da parte degli Americani in una prigione imprecisata dell’Iraq. Aveva moglie cinque figli.
Michigan. Tentativo di ripristinare la pena capitale. Il Michigan abolì la pena di morte il 1° marzo 1847 ed è pertanto nel mondo uno dei primi stati abolizionisti. Attualmente diversi movimenti ‘per le vittime del crimine’ e alcuni parlamentari stanno tentando insistentemente di far approvare una modifica costituzionale che permetta di ripristinare la pena capitale per i rei di omicidio di primo grado la cui colpa sia stata stabilita con ‘certezza morale’. L’opinione pubblica sarebbe moderatamente favorevole alla reintroduzione della pena di morte. E’ richiesta una maggioranza qualificata dei 2/3 al Senato e alla Camera per indire un referendum popolare in proposito. Ben difficilmente il tentativo potrà riuscire, come è avvenuto per simili tentativi in passato.
Sudan. Condanna alla lapidazione per adulterio. Da un’azione urgente di Amnesty International del 19 febbraio apprendiamo che Alakor Lual Deng, una donna sudanese di circa 30 anni che ha cinque figli, è stata condannata a morte per adulterio nel 2003 in un processo ingiusto. La sua condanna è ora in appello presso la Corte Suprema del Sudan. Si può firmare una petizione per Alakor all’indirizzo:
www.amnesty.it/campaign/maipiuviolenzasulledonne/appelli/ua_70_04_sudan.php3
Tennessee. Parlamentare chiede la sospensione dell’esecuzione di Workman e di altri 37. Joe Towns, parlamentare del Tennessee, ha chiesto al Governatore Phil Bredesen di bloccare le esecuzioni di Philip Workman e degli altri 37 condannati a morte per i quali il dott. O. C. Smith – ora sotto processo con l’accusa di aver simulato un’aggressione - rese una testimonianza accusatoria (v. n. 115). Il Governatore ha risposto che non se ne parla: eventuali sospensioni dovranno essere richieste caso per caso dai rispettivi avvocati difensori. La prossima udienza del processo contro il dott. Smith si terrà il 22 aprile.
Texas. Annullata la condanna a morte di Delma Banks. La Corte Suprema federale, che aveva sospeso con pochi minuti d’anticipo l’esecuzione del condannato il 12 marzo 2003 (v. n. 105), ha fatto sapere il 24 febbraio di aver deciso (7 contro 2) di annullare la condanna a morte di Delma Banks per le gravi scorrettezze dell’accusa durante il processo che si tenne in Texas 23 anni fa. Ora la parola ritorna alla Corte d’Appello federale del Quinto Circuito la quale dovrà decidere se annullare tutto il processo a solo l’inflizione della pena di morte. L’accusatore James Elliott ha fatto sapere di essere decisissimo, se ne avrà la possibilità, a riprocessare Banks ed ottenere di nuovo la pena di morte. Delma Banks ha avuto 16 date di esecuzione in 23 anni di prigionia nel braccio della morte.
Utah. Per risparmiare niente esecuzioni di domenica e lunedì. Il governatore dello Utah, Olene Walker, con la sua firma ha mandato in vigore a metà marzo una legge – approvata dal Parlamento il 19 febbraio - che vieta le esecuzioni capitali di domenica, di lunedì e nei giorni festivi. Ciò per risparmiare i 45 mila dollari di straordinari festivi che comporterebbe l’impiego del personale addetto in queste giornate. L’esclusione del lunedì è motivata dal fatto che nel giorno precedente un’esecuzione è richiesta un’intera giornata di lavoro preparatorio.
Utah. Messa fuori legge l’esecuzione per fucilazione. Alcuni nostalgici hanno accolto con rincrescimento la legge, firmata dal Governatore dello Utah, Walker, il 15 marzo, che elimina la possibilità di uccidere un condannato a morte con la fucilazione. Proprio con la fucilazione nello Utah del ‘volontario’ Gary Gilmore era cominciata il 17 gennaio 1977 la nuova era della pena capitale negli USA dopo una moratoria di fatto di dieci anni in cui la pena di morte era anche stata dichiarata incostituzionale (29 giugno1972). La legge che prevede come unico metodo di esecuzione l’iniezione letale, lascia la possibilità, a quattro condannati che avevano già optato per la fucilazione, di essere accontentati.
Virginia. Pronunciate formalmente le sentenze per i due cecchini. Come abbiamo ampiamente riferito nei numeri precedenti, i cecchini Muhammad e Malvo che uccisero insensatamente 10 persone nell’ottobre del 2002, sono stati riconosciuti colpevoli di reato capitale. Per John Allen Muhammad la giuria in novembre ha proposto la pena di morte, mentre Lee Boyd Malvo, che era minorenne all’epoca dei fatti, ha avuto in dicembre una condanna al carcere a vita senza possibilità di uscire sulla parola. Tali sentenze sono state formalmente pronunciate da un giudice, secondo la legge della Virginia, rispettivamente il 9 e il 10 marzo. Sentenziando per Muhammad, il Giudice LeRoy F. Millette ha dichiarato: “Ritengo che nei casi capitali, più che in ogni altra questione giudiziaria, la giuria rifletta la coscienza della comunità.” Ed ha fissato la data di esecuzione per il 14 ottobre. La sequenza degli appelli in Virginia dura circa 5 anni e il condannato potrà ottenere una serie di rinvii. Per ora le richieste di sottoporre i due cecchini ad ulteriori processi, sia in Virginia che in altri stati, non hanno avuto seguito.
Zambia. Il presidente commuta 44 condanne a morte. Il presidente dello Zambia Levy Mwanawasa il 27 febbraio ha commutato le sentenze capitali di 44 militari condannati all’impiccagione per un tentativo di colpo di stato avvenuto nel 1997. Mwanawasa, contrario alla pena capitale, si è proposto di evitare ogni esecuzione in Zambia in attesa dell’abolizione della pena di morte, abolizione fortemente sollecitata dalla chiesa cattolica. Dall’avvento della democrazia nel 1999, in Zambia non si registrano esecuzioni capitali.
Questo numero è stato chiuso il 17 marzo 2004