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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 299  -  Ottobre 2022

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Foto di Benjamin Cole diffusa dal Dipartimento Carcerario dell'Oklahoma

SOMMARIO:

1) Messo a morte in Oklahoma Benjamin Cole gravemente malato di mente

2) John Ramirez muore in Texas assistito dal suo pastore

3) Uccise l'amica per strapparle il figlio dal grembo, condannata a morte in Texas

4) Alan Miller chiede di vietare all’Alabama il secondo tentativo di giustiziarlo

5) In aumento le esecuzioni capitali in Iran

6) Giornata mondiale contro la pena di morte

1) MESSO A MORTE IN OKLAHOMA BENJAMIN COLE GRAVEMENTE MALATO DI MENTE

 

Il 20 ottobre u. s. è stato messo a morte in Oklahoma Benjamin Cole, accusato di aver ucciso la sua figlioletta Brianna di 9 mesi nel 2002. Gli avvocati di Cole hanno invano fatto presente che era gravemente malato di mente e aveva una lesione al cervello.

 

L’Oklahoma ha giustiziato Benjamin Cole la mattina di giovedì 20 ottobre, nonostante il fatto che i suoi avvocati avessero affermato che era gravemente malato di mente.

Cole è stato dichiarato morto alle 10:22’ del mattino nel Penitenziario Statale dell'Oklahoma situato nella città di McAlester. È stato il sesto detenuto dell'Oklahoma a essere messo a morte da quando lo Stato nell'ottobre 2021 ha ripreso le esecuzioni.

Cole ha pronunciato una preghiera di due minuti, a tratti sconclusionata, mentre era legato alla barella.

“Scegliete Gesù finché siete in tempo”, ha detto.

Il primo dei tre farmaci letali ha iniziato a essere somministrato alle 10:06’. Cole è stato dichiarato incosciente alle 10:12’. Lo si poteva sentire russare all'interno della camera della morte.

I funzionari del carcere hanno reso noto che l'esecuzione di Cole è stata portata a termine senza complicazioni.

Gli avvocati di Cole non contestarono il fatto che lui avesse ucciso nel 2002 la figlia neonata, Brianna Cole, di 9 mesi, piegandola con la forza all'indietro, rompendole la spina dorsale e lacerandole l’aorta. Ma sostenevano che Cole era gravemente malato di mente e che aveva una lesione al cervello, peggiorata negli anni.

Gli avvocati di Cole hanno dichiarato il mese scorso alla Commissione per le Grazie e la libertà Vigilata dell’Oklahoma che Cole rifiutava le cure mediche e ignorava l'igiene personale, accumulando cibo e vivendo in una cella buia senza comunicare con il personale o con i compagni di detenzione.

“Man mano che la salute fisica si deteriorava insieme alla sua mente, Benjamin si è progressivamente distaccato dalla realtà, rifiutandosi di lasciare la cella, muovendosi poco e con difficoltà e parlando raramente con qualcuno”, ha dichiarato l'avvocato di Cole, Tom Hird, dopo l'esecuzione.

“È inconcepibile che lo Stato abbia negato a Benjamin un accertamento della sua sanità mentale. Benjamin non aveva una comprensione razionale del motivo per cui oggi l'Oklahoma gli ha tolto la vita. Mentre l'Oklahoma procede con la sua marcia inesorabile verso l'esecuzione, uno dopo l’altro, di uomini malati di mente e traumatizzati, noi dovremmo fermarci per chiederci se questo è davvero ciò che siamo e ciò che vogliamo essere”.

La Commissione per le Grazie ha votato 4-1 per negare la grazia e all'inizio del mese un giudice distrettuale ha stabilito che Cole era in grado di essere giustiziato. Due appelli dell’ultimo minuto presentati alla Corte Suprema degli Stati Uniti per fermare l’esecuzione sono stati respinti, uno mercoledì e l’altro giovedì mattina.

Due membri della famiglia di Brianna Cole, la zia materna Donna Daniel e lo zio Bryan Young, che hanno assistito all'esecuzione, si sono detti dispiaciuti del fatto che ci siano voluti più di 20 anni per l'esecuzione di Cole.

“Vent’anni?”, ha detto Bryan Young. “Non dovremmo aspettare 20 anni per avere giustizia per una bambina di 9 mesi”.

Daniel e Young hanno detto che il discorso di due minuti di Cole dimostrava che era più in sé di quanto avesse lasciato intendere.

“Ha dimostrato che ha sempre finto”, ha detto Daniel.

In un altro caso, mercoledì, una corte d'appello federale ha confermato la sentenza emessa all'inizio di quest'anno da un tribunale di grado inferiore che riteneva costituzionale il protocollo di esecuzione dell'Oklahoma. Cole era tra le oltre due dozzine di detenuti del braccio della morte che hanno intentato causa, citando, tra l'altro, una serie di problemi nella camera della morte, tra cui un'esecuzione sbagliata nel 2014.

“I precedenti problemi dell'Oklahoma nella camera di esecuzione non sono sufficienti a dimostrare il rischio che insorgano problemi simili in futuro”, si legge nel parere della Corte d'Appello del 10° Circuito degli Stati Uniti.

Oltre alla schizofrenia paranoide, Cole aveva una lesione cerebrale, che era cresciuta di dimensioni e aveva colpito la parte del cervello che si occupa della risoluzione dei problemi, del movimento e dell'interazione sociale, hanno detto i suoi avvocati.

Gli avvocati dello Stato e i membri della famiglia della vittima hanno detto alla Commissione per le Grazie che i sintomi di malattia mentale di Cole erano esagerati e che questi meritava l’esecuzione data la natura brutale dell'omicidio della bimba.

L'assistente del procuratore generale Tessa Henry ha detto che Cole ha ucciso la figlia perché era infuriato per il fatto che il suo pianto dalla culla aveva interrotto la sua partita a un videogioco.

“Non è un malato mentale grave”, ha detto un altro accusatore, Ashley Willis. “Non c'è nulla nella Costituzione o nella giurisprudenza che impedisca la sua esecuzione”.

Gli accusatori hanno fatto notare che la neonata presentava numerose ferite compatibili con una storia di abusi e che Cole era stato in prigione in California per aver maltrattato un altro bambino.

Il Procuratore Generale dell'Oklahoma, John O'Connor, ha affermato in una dichiarazione prima dell'esecuzione di essere sicuro che Cole fosse sufficientemente competente per essere giustiziato.

“Sebbene i suoi avvocati sostengano che Cole sia malato di mente fino alla catatonia, egli ha collaborato pienamente con una valutazione mentale nel luglio di quest'anno”, ha detto O'Connor. Il perito, che non era stato assunto da Cole o dallo Stato, ha ritenuto che Cole fosse in grado di essere giustiziato e che “il signor Cole non mostra attualmente alcun segno sostanziale e manifesto di malattia mentale, compromissione intellettuale e/o compromissione neuro cognitiva”.

Cole è il 12° condannato ad essere messo a morte quest'anno negli Stati Uniti e il 1.552° in totale da quando, il 2 luglio 1976, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, con la sentenza Gregg v. Georgia, che gli Stati potevano riprendere la pena capitale dopo una moratoria di 4 anni iniziata nel giugno 1972. (Pupa)

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2) JOHN RAMIREZ MUORE IN TEXAS ASSISTITO DAL SUO PASTORE

 

Il Texas ha somministrato l’iniezione letale a John Ramirez, il cui consigliere spirituale ha avuto infine il permesso di toccarlo e pregare con lui ad alta voce mentre moriva.

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John Henry Ramirez

Il 5 ottobre il Texas ha messo a morte John Henry Ramirez (1), il cui consigliere spirituale, il pastore Dana Moore, è stato autorizzato a pregare ad alta voce e “imporre le mani” su di lui mentre moriva, grazie ad una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha aperto nuove linee guida nel suo caso e in casi simili nelle carceri di tutto il Paese.

È stata la prima e unica volta che Ramirez e Moore hanno potuto venire a contatto fisico, perché, nei 5 anni della loro amicizia, le visite di Moore al condannato sono sempre avvenute attraverso il vetro di separazione e parlando attraverso un telefono.

Dana Moore avrebbe voluto ottenere una commutazione della condanna di Ramirez, che nel corso degli anni si era completamente redento. “La nostra società sarebbe migliore se fosse consentito a John di vivere”, ha dichiarato Moore nelle settimane precedenti l’esecuzione. Ha aggiunto che Ramirez avrebbe volentieri trascorso il resto della vita in carcere, diventando un assistente spirituale ‘sul campo’, lavorando dietro le sbarre per confortare gli altri detenuti. “Non sarebbe questa una cosa assai migliore che ucciderlo? Se sarà messo a morte il 5 ottobre, siamo proprio convinti che saremo più al sicuro il 6 ottobre?”

Il gruppo evangelico di cui il pastore Moore fa parte consegnò al governatore del Texas, Greg Abbot, una petizione con 15.000 firme per chiedergli di fermare l’esecuzione.

Considerata però l’evenienza che la grazia non venisse concessa, Moore aveva anche preparato un affidavit in cui supplicava di poter restare accanto a Ramirez e toccarlo durante l’esecuzione. Moore ha scritto che questa richiesta non sarebbe stata solo utile per Ramirez, ma per tutti i condannati a morte che desiderano un simile conforto da parte degli assistenti

spirituali: “Riguardo alla libertà religiosa, ciò significa che consideriamo che anche gli ultimi della nostra società, i condannati, hanno dei diritti, e li trattiamo comunque con dignità”.

La grazia è stata negata, e così Ramirez, ora trentottenne, è stato ucciso la sera del 5 ottobre con un'iniezione letale nel carcere statale di Huntsville, per punirlo dell'omicidio nel 2004 di Pablo Castro, impiegato in un minimarket, che Ramirez, insieme a due donne, derubò di $ 1,25 e pugnalò 29 volte, lasciandolo a morire dissanguato sul pavimento. Subito dopo, i 3 rapinatori, che volevano comprarsi della droga, commisero un altro furto e stavano cercando di commetterne un terzo quando furono avvistati dalla polizia. Le donne furono arrestate, mentre Ramirez riuscì a scappare, si rifugiò in Messico, dove si nascose per tre anni, e fu arrestato vicino al confine solo nel 2008.

Il Dipartimento di Giustizia Penale del Texas ha riportato le ultime parole di Ramirez: "Voglio solo dire alla famiglia di Pablo Castro…. Apprezzo tutto ciò che avete fatto per cercare di comunicare con me attraverso il programma di Difesa della Vittima. Ho provato a rispondere, ma non c'è niente che avrei potuto dire o fare che vi avrebbe aiutato.

Ho rimpianto e rimorso; fu atto atroce. Spero che questo vi porti conforto, allora sono felice. Spero che in qualche modo ciò vi aiuti a trovare un termine (al vostro dolore).

A mia moglie, ai miei amici, a mio figlio, a Dana e ai miei familiari: vi amo tutti. Sappiate solo che ho combattuto una battaglia e sono pronto a partire. Sono pronto, Direttore.”

John Henry Ramirez è stato dichiarato morto alle 18:41’, 14 minuti dopo l'inizio dell'iniezione di pentobarbital.

Il Reverendo Dana Moore della Seconda Chiesa Battista del Corpus Domini, che aveva chiesto di “essere in contatto fisico con John Ramirez durante il periodo più stressante e difficile della sua vita, per dargli conforto”, è riuscito a restare con il detenuto finché è morto.

“Il tocco umano ha significato e potere”, aveva scritto Moore in una dichiarazione giurata, a sostegno della richiesta di Ramirez di un pastore che “imponesse le mani" su di lui durante l’esecuzione.

“Io sarò lì per John – Moore aveva recentemente detto alla CNN - potrò vederlo, assisterlo spiritualmente e toccarlo, per dargli una sorta di rassicurazione, una sembianza di pace, la certezza che c’è qualcuno al suo fianco che è lì per lui”. (2)

Dopo l'esecuzione, il figlio di Pablo Castro, Aaron Castro, ha rilasciato una dichiarazione: "…Dio è l'unico giudice, giuria e verdetto alla fine per tutti noi. Chi siamo noi per provare odio, rabbia e desiderio di vendetta? ...”

 

Il caso ha evidenziato le preoccupazioni dello stato per la sicurezza

 

La controversia legale di Ramirez ha messo in evidenza la necessità di un equilibrio tra la richiesta del detenuto di una presenza religiosa al momento della morte, e il desiderio dello stato di garantire sicurezza nella stanza dell’esecuzione.

Ramirez doveva essere giustiziato l'8 settembre 2021. Quando apprese la data, chiese ai funzionari del carcere se Moore potesse essere con lui nella camera dell'esecuzione. Quella richiesta fu inizialmente respinta, ma in seguito i funzionari della prigione cambiarono idea modificando il loro protocollo per consentire l'ingresso di un consigliere spirituale.

Ramirez poi chiese che a Moore fosse permesso di “imporre le mani” su di lui e “pregare per lui”, rituali che egli dichiarò essere parte cruciale dell'osservanza della sua fede. Il Texas respinse la richiesta. Ramirez presentò ricorso, poi intentò causa mentre la sua esecuzione si avvicinava, sostenendo che la negazione avrebbe violato i suoi diritti ai sensi del Primo Emendamento e del Religious Land Use and Institutionalized Persons Act.

Il caso fu portato in appello alla Corte Suprema, che sospese l'esecuzione di Ramirez per poter esaminare la richiesta. Allora Moore era nella prigione, in attesa che iniziasse l’esecuzione.

Una svolta legale si verificò il mese successivo, quando il Procuratore distrettuale della Contea di Nueces presentò una mozione per ritirare la richiesta del suo ufficio della condanna a morte, dichiarando la sua “ferma convinzione che la pena di morte non sia etica”.

Il mese scorso una Corte d'Appello statale ha respinto tale mozione.

Successivamente la maggioranza del Texas Board of Pardons and Paroles decise di non proporre la commutazione della condanna a morte di Ramirez in una pena minore.

(Anna Maria e Grazia)

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(1) In precedenza, l’8 settembre 2021, l’esecuzione di Ramirez, già iniziata, fu sospesa.

(2) Queste sono le stesse motivazioni che inducono il nostro amico Dale Recinella ad assistere spiritualmente i condannati mentre vengono messi a morte in Florida.

3) UCCISE L'AMICA PER STRAPPARLE IL FIGLIO DAL GREMBO, CONDANNATA A MORTE IN TEXAS

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Taylor Parker

L’omicidio avvenne in Texas nell’ottobre del 2020 quando Taylor Parker colpì un’amica con cento coltellate e con una martellata sulla testa. L’intento di Taylor Parker era quello rubare il figlio che l’amica aveva in grembo, per poi crescerlo in segreto come se fosse stato suo.

Una volta compiuto omicidio, la Parker con un bisturi aprì il ventre della vittima e si impossessò del feto. Il feto però morì poco dopo mentre la madre morì dissanguata davanti agli occhi dell’altra figlia di 3 anni.

La Parker - condannata a morte nonostante i tentativi della difesa di farla passare per una persona non in grado di intendere e di volere - è stata descritta dal tribunale che l’ha giudicata come: “una donna malvagia e senza scrupoli.” La madre della vittima, dal canto suo, l’ha definita“Un essere davvero spregevole.”

4) ALAN MILLER CHIEDE DI VIETARE ALL’ALABAMA IL SECONDO TENTATIVO DI GIUSTIZIARLO

 

Il 22 settembre in Alabama fu avviata l’esecuzione di Alan Eugene Miller ma, dopo due ore e mezza di inutili tentativi di ucciderlo con un’iniezione letale, la sua esecuzione fu sospesa. Il 4 ottobre lo stato è tornato alla carica chiedendo di fissare a breve una nuova data di esecuzione per lui.

 

Alan Eugene Miller ha chiesto ai tribunali federali di impedire all'Alabama di fissare una seconda data di esecuzione per lui. Ricordiamo che l’esecuzione di Miller fu avviata il 22 settembre u. s. ma fu sospesa dopo due ore e mezza di inutili cruenti tentativi di praticargli l’iniezione letale (1).

Il 4 ottobre l'ufficio del Procuratore Generale dell'Alabama ha presentato una mozione alla Corte Suprema dell'Alabama chiedendo di fissare a breve una seconda data di esecuzione per Miller. La mozione parla dei vincoli di tempo che “hanno limitato ... il numero di tentativi per ottenere l'accesso endovenoso” durante il fallito tentativo del 22 settembre di giustiziare Miller.

Il ricorso prodotto dalla difesa di Miller contro John Hamm, commissario del Dipartimento di Correzione dell'Alabama (ADOC), mette in dubbio la capacità dello stato di portare a termine un'esecuzione “nel prossimo futuro, senza torturare il condannato”

Ricordiamo che il personale della prigione tentò di stabilire un accesso endovenoso per circa 90 minuti, colpendo Miller con un ago ben 18 volte. Siccome non riuscirono ad attivare la linea endovenosa prima che il mandato di esecuzione di Miller scadesse a mezzanotte, l’esecuzione fu sospesa.

Il 6 ottobre, la Corte Suprema dell'Alabama ha accolto la richiesta della difesa di Miller di avere altro tempo per rispondere alla mozione dello stato, posticipando la scadenza al 25 ottobre.

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(1) Vedi n. 298

5) IN AUMENTO LE ESECUZIONI CAPITALI IN IRAN

 

Dall’Iran, il paese che più usa la pena di morte, arrivano continuamente notizie di esecuzioni capitali. Riportiamo qui alcune di queste notizie.

 

Sei uomini sono stati giustiziati nell'arco di due giorni nella prigione centrale di Shiraz per accuse di droga

 

Secondo le informazioni ottenute da Iran Human Rights, 4 uomini sono stati giustiziati il 2 ottobre nella prigione centrale di Shiraz per accuse di reati legati alla droga dal Tribunale rivoluzionario.

Una fonte informata ha dichiarato a Iran Human Rights: “Hashem Mahmoudzadeh è stato arrestato per trasporto di droga 4 anni fa e condannato a morte. Yousef Ali-Chalani era di Kazeroun e anche lui era nel braccio della morte per droga. Abbas Fathalian era di Shiraz ed era stato dietro le sbarre”.

Il giorno successivo, altri due uomini sono stati giustiziati nella prigione per accuse di droga. Al momento della stesura di questo articolo, non è stato possibile risalire alla loro identità.

Secondo i rapporti compilati da Iran Human Rights, nel 2021 sono state giustiziate almeno 126 persone con accuse di droga, un aumento di cinque volte rispetto alle esecuzioni per droga dei tre anni precedenti. Questa tendenza è proseguita nel 2022, con 91 esecuzioni registrate nei primi 6 mesi dell’anno, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2021, quando furono giustiziate 40 persone.

 

Cinque uomini, tra cui 4 appartenenti alla minoranza baluci, giustiziati per reati di droga a Mashhad

 

Cinque uomini, tra cui 4 appartenenti alla minoranza baluci, sono stati giustiziati nella prigione centrale di Mashhad per accuse di droga.

Secondo le informazioni ottenute da Iran Human Rights, il 2 ottobre sono stati giustiziati 5 uomini nella prigione centrale di Mashhad. Erano stati tutti condannati a morte dal Tribunale rivoluzionario per accuse legate alla droga.

Quattro degli uomini appartenevano alla minoranza baluci e le loro identità sono state riportate così da Hal Vash: Asef Shibak, Saeed Shibak, Ramezan Mazarzehi e Avaz Bilrani.

Al momento in cui scriviamo, nessuna di queste esecuzioni è stata riportata dai media nazionali o dai funzionari iraniani.

 

Kiumars Parvaneh e Hassan Hojati giustiziati per stupro

 

Secondo le informazioni ottenute da Iran Human Rights, 2 uomini sono stati giustiziati nella prigione centrale di Qazvin il 28 settembre. Le loro identità sono state stabilite come Kiumars Parvaneh e Hassan Hojati, condannati a morte per stupro nello stesso caso.

Una fonte informata ha dichiarato a Iran Human Rights: "Questi due prigionieri sono stati arrestati meno di due anni fa e condannati a morte. La loro sentenza è stata immediatamente confermata dalla Corte Suprema".

Nei casi di stupro, c'è un'alta probabilità che gli imputati vengano torturati per rendere false confessioni, che vengono utilizzate per emettere sentenze di morte. L'Iran è uno dei pochi Paesi al mondo che condanna a morte per stupro. Inoltre, molti casi vengono trattati in fretta e furia senza che gli imputati abbiano accesso a un avvocato.

Secondo il Rapporto annuale dell'Iran Human Rights sulla pena di morte, nel 2021 almeno 10 persone sono state giustiziate per stupro.

 

Situazione dei manifestanti iraniani nella Giornata mondiale contro la pena di morte

 

Il 10 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale contro la pena di morte, mentre l'Iran, primo paese al mondo per numero di esecuzioni pro capite, è stato testimone di proteste anti-regime per la quarta settimana consecutiva.

Da quando ha preso il potere nel 1979, la teocrazia al potere in Iran ha usato le esecuzioni per intimidire la società vivace e progressista che ha respinto il pensiero arretrato dei mullah fin dal primo giorno. L'uso incessante della pena capitale ha fatto guadagnare al regime il primo posto nella classifica delle esecuzioni pro capite. Ogni anno centinaia di Iraniani vengono mandati al patibolo con diversi pretesti, principalmente la dissidenza politica.

Durante la presidenza di Hassan Rouhani, che si è presentato come "moderato", il regime clericale non ha mai interrotto le esecuzioni: circa 5.000 iraniani, tra cui oltre 130 donne, sono stati impiccati.

Da quando Ebrahim Raisi ha preso il posto di Rouhani nel 2021, ci sono state quasi 800 esecuzioni. Il numero dovrebbe essere maggiore, data la segretezza con cui il regime annuncia le esecuzioni. In altre parole, le esecuzioni hanno subito un'impennata da quando Raisi è diventato presidente.

Questa non è stata una sorpresa per i difensori dei diritti umani e per il popolo iraniano, in quanto l'oscuro record di violazioni dei diritti umani di Raisi era noto a tutti. Infatti, la Guida Suprema del regime Ali Khamenei lo ha escluso dalle urne nel tentativo di usarlo come spauracchio per terrorizzare la società iraniana in crisi.

Raisi ha svolto un ruolo chiave durante le esecuzioni politiche di massa degli anni Ottanta. In occasione del massacro del 1988 di oltre 30.000 prigionieri politici in tutto l'Iran, Raisi ha fatto parte della cosiddetta "Commissione di morte" di Teheran, che ha segnato il destino di decine di migliaia di prigionieri. Basate su una fatwa dell'allora leader supremo del regime Ruhollah Khomeini, queste commissioni avevano il compito di identificare ed epurare i dissidenti politici, soprattutto sostenitori e membri del principale gruppo di opposizione iraniano, l'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell'Iran (PMOI/MEK).

Il massacro del 1988 è rimasto senza indagini e impunito, perpetuando quella che secondo molti osservatori è la "cultura dell'impunità". Quando Raisi è diventato presidente del regime nel 2021, il segretario generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha definito questo sviluppo come un "triste promemoria del fatto che l'impunità regna sovrana in Iran".

Tale impunità ha mostrato ancora una volta il suo volto malvagio durante la pesante repressione del regime contro i manifestanti nelle ultime quattro settimane. Le forze di sicurezza del regime stanno aprendo il fuoco sui manifestanti e, secondo i rapporti del MEK, oltre 400 persone sono state uccise a sangue freddo durante i recenti attacchi.

Inoltre, circa 20.000 manifestanti sono stati arrestati e molti rischiano di essere giustiziati.

 

Tra le proteste nazionali, due detenuti sono stati giustiziati nelle carceri di Hamedan e Qom

 

All'alba di domenica 16 ottobre 2022 un detenuto di nome Hossein Karimabadi è stato giustiziato nel carcere di Hamedan con l'accusa di possesso di droga.

Hossein Karimabadi era in prigione da circa 4 anni. Non era mai stato arrestato prima.

Una fonte informata ha dichiarato alla Società iraniana per i diritti umani: "Hossein aveva la prima fedina penale e, anche se si dice che non si giustiziano i detenuti con la prima fedina penale, lo hanno giustiziato".

La famiglia di Hossein Karimabadi si è recata nella prigione di Hamadan per l'ultima visita il giorno prima. E ha aspettato dietro la porta della prigione fino al mattino per evitare l'esecuzione del loro caro.

Il detenuto ha tentato di suicidarsi tagliandosi la vena giugulare, tuttavia è stato giustiziato in queste condizioni".

Il corpo del prigioniero è stato consegnato alla famiglia e sarà sepolto a Kangavar lunedì alle 9:00 del mattino.

All'alba di sabato 15 ottobre un detenuto di nome Hamed Dehghan Mangabadi è stato giustiziato nella prigione di Langroud, a Qom con accuse di droga.

Nel rapporto sull'esecuzione di questo prigioniero pubblicato da Harana, si legge: "Hamid prima era un autista di transito. È stato arrestato con l'accusa di possesso di droga e poi condannato a morte dalle autorità.

A causa delle proteste a livello nazionale, le notizie sulle esecuzioni nelle carceri sono state meno pubblicate per qualche tempo. Tuttavia, secondo alcune fonti informate, le esecuzioni di detenuti sono in corso in alcune carceri, tra cui quella di Rasht.

Includendo l'esecuzione di questi due detenuti, il numero di esecuzioni ha raggiunto 472 dall'inizio del 2022.

La Società Iraniana per i diritti umani ha messo in guardia contro i crimini commessi nelle carceri, comprese le esecuzioni, e chiede un'azione immediata da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per fermare la condanna a morte.

 

Tre detenuti giustiziati nelle carceri di Neyshabur e Zanjan

 

Il 13 e il 15 ottobre 2022, 3 detenuti condannati per omicidio e reati legati alla droga sono stati giustiziati nelle prigioni di Neyshabur e Zanjan.

Secondo HRANA, l'agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani, che cita l'Organizzazione iraniana per i diritti umani, il 13 e il 15 ottobre 2022 sono stati giustiziati nelle carceri di Neyshabur e Zanjan tre detenuti identificati come Reza Gharelu, Ali Mohammad Saeedi e Sadegh Afkandeh (43 anni).

Gharelu era stato condannato per aver ucciso un suo amico 3 anni fa. Afkandeh era stato condannato a morte per accuse di droga 4 anni fa. Mohammad Saeedi era stato condannato per omicidio.

Nessuna di queste esecuzioni è stata finora riportata da fonti ufficiali e media iraniani.

 

Un avvocato e altri due prigionieri giustiziati a Sari

 

La Società Iraniana per i Diritti Umani condanna fermamente l'esecuzione di un avvocato e di altre due persone a Sari e chiede di fermare le condanne a morte in Iran.

Tre detenuti, tra cui un avvocato, sono stati portati sul patibolo e giustiziati.

La Società Iraniana per i Diritti Umani, citata dall’agenzia Rokna, riferisce che la mattina di mercoledì 19 ottobre 2022, è stata eseguita la condanna a morte di tre detenuti accusati di omicidio, tra cui un avvocato, nel carcere di Sari.

L’omicidio avvenne all'inizio di maggio del 2016. L’avvocato e altre due persone sono stati condannati a morte dalle autorità giudiziarie di Mazandaran.

Gli imputati furono processati dal tribunale penale e condannati a morte; il verdetto fu confermato dalla Corte Suprema.

I tre finirono sul patibolo due anni fa, ma allora la sentenza non fu eseguita.

 

Un uomo di 28 anni giustiziato dopo 7 anni di reclusione

 

La condanna a morte di un uomo di 28 anni, Mansour Ghorbani Bandarti, accusato di omicidio, è stata eseguita a Isfahan all’alba del 19 ottobre 2022.

Secondo l'Organizzazione Iraniana per i Diritti Umani Mansour era di Flowerjan.

Nel rapporto stilato da tale organizzazione si legge che: "Mansour Ghorbani è stato arrestato nel 2015 con l'accusa di omicidio premeditato ed è rimasto in prigione per 7 anni fino al giorno della sua esecuzione".

 

Tre uomini non identificati giustiziati per omicidio a Sari

 

Fonti ufficiali hanno riferito dell'esecuzione di 3 uomini per omicidio nella prigione centrale di Sari.

Secondo l’agenzia Rokna, tre uomini sono stati giustiziati nella prigione centrale di Sari il 19 ottobre. I tre erano stati condannati alla qisas per omicidio.

L'omicidio sarebbe avvenuto sei anni fa nel villaggio di Ghaleh Sar.

Secondo i dati raccolti da Iran Human Rights, nel 2021 sono state giustiziate almeno 183 persone con l'accusa di omicidio. Le persone accusate di “omicidio intenzionale” sono condannate alla qisas (punizione in natura) a prescindere dalle intenzioni o dalle circostanze. Una volta che l'imputato è stato condannato, la famiglia della sua vittima deve scegliere tra la morte, la diya (risarcimento) o il perdono.

 

Tre prigionieri baloch messi a morte nelle carceri di Zahedan e Zabul

 

Tre prigionieri baloch: Mohammad Zarakzahi, Juma Gumshadzahi e Habil Shahnawazi (Hossein Zahi), sono stati giustiziati il 22 ottobre nelle carceri di Zabul e Zahedan. Erano stati accusati di reati di droga.

Habil Shahnavazi, di 30 anni, era sposato, aveva 3 figlie piccole, e risiedeva a Khash.

Nel 2019, Mohammad Zarakzahi era stato arrestato a Zabul con accuse di droga e fu poi condannato a morte dal Tribunale Rivoluzionario di questa città presieduto dal giudice Babaei.

Habil Shahnawazi arrestato dai militari nel 2020 era stato condannato a morte per reati di droga.

Juma Gumshad, arrestato a Zahedan con l'accusa di spaccio di droga nel 2019 è stato giustiziato insieme a Habil Shahnawazi (Hossein Zahi) nella prigione centrale di Zahedan.

 

Giustiziati 2 prigionieri nelle carceri di Hamedan e Barazjan

 

Un prigioniero di nome Alireza Janipour è stato giustiziato nella prigione di Hamadan martedì 24 ottobre. Un altro prigioniero, Mohammad Esfandiari, è stato giustiziato lunedì 23 ottobre nel carcere di Barazjan.

 

Esecuzione di un prigioniero ad Hamadan

 

All'alba di martedì 25 ottobre, nel carcere di Hamedan è stata eseguita la condanna a morte di un prigioniero di nome Alireza Janipour, accusato di traffico di droga.

Il giorno prima la famiglia del prigioniero si è recata in carcere per l'ultima visita.

Una fonte informata ha riferito alla Società Iraniana per i Diritti Umani: “Alireza Janipour è stato in prigione per 4 anni. Dieci giorni prima era stato spostato per essere messo a morte, ma fu riportato indietro”

 

Esecuzione di un prigioniero a Barazjan

 

Secondo Harana, lunedì mattina 24 ottobre 2022 un detenuto di 25 anni di nome Mohammad Esfandiari è stato giustiziato nel carcere di Barazjan con l'accusa di omicidio.

In un rapporto si legge che: “Mohammed ha commesso un omicidio durante una rissa circa 5 anni fa ed è stato arrestato a Barazjan. È stato infine condannato a morte dalle autorità giudiziarie. Da allora fino all'esecuzione della sentenza si trovava nella prigione di questa città ".

Il Centro iraniano per i diritti umani ha messo in guardia dai crimini, Incluse le esecuzioni, commessi nelle carceri e chiede un'azione immediata da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per fermare le condanne a morte.

 

All'alba di domenica 23 ottobre 2022 Sajjad Zainivandnejad è stato giustiziato con l’accusa di omicidio.

 

Sajjad Zainivandnejad aveva 28 anni ed era accusato di omicidio.

Una fonte informata sull'esecuzione di questo detenuto ha riferito: “Sajad Zainivandnejad era accusato di omicidio e detenuto nella prigione di Borujerd dal 2020”.

Includendo l'esecuzione di questo detenuto, il numero di esecuzioni in Iran dall'inizio del 2022 è stato non inferiore a 486. (Pupa)

6) GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE

Il 10 ottobre si celebra, in tutti i paesi del mondo in cui è consentito manifestare, la Giornata Mondiale Contro la pena di morte (World Day Against the Death Penalty). Ogni volta la manifestazione mette in risalto una particolare caratteristica di questa pena. Quest’anno la pena di morte è stata considerata in relazione con la tortura e gli altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Il 10 ottobre si è tenuta a Ginevra la XX Giornata Mondiale Contro la Pena di Morte, che quest’anno è stata dedicata in particolare alla riflessione sul rapporto tra l’uso della pena capitale e la tortura o altri trattamenti e punizioni crudeli, inumane e degradanti.

Secondo gli esperti delle Nazioni Unite è praticamente impossibile che gli Stati applichino la pena di morte senza violare i diritti umani degli imputati. Il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, Alice Edwards, e il Relatore speciale sulle esecuzioni sommarie extragiudiziali o arbitrarie, Morris Tidball-Binz, hanno rilasciato la seguente dichiarazione, che riportiamo in parte:

“Sebbene la pena di morte sia consentita in circostanze molto limitate dal diritto internazionale, la realtà rimane che in pratica è quasi impossibile per gli Stati imporre la pena capitale mentre adempiono ai loro obblighi di rispetto dei diritti umani dei condannati. L'abolizione della pena di morte è l'unica via percorribile. Il braccio della morte è una forma di trattamento disumano, così come l'isolamento quasi totale dei condannati per reati capitali, spesso tenuti in segregazione illegale. Numerosi stati continuano a imporre la pena di morte per reati non violenti che non rispettano lo standard dei "crimini più gravi" per l'applicazione della pena capitale ai sensi del diritto internazionale. La crescente tendenza a imporre la pena di morte a coloro che esercitano il proprio diritto a una protesta politica pacifica è profondamente preoccupante. Inoltre, sempre più metodi di esecuzione sono risultati incompatibili con l'obbligo di astenersi dalla tortura e dai maltrattamenti, per aver inflitto forti sofferenze. Nonostante più di 170 Stati abbiano abrogato la pena di morte o adottato moratorie, lo scorso anno si è registrato un aumento del 20 per cento del numero di esecuzioni. Gli Stati che mantengono la pena di morte sono esortati ad applicare scrupolosamente eccezioni per le persone con disabilità intellettiva, donne in gravidanza e bambini, come richiesto da vari strumenti, tra cui l'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR). Tutti gli Stati sono invitati a considerare la ratifica del Secondo Protocollo Opzionale all'ICCPR volto all'abolizione della pena di morte. Il Protocollo conta attualmente 40 firmatari e 90 Stati parti”.

Anche il nostro Ministero degli Esteri ha rilasciato un comunicato in cui, in primis, si dichiara che “L’Italia ribadisce la sua incondizionata opposizione alla pena capitale, una punizione crudele, disumana e degradante, che nega la dignità umana e non ha nessun valore aggiunto in termini di dissuasione del crimine e di sicurezza, mentre rende ogni errore giudiziario fatalmente irreversibile.”

La voce che in questi anni si è fatta più volte sentire in modo chiaro e risoluto contro la pena di morte (così come è una delle pochissime voci che si stanno facendo sentire contro la guerra) è stata quella di Papa Francesco, che, anche in questa occasione, ha rivolto un accorato appello perché tutti i Paesi aboliscano questa barbarie. "Chiedo a tutte le persone di buona volontà di mobilitarsi per l'abolizione della pena di morte nel mondo", ha scritto Francesco sulla sua pagina Twitter, dove il pontefice ha quasi 50 milioni di seguaci nel mondo. "La società può reprimere efficacemente il crimine senza privare definitivamente i trasgressori della possibilità di riscattarsi", ha aggiunto. Il papa già nel 2018 aveva definito la pena capitale "inammissibile", rendendo assoluta la posizione della Chiesa su questo argomento.

Tanto per dare qualche cifra statistica (che di per sé resta arida, ma dobbiamo pensare che dietro ai numeri ci sono esseri umani che soffrono), basandosi sui dati forniti da Amnesty International, questa è la situazione aggiornata al dicembre 2021:

  • 110 Stati hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini

  • 7 Stati l’hanno abolita per quasi tutti i reati

  • 27 Stati sono abolizionisti nella pratica

  • 55 Stati mantengono la pena di morte

  • i 5 Stati che hanno messo a morte il maggior numero di persone nel mondo nel 2021 sono, nell’ordine: Cina, Iran, Egitto, Arabia Saudita e Siria. A quanto si sa, alla fine del 2021 ci sono 28.670 condannati a morte nel mondo. Significa che ci sono 28.670 persone di troppo che rischiano di essere uccise dai loro governanti.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 Ottobre 2022

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