FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 133 - Novembre 2005
SOMMARIO:
1) Un appello per Orso-che-corre
2) Sospesa l’esecuzione di Tony Ford !
3) Kenneth ci scrive dalla prima linea
4) Se Schwarzenegger nega la grazia a Tookie, chi potrà sperare?
5) Bush nomina il conservatore Alito per la Corte suprema
6) Si approssima l’esecuzione numero 1000, ma Lovitt si salva
7) Breve riapertura del processo senza giustizia a Saddam
8) Il caso Cantu, ‘pistola fumante’ trovata dagli abolizionisti
9) Governatore, la maggioranza degli Italiani è contraria
10) Dodici giurati ciechi, anzi accecati
11) Paula Cooper licenzia l’avvocato e si difende da sé
12) Cari soci, cari amici tutti, auguri!
13) Notiziario: Giappone, Massachusetts, Usa
1) UN APPELLO PER ORSO-CHE-CORRE
Come abbiamo detto nel numero precedente, la macchina delle esecuzioni sembra riavviarsi a pieno ritmo in California, dopo quella di Stanley “Tookie” Williams (v. articolo più avanti) programmata per il 13 dicembre, è stata fissata, come temevamo, per il 17 gennaio l’esecuzione di Clarence Ray Allen, il Nativo americano di 75 anni il cui nome indiano è Orso-che-corre.
La concessione della grazia a Tookie da parte del governatore Arnold “Arnie” Schwarzenegger rischia paradossalmente di influire sulla sorte di Orso, infatti il ‘Terminator’ potrebbe temere di mostrarsi troppo ‘morbido contro il crimine’ usando due volte di seguito clemenza. Ciò anche perché la grazia nei riguardi dei condannati a morte negli ultimi decenni è diventata un evento molto raro. In California l’ultimo governatore a commutare una condanna a morte fu Ronald Reagan nel 1967.
Eppure di motivi per graziare Orso ce ne sono altrettanti che per Tookie, l’unica differenza sta nella notorietà conquistata da Tookie con i suoi libri e con le nomination per il premio Nobel. Ma, come Tookie, Orso ha compiuto con successo un difficile itinerario di riscatto diventando un amico e un saggio consigliere di molti giovani (anche qui in Italia con la collaborazione del suo amico Marco Cinque.) Tutti e due i prigionieri si proclamano innocenti degli specifici omicidi per i quali sono stati condannati alla pena capitale. Il passato criminale di Tookie non è meno grave di quello di Orso.
Il compito è difficile dunque, occorre impegnarsi energia per ottenere la grazia per Orso, unendosi alle pressioni esercitate su Arnie da personalità e da semplici cittadini della California e di tutto il mondo.
Marco Cinque ha preparato una petizione in favore del suo grande amico Orso. Vi preghiamo di sottoscriverla, la trovate IN FONDO a questo Foglio di Collegamento.
(In alternativa è possibile, anzi preferibile, scrivere un proprio messaggio personale per il governatore Arnold Schwarzenegger.)
La petizione qui proposta riguarda soprattutto gli aspetti umanitari del caso, lasciando in secondo piano quelli legali certamente ben conosciuti e soppesati dal governatore e dai suoi consiglieri.
Per partecipare alla petizione: riportate in maniera chiara e completa nel modulo riprodotto in fondo al fascicolo i vostri dati: Nome, Cognome, Indirizzo postale completo. Se prevedete di poter raccogliere più di dieci adesioni, fotocopiate il modulo prima di raccogliere le firme.
Il moduli con le firme devono essere spediti per posta prioritaria al seguente indirizzo:
Marco Cinque – Via F. Daverio, 14 – 00152 Roma
E’ bene spedire almeno una prima quantità di moduli entro il 16 dicembre. Dopo tale data e fino al 4 gennaio potranno essere inviati, sempre per posta prioritaria, altri moduli.
Traduzione della petizione, ad uso del lettore: Caro Governatore Schwarzenegger, noi, cittadini italiani e del genere umano, Le chiediamo di prendere atto della vicenda di un cittadino americano condannato a morte nel Suo Stato. Si tratta del nativo Cherokee/Choctaw, Clarence Ray Allen (B-91240 – San Quentin State Prison), rinchiuso in prigione da quasi 30 anni e in attesa dell’esecuzione capitale fissatagli per il 17 Gennaio 2006, giorno successivo al suo 76esimo compleanno. Noi sappiamo che il signor Allen è stato difeso da avvocati d’ufficio demotivati e impreparati, a cui Lei stesso certamente non si sarebbe mai affidato; ma non vogliamo entrare nel merito del caso giudiziario. Vogliamo solo dire che Lei, in quanto Governatore della California, ha il potere di salvare la vita di quest’uomo. Per quanto sia stato cattivo o per quanti reati abbia commesso, il signor Allen ha già scontato il dolore e l’umiliazione di una lunghissima pena detentiva, oltre ad avere subito, con quest’ultima, ben 4 date di esecuzione. Quest’uomo è vecchio e malato, colpito per due volte da infarto e affetto da diabete che lo ha reso quasi cieco e incapace di deambulare correttamente. Noi Le chiediamo di risparmiare la vita a una persona così anziana, ormai totalmente innocua e indifesa. Le chiediamo di impedire che il signor Allen venga premeditatamente ucciso con una iniezione letale. Ci appelliamo all’Ottavo Emendamento della Costituzione americana. Ci appelliamo alla Sua sensibilità e compassione e Le chiediamo di dimostrare al Suo Paese e al mondo che la giustizia degli Stati Uniti è in grado di essere un modello di umanità e di civiltà per noi tutti. Rispettosamente
2) SOSPESA L’ESECUZIONE DI TONY FORD!
Il 30 novembre nel momento di chiudere questo Foglio di Collegamento è arrivata una bellissima notizia: l’esecuzione del nostro amico Tony Ford è stata sospesa per tre mesi per consentirgli di provare la sua innocenza.
Ha ordinato la sospensione il Giudice William Moody della Contea di El Paso in Texas in cui fu processato Tony nel 1993. Il Giudice ha disposto la sospensione per consentire l’effettuazione di test del DNA sui vestiti di Victor Belton, l’uomo che – con tutta probabilità – fu sul luogo del delitto e che fu scambiato per Tony Ford. Da un primo esame è emerso che in tre aree di tali abiti ci sono effettivamente tracce di sangue!
L’avvocato di Tony, Dick Burr, merita un monte di congratulazioni per essere riuscito ad arrivare a questi abiti, tenuti nascosti per oltre 13 anni, di cui era stata dimenticata perfino l’esistenza nel deposito della polizia. Le modeste offerte in denaro che gli abbiamo inviato in extremis per le investigazioni a favore di Tony sono state dunque più che utilmente impiegate.
Ecco la buona notizia come ce l’ha comunicata lo stesso Dick Burr: “Oggi il giudice del processo originario ha sospeso l’esecuzione di Tony Ford per 90 giorni, perché si faccia il test del DNA. Avevamo presentato una mozione la settimana scorsa per avere il test del DNA sui capelli prelevati dal cappotto di Tony (che questi aveva prestato a Victor Belton) e sugli indumenti presi a Victor circa 9 ore dopo l’assassinio. (Victor era stato fermato durante l’arresto di suo fratello Van, poiché aveva aggredito gli agenti di polizia). Non eravamo sicuri che la polizia avesse ancora i vestiti di Victor dopo 14 anni – avevamo già cercato di accedervi per tre anni ma non c’eravamo riusciti – ma li aveva. Il pubblico ministero non ha ancora trovato i capelli. Il giudice ha ordinato ieri al laboratorio di esaminare i vestiti di Victor per accertare se vi si trovasse del materiale biologico. Oggi, il laboratorio ha trovato sui vestiti di Victor del sangue in tre zone. Il giudice ha ordinato una sospensione di 90 giorni per permettere che venga fatto il test del DNA. Siamo sulla strada giusta. Vi terrò informati. Dick ”
Vi ricordiamo che potete scrivere a: Mr.Tony Ford #999075 – 3872 FM 350 South – Livingston, TX 77351 – USA per esprimergli affetto e dargli coraggio.
Potete inoltre versare un contributo di qualsiasi entità per le investigazioni a discarico sul Conto corrente 112829 presso la Banca Popolare Etica – Sede di Padova – Intestato:”Associazione Nazim Hikmet” – ABI 05018 – CAB 12100 – Causale: “pro Tony Ford”
Invitiamo infine tutti coloro che sono collegati ad Internet e che non lo hanno già fatto a sottoscrivere la petizione in favore di Tony che si trova al seguente indirizzo:
http://www.petitiononline.com/alivefo/petition.html
Fornite Nome e Cognome (nella casella ‘Name’), indirizzo e-mail e stato (Italy). E’ possibile ripetere la sottoscrizione per alcuni parenti ed amici dalla propria casella e-mail. (Riceverete una richiesta di libera contribuzione dalla ditta che ospita la petizione: non è il caso che lo facciate perché ci occuperemo noi di fare un’offerta cumulativa).
Per avere informazioni aggiornate sul caso di Tony Egbuna Ford e conoscere altre forme di mobilitazione consultate il sito: www.tonyford.de
3) KENNETH CI SCRIVE DALLA PRIMA LINEA
Cari amici italiani,
vi saluto dal nostro campo di battaglia. Mentre vi scrivo, il clima nel braccio della morte è molto intenso. Lo spirito di lotta è nell’aria. E’ un sentimento che sfortunatamente è stato perso dalla maggioranza dei detenuti qui dentro. Di fronte ad oltre 350 esecuzioni, tanti uomini si sentono ormai senza speranza. Bene, questo non è il caso nostro e di coloro che non sono caduti in un abisso di disperazione, e progettiamo di mostrare a breve questa nostra forza.
Oggi vi racconto un aspetto molto personale di questa vicenda. Spero che tutti apprezziate queste parole perché esse sono sacre al mio cuore.
Lo scorso mese avete letto le parole del mio migliore amico e maestro, Tony Ford. Tutti sapete che cosa sta affrontando e conoscete il suo cuore. Spero che le sue parole incoraggeranno alcuni di voi ad agire in suo favore con i suoi amici in Italia, mentre essi stanno costruendo ponti per unirsi alla lotta qui.
Sono stato colpito da Tony, quando, prima di essere trasportato nella casa della morte, mi ha chiesto se avrei domandato a mio nonno di assistere alla sua esecuzione, se avrà luogo. Mi ha lasciato senza fiato. Mio nonno è il mio modello, la mia roccia, è l’uomo che amo di più ed è stato il mio unico e vero padre ed insegnante nella vita. Da molto tempo condivido la mia vita con Tony, e alcuni anni fa Tony e mio nonno si sono incontrati. Tony, che desidera avermi presente in qualche modo alla sua esecuzione, conoscendo la forza e la saggezza di mio nonno, mi ha fatto questa richiesta. Non è stato facile rispondere. Vedete, molto tempo fa, io decisi che se avessi dovuto percorrere quel sentiero, non avrei permesso a nessuno della mia famiglia di assistere alla mia esecuzione. E’ davvero una cosa che danneggia psicologicamente. Credo che sia un procedimento vile e non vorrei che i miei cari dovessero poi vivere con quel ricordo. Preferirei mandare inviti ad alcuni di quegli individui assetati di sangue a favore della pena di morte e permettere loro di venire e guardare per poter esibire la loro malvagità. Molti amici e parenti hanno sofferto della mia decisione perché avrebbero voluto essere presenti, e potei solo pregarli di comprendere. Quindi il mio primo sentimento alla richiesta di Tony è stato di non desiderare che mio nonno accettasse.
Il 25 ottobre mio nonno mi ha fatto visita ed abbiamo discusso l’argomento. Accadde che Tony fosse presente perché erano venuti a trovarlo la sua nuova moglie e sua madre. Si trovavano seduti proprio di fronte a me e così tutti ci salutammo con la mano e sorridemmo. La mia famiglia incontrò la sua. Fu una cosa bellissima e mi commossi. Sapevo che questa poteva essere l’ultima volta che incontravo il mio migliore amico. Bene, io e mio nonno discutemmo a fondo il problema e io gli dissi che, qualsiasi decisione avesse preso, io l’avrei onorata. Egli mi guardò e mi disse che, pur essendo una delle cose più terribilmente dure della sua vita, lo avrebbe fatto. Annuii ma gli dissi di tenersi in contatto con la moglie di Tony, se per caso cambiasse idea, o se avesse voluto che la mia amica Tasha Narez, che sta dirigendo la mia campagna in Olanda, facesse una dimostrazione. Tasha sarà qui in Texas da dicembre a gennaio e parteciperà a tutte le attività che si svolgeranno per Tony. Molto probabilmente ci saranno proteste davanti al carcere “The Walls Unit”, se si arriverà fino all’esecuzione, e lei sarà lì per rappresentare la nostra causa.
Questo evento ha un peso grandissimo sulla mia vita, e non solo su di me ma anche sulle nostre famiglie. Non potete immaginare che cosa significhi dover attraversare questo incubo. Stare seduti in fila, aspettando il proprio omicidio, non è facile. E’ atroce e doloroso per la mente e lo spirito. Ho sparso tante lacrime per il mio fratello Tony, perché lui ha giocato un ruolo importantissimo nella mia vita. Non scriverei questi articoli per il Comitato Paul Rougeau se non fosse stato per i suoi insegnamenti. Ho dovuto farmi forza per sedermi a scrivere l’ultima lettera al mio fratello. Come si può fare una cosa del genere? Come possono poche parole su un foglio di carta dare abbastanza sostegno ed esprimere gratitudine per gli anni di lotta vissuti insieme? Non possono. Per questo, per tutti i fratelli caduti, non solo per Tony, ho cercato di dare voce al mio sito LIVE parlando della loro causa. Non possiamo trasformare con le parole il significato della vita di questi uomini, dobbiamo continuare a vivere le loro vite come Movimento, e questo è ciò che progetto di fare.
Tony mi ha assicurato di essere in pace, ma io lotto ancora. Sono felice che lui si senta in pace, e la sua lotta fino alla fine non sarà un segnale contro questa pace, ma sarà un messaggio per dire che la vita vale qualcosa. Non ci si abitua mai a questa procedura perché è contro natura. E’ morbosa. Non riesco a capire come tutti troviamo la forza di affrontarla. Certo ci arriva da un Potere Superiore.
Non sappiamo quali sono le probabilità per Tony di ottenere una sospensione dell’esecuzione. Il governatore Perry non ha alzato un dito quando Frances Newton e Louis Ramirez, due persone con forti prove di innocenza a loro favore, sono stati uccisi. Anche il caso di Tony è valido: è stato accusato falsamente del crimine. Le nostre suppliche trovano orecchie sorde qui, quindi speriamo che le nostre azioni riescano a smuovere qualcuno.
Quando leggerete questo messaggio noi saremo già in azione. Vi chiedo di pregare per noi, non solo per la nostra salvezza fisica, ma anche spirituale. Pregate perché qualcuno ascolti la nostra lotta, si schieri al nostro fianco per fare la differenza. Questa sarà la nostra massima ricompensa. Vi informerò passo dopo passo durante la lotta affinché vi rendiate conto di che cosa si provi in questi frangenti. E’ qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare e dobbiamo utilizzare per andare avanti.
Tutti coloro che vogliono mandare una parola di conforto e sostenere Tony possono inviare un e-mail a sua moglie, Rachel Ford, all’indirizzo: mailto:RahcelFord@aol.com.
Continuate a far conoscere la nostra lotta perché attraverso un’azione concorde possiamo vincere.
Sinceramente, nella lotta Kenneth
4) SE SCHWARZENEGGER NEGA LA GRAZIA A TOOKIE, CHI POTRA’ SPERARE?
Stanley “Tookie” Williams, un nero di 51 anni che da 24 è rinchiuso nel braccio della morte di San Quentin, in California, ha la data di esecuzione fissata per il 13 dicembre.
E’ accusato di aver ucciso quattro persone nel 1981, ma si è sempre proclamato innocente di questo crimine. Stanley non era comunque un santo, in quanto in gioventù aveva collaborato alla fondazione della Crips gang, una violenta banda di strada, e partecipato alle attività di tale associazione criminosa.
Condannato a morte da una giuria di soli bianchi, Stanley trascorse sei anni in isolamento. In questo periodo iniziò a leggere il vocabolario e progettò di scrivere dei libri per bambini.
Da allora, il suo cammino di recupero spirituale e di ravvedimento è stato completo: ha scritto libri educativi per ragazzi, in cui esorta i suoi giovani lettori a tenersi lontano dalla violenza e dalle gang, spiegando che il ritenersi dei “duri” non porta a nessun vantaggio, ma anzi a distruzione e morte. In un suo libro, intitolato “Apology” (“Domando perdono”), egli narra del suo ruolo nella fondazione della Crips gang e dichiara il suo totale pentimento per le violenze e follie commesse. Ha collaborato dal braccio della morte con numerosi insegnanti all’educazione di ragazzi difficili, ha realizzato un messaggio video-registrato in cui esorta i giovani a comportarsi con onestà e rettitudine. Infine, è divenuto per i suoi compagni di prigionia un modello di buona condotta e di moralità. Sono in molti, sia all’interno che all’esterno del carcere, a guardare a lui come ad un esempio di ravvedimento, che dà a tutti la certezza che non è mai troppo tardi per cambiare vita.
Per queste sue attività letterarie Stanley è stato cinque volte candidato al Premio Nobel e ha ricevuto quest’anno, per i suoi meriti civili, un riconoscimento particolare da George W. Bush, il President’s Call to Service Award.
Nel 2004 la corte d’Appello del Nono Circuito negò il suo ricorso e confermò la condanna a morte, ma affermò che il profondo ravvedimento di Stanley e i risultati conseguiti in carcere, fanno di lui un candidato ottimale per la ‘clemenza esecutiva’ da parte del governatore.
I suoi sostenitori e amici (e ce ne sono tantissimi, tra giovani e adulti, letterati e legali) presenteranno pertanto al governatore una petizione in cui si chiede la grazia per quest’uomo, che è divenuto simbolo di speranza per tanti. La richiesta è accompagnata dalla lettera personale firmata da Padre Gregory J. Boyle, un sacerdote cattolico e direttore esecutivo della Homeboy Industries, il più grande programma di riabilitazione e recupero dei ragazzi provenienti dalle gang in America. In questa lettera, Boyle scrive: “… Stanley Williams ha trasformato il suo passato di membro di una gang in una presenza benefattrice e di aiuto a migliaia di ragazzi che avvertono un’attrazione verso le gang…. Se gli si concederà clemenza, il suo positivo impatto sui ragazzini che progettano i loro funerali piuttosto che il loro futuro, continuerà”.
Schwarzenneger, cattolico praticante, ha dichiarato di essere convinto della validità della pena di morte come deterrente al crimine, ma ha anche affermato di essere disposto a concedere la grazia in casi particolari di merito. Certo un caso come questo non dovrebbe presentare dubbi, e la grazia non potrebbe essere meglio concessa, ma che cosa deciderà “Terminator”, in piena campagna elettorale per il secondo mandato di governatore, che necessita del sostegno da parte di tutti i conservatori repubblicani sul territorio?
Occorre inoltre tenere presente che i familiari delle quattro vittime del crimine per il quale Stanley era stato condannato a morte, hanno dichiarato alla stampa (che in simili occasioni non esita a tormentare le persone già tanto provate dal dolore), di sperare che il governatore non conceda la grazia. La motivazione che adducono è che Stanley non ha mai dimostrato rimorso o chiesto perdono per questi crimini. D’altra parte egli, come ha spiegato in un suo libro “Blue Rage, Black Redemption”, non vuole chiedere perdono per un crimine che afferma di non aver commesso, neppure a costo di rimetterci la vita.
Molte decine di migliaia di semplici cittadini negli USA e nel mondo intero ed importanti personalità sono intervenuti per sollecitare la grazia per Tookie. Ma ci sono in California anche gruppi conservatori che stanno montando una campagna nei media per chiedere l’uccisione del prigioniero modello. Lo stesso Vernell Crittendon, portavoce dell’Amministrazione carceraria californiana – nonostante gli atti ufficiali attestino l’ottimo comportamento di Tookie – ha dichiarato alla stampa – suscitando lo sdegno degli avvocati difensori – che Stanley Williams non è pentito, ha probabilmente continuato ad organizzare azioni criminali dall’interno del carcere e merita la morte.
La Sezione Italiana di Amnesty International ci ha fatto sapere di aver messo ‘in linea’ una petizione in favore di Stanley “’Tookie”’ Williams. Se avete un collegamento ad Internet vi preghiamo di partecipare alla petizione andando all’indirizzo http://www.amnesty.it/appelli/usa2/index.html Cliccate poi sul pulsante FIRMA ON LINE QUESTO APPELLO e fornite i dati come indicato. Potete inserire dopo la vostra le adesioni di parenti ed amici.(Grazia)
5) BUSH NOMINA IL CONSERVATORE ALITO PER LA CORTE SUPREMA
Dopo aver colmato col giudice John Roberts uno dei due vuoti prodottosi nel gruppo di nove giudici che compongono la Corte Suprema degli Stati Uniti (v. n. 132), il 31 ottobre, rinunciando alla troppo contrastata candidatura di Harriet Miers, George W. Bush ha nominato il 55-enne Samuel A. Alito Jr. per colmare l’altra lacuna, conseguente alle dimissioni di Sandra Day O’Connor.
Non occorre dire che anche il giudice Alito è un conservatore come l’avvocatessa Miers. Anzi è più conservatore di lei. Inoltre non è un amico intimo di Bush come lo è Harriet Miers e ciò tranquillizza i repubblicani più tradizionalisti spianando la strada per una ratifica della sua nomina da parte del Senato.
Samuel Alito ha un passato di accusatore federale e poi di giudice federale. Ha fatto parte della Corte federale d’Appello del Terzo Circuito dal 1990. Proveniente dal New Jersey, e nominato da George Bush padre, Alito ha avuto modo di mostrare la propria ideologia conservatrice soprattutto votando per respingere i ricorsi di prigionieri condannati a morte o a pene detentive.
Particolarmente noto è il caso di tale Ronald Rompilla, un condannato a morte della Pennsylvania. Nel gennaio2004 la Corte del Terzo Circuito, con il voto essenziale di Alito, ha ripristinato la condanna a morte di Rompilla annullata da una corte inferiore. Tuttavia quest’ultimo è stato poi salvato nel giugno scorso dalla Corte Suprema con il voto determinante della giudice O’Connor (colei Samuel Alito dovrebbe andare a sostituire).
Alito negli anni si è guadagnato il soprannome ‘Scalito’ per la somiglianza ideologica con il famigerato giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, cattolico e ultra conservatore come lui.
Una assoluta novità nella storia degli Stati Uniti conseguente alla conferma di Alito sarebbe il raggiungimento di una maggioranza di cattolici nella Corte Suprema. Alito si aggiungerebbe ai cattolici Antonin Scalia, Anthony M. Kennedy, Clarence Thomas e John G. Roberts. E’ dubbio che questo fatto possa avere conseguenze significative e soprattutto positive. C’è infatti il timore che i cinque giudici cattolici della massima corte – forse con l’eccezione di Kennedy – possano essere sì influenzati da aspetti tradizionali dell’ideologia cattolica ma chiusi alle più recenti evoluzioni umanitarie che, ad esempio, tendono al superamento della pena di morte.
Naturalmente gli abolizionisti guardano con apprensione ai cambiamenti nella composizione della Corte Suprema, suscettibili di condizionare pesantemente e per decenni la dinamica abolizionista.
Come abbiamo osservato più volte, la sostituzione di due giudici conservatori con altri due giudici parimenti conservatori non dovrebbe cambiare troppo la struttura giudicante della Corte Suprema. Tuttavia, mentre la giudice uscente Sandra O’Connor negli ultimi tempi aveva dimostrato una certa libertà di giudizio e qualche rara apertura (v. nn. 131 e 132), non siamo autorizzati ad attenderci simili atteggiamenti da John Roberts e soprattutto da Samuel Alito.
Se il buongiorno si vede dal mattino dovremmo essere pessimisti: le prime due decisioni della Corte Suprema parzialmente rinnovata con l’ingresso del Chief Justice John Roberts in materia di pena capitale, sono state entrambe sfavorevoli per i ricorrenti.
La seconda di esse riguarda il famoso caso di Kenneth T. Richey, un residente nell’Ohio con doppia cittadinanza statunitense e britannica. Questi fu condannato a morte per aver dato fuoco all’abitazione della sua ex girlfriend il 30 giugno 1986 provocando la morte di Cynthia Collins di due anni. Ciò anche se Kenneth rischiò la vita nel tentativo di salvare la bambina.
Il 28 novembre la massima corte ha ripristinato all’unanimità la sentenza di morte per Richey, accogliendo il ricorso dell’accusa e smentendo la Corte federale d’Appello del Sesto Circuito. E’ stato giudicato insufficiente il fatto che i suoi difensori legali al processo fossero incompetenti e non sono state giudicate ammissibili nuove prove che dimostrerebbero che l’incendio originò da cause accidentali. (Ricordiamo che la campagna per Kenneth Richey ha coinvolto profondamente l’opinione pubblica soprattutto in Inghilterra e che in favore del condannato sono intervenuti moltissimi cittadini e alte personalità tra cui il defunto pontefice Giovanni Paolo II, Tony Blair e 150 parlamentari britannici. V. anche n. 125, notiziario)
6) SI APPROSSIMA L’ESECUZIONE NUMERO 1000, MA LOVITT SI SALVA
Uno striscione fatto stampare appositamente da Amnesty International recitava senza mezzi termini: “1000 volte vergogna”, più in là il nostro grande striscione nero, in modo meno aggressivo ma perentorio diceva: “No Death Penalty.” Eravamo più di cento di fronte all’Ambasciata Americana – scura e fortificata - la sera del 30 novembre.
Siamo tornati in Via Veneto convocati da Amnesty per protestare all’approssimarsi della millesima esecuzione capitale a partire dal 1976, anno del ripristino della pena di morte negli Stati Uniti con la sentenza Gregg v. Georgia della Corte Suprema.
Pochi ricordano che negli Stati Uniti, tra gli anni Sessanta e Settanta, prima che ciò avvenisse nell’Europa Occidentale, la pena di morte stava silenziosamente morendo, de facto, de iure e nella mentalità della gente. De facto perché per 10 anni non si registrò alcuna esecuzione. De iure perché la Corte Suprema nel 1972 con la famosa sentenza Furman v. Georgia dichiarò incostituzionale la pena capitale e fece commutare tutte le condanne a morte pendenti. Nella mentalità della gente perché dai sondaggi di allora risultava che una netta maggioranza degli Statunitensi era contraria alla pena di morte.
Il 17 gennaio 1977 la fucilazione nello Utah di Gary Gilmore non fu solo un brutale assassinio con ampio spargimento di sangue, ma segnò l’inizio di una lunga serie di uccisioni di stato che oggi è arrivata a lambire quota 1000.
Incredibile, ma la sanzione capitale, che sembrava essere stata abolita definitivamente negli USA, riprese corpo dalle sue ceneri.
Gilmore aveva dovuto avanzare un apposito ricorso per farsi ammazzare e in quell’anno non vi furono più esecuzioni, così come nel successivo anno 1978.
Ma nel 1979 ci furono due esecuzioni. Nessuna nel 1980. Una nell’81, due nell’82. Le esecuzioni furono quattro nel 1983, un mare nel 1984, e sempre in crescita negli anni seguenti. Nel frattempo l’opinione pubblica cambiava atteggiamento, sospinta da coloro che si candidavano a cariche politiche e giudiziarie ad ogni livello promettendo ‘città più sicure’ a suon di esecuzioni capitali. Una paurosa crescita del crimine violento si verificò insieme alla crescita dei consensi per la pena di morte. La percentuale dei favorevoli alla pena capitale superò l’80% nei primi anni Novanta.
Le esecuzioni aumentarono costantemente fino a raggiungere un massimo di 98 nel 1999. Tant’è che dal 1999 ad oggi, in 7 anni, ce ne sono state tante quante nei precedenti 22 anni.
Dobbiamo notare tuttavia che – per fortuna – dal 2000 si è verificata una inversione di tendenza con una moderata diminuzione sia delle esecuzioni (che si sono attestate intorno alla media di 60 in un anno) che del favore del pubblico per la pena capitale. Negli ultimi anni inoltre le condanne capitali sono calate drasticamente, segno di una maggiore consapevolezza delle giurie (vedi ad es. n. 114, ultimo articolo, e l’articolo sulle giurie più avanti).
Il millesimo condannato ad essere ucciso doveva essere Robin Lovitt nella Virginia, tuttavia costui si è salvato in extremis perché il governatore Mark Warner, in procinto di lasciare definitivamente il suo incarico, gli ha commutato la sentenza di morte in carcere a vita. Il motivo della grazia addotto da Warner è la distruzione prematura delle prove da parte di un cancelliere, prove che secondo Lovitt avrebbero potuto scagionarlo. Quest’ultimo ha evitato per il rotto della cuffia di costituire la tragica pietra miliare nella storia della pena di morte, Warner ha infatti confessato di essere stato tremendamente incerto prima di prendere la sua decisione. Ora il discutibile record di essere il millesimo ‘giustiziato’ è alla portata di Kennett Boyd che sarà quasi sicuramente ucciso in North Carolina alle 2 di notte del 2 dicembre.
7) BREVE RIAPERTURA DEL PROCESSO SENZA GIUSTIZIA A SADDAM
Il 28 novembre si è riaperto per sole tre ore il processo a Saddam Hussein e a sette suoi ex collaboratori, cominciato il 19 ottobre ma sospeso ed aggiornato dopo appena tre ore dall’inizio.
Al termine di un’udienza turbolenta il processo è stato ulteriormente aggiornato al 5 dicembre per consentire la sostituzione di due avvocati difensori, nel frattempo uccisi in altrettanti attentati.
Come abbiamo ampiamente riferito nel numero precedente, Saddam Hussein - in questo processo gravemente ingiusto, carente, limitato ed insicuro - è imputato insieme ai suoi collaboratori di aver ordinato oltre 140 esecuzioni sommarie ed altre forme di rappresaglia in seguito ad un fallito attentato contro la sua persona avvenuto nel 1982 nella città di Dujayl.
Se nel processo la giustizia e latitante, è ben presente, in una soffusa atmosfera di paura, lo spettro della pena di morte di cui tutti parlano sia nelle strade che nei palazzi del potere dell’Iraq.
Alcuni degli avvocati difensori non si sono presentati all’udienza del 28 novembre per motivi di sicurezza. Ad un certo momento è invece comparso Ramsey Clark, ex ministro della giustizia degli Stati Uniti, ora avvocato e attivista per i diritti umani, chiedendo di partecipare alla difesa del deposto dittatore. Dopo alcune formalità, Clark è stato effettivamente aggregato ai difensori insieme a Najeeb Nauimi, un ex ministro della giustizia del Qatar. L’entrata nel processo di elementi non iracheni ha contrariato non poco il governo attuale dell’Iraq.
A parte alcune vivaci proteste di Saddam per i modi spicci con cui è stato trattato dalle guardie americane durante il percorso verso l’aula del tribunale – ben differenti dalle maniere che egli ritiene debbano essere usate nei riguardi del ‘presidente legittimo’ dell’Iraq – la seduta è stata caratterizzata dalla proiezione di una testimonianza postuma, video-registrata il 23 ottobre.
Non osiamo esprimere un giudizio sul valore che può avere un tal tipo di ‘prova’ (per quali motivi, in quali condizioni e sotto quali pressioni è stata resa?). In un letto d’ospedale con vari tubi e monitor collegati al suo corpo, il 45enne Wadah Ismael al-Sheik, morente per un cancro polmonare, senza l’assistenza di un avvocato difensore riferisce sui fatti a cui prese parte in qualità di investigatore della polizia segreta irachena.
Racconta il testimone, nel frattempo deceduto, che le guardie del corpo del presidente iracheno uccisero alcuni uomini nel corso dell’attacco e, anche se fecero fuoco verso il convoglio di Saddam al massimo 12 attentatori, vennero arrestate alla rinfusa più di 400 persone - uomini, donne e bambini - parte delle quali poi processate, altre rilasciate dopo tre anni di carcere. Dice di non essere al corrente di episodi di tortura nei riguardi dei sospetti. Non gli risulta inoltre che Saddam Hussein dirigesse personalmente la repressione nella quale invece avrebbe avuto un ruolo preminente l’imputato Barazan Ibrahim.
In precedenza era stato proiettato un breve video del 1982, in cui si vede Saddam che respinge freddamente le proteste di innocenza di tre dei fermati.
Non è facile prevedere se e quanto potrà andare avanti un procedimento così irregolare e frammentato e men che meno il periodo nel quale potrà concludersi.
8) IL CASO CANTU, ‘PISTOLA FUMANTE’ TROVATA DAGLI ABOLIZIONISTI
Il 24 agosto 1993 Ruben Cantu, diciassettenne all’epoca del crimine per il quale era stato condannato a morte, fu ucciso in Texas con un’iniezione letale. Si era sempre dichiarato innocente. A distanza di 12 anni, l’Houston Chronicle, uno dei principali giornali texani, ha documentato con una approfondita indagine la sua innocenza, ricostruendo anche le cause che lo hanno portato tra le braccia del boia.
I conservatori affermano con tracotanza che in epoca moderna negli Stati Uniti non si è mai dimostrato che un condannato a morte ‘giustiziato’ fosse innocente. Come osserva l’Houston Chronicle in un editoriale del 23 novembre, il caso Cantu potrebbe costituire la ‘pistola fumante’ da lungo tempo cercata dagli abolizionisti texani, ed ora trovata in mano al potere assassino.
Nato in un quartiere poverissimo di San Antonio nel Texas, quarto di cinque figli di una donna che aveva sposato, ancora tredicenne, un uomo di 24 anni più anziano, Ruben crebbe taciturno e isolato. Quando sua madre lasciò il padre, egli scelse di restare con lui in una roulotte nei sobborghi di San Antonio, in una zona frequentata da spacciatori e malviventi. Suo padre era assente da casa tutto il giorno e Ruben ben presto abbandonò la scuola e iniziò a frequentare i gruppi di giovani spacciatori e membri di gang del suo quartiere. Imparò presto a diffidare della polizia e si fece un punto d’onore di non tradire mai un compagno o un amico. Prima di diventare maggiorenne finì, per caso, col mettersi irrimediabilmente nei guai. Vediamo come.
L’8 novembre 1984 David Garza, quindicenne e amico fraterno di Ruben, va a cercare Ruben. Il padre di Ruben gli dice che il figlio è fuori. Allora David va da un altro loro amico, diciassettenne come Ruben, e insieme decidono di rapinare due immigrati messicani che sono di guardia ad un edificio in costruzione. I ragazzi pensano che questi due uomini siano spacciatori carichi di denaro.
Penetrano armati nella casa in costruzione e svegliano i due. Pedro Gomez, 25 anni, cerca di reagire a sua volta con un’arma, e viene ucciso a fucilate dal compagno di David, che finisce poi di scaricare il fucile sull’altro uomo, il diciannovenne Juan Moreno. I due rapinatori fuggono con poco denaro. Juan, ferito gravemente, riesce ad uscire dalla casa e a chiamare soccorsi. Ricoverato in ospedale, rimane in stato di incoscienza per molto tempo. Tutto quello che riesce a dichiarare alla polizia è di aver riconosciuto, nei due criminali, due ragazzi che abitano nel quartiere.
Vengono individuati e fermati David Garza e Ruben Cantu. Quando Moreno si riprende, gli vengono mostrate delle foto segnaletiche, tra cui quella di Cantu, ma lui non lo riconosce come autore del crimine. Il caso viene temporaneamente archiviato.
Il 1° marzo 1985 un poliziotto fuori servizio con precedenti per rissa, Joe De La Luz, litiga in un bar con Ruben Cantu. La lite si esaspera e Ruben, estratta una pistola, spara e ferisce il poliziotto.
Dichiarerà poi alla polizia di aver fatto fuoco solo dopo che l’altro lo aveva minacciato con la sua pistola. Per questo incidente Ruben viene prosciolto, nonostante la presenza di decine di testimoni nel bar e la sua stessa ammissione di aver premuto il grilletto, perché a detta del giudice il caso è dubbio e pieno di false dichiarazioni.
In compenso l’accaduto induce la polizia a riaprire il caso relativo all’omicidio di Gomez e ad incastrare Ruben. Un nuovo investigatore della polizia si reca da Moreno con la fotografia di Ruben, e questi per la seconda volta non riconosce in lui il suo aggressore. La polizia torna alla carica una terza volta con un nuovo investigatore che presenta a Moreno la fotografia di Ruben dicendogli che la polizia è sicura che sia lui l’assassino. Moreno, spaventato e stanco, dice che Ruben è il colpevole. Al processo Moreno testimonia contro Ruben e anche il suo amico Garza, nel frattempo arrestato e implicato nel caso ma solo per la rapina, testimonia in cambio di una riduzione della pena dicendo che il suo complice e autore dell’omicidio è proprio Ruben.
(Oggi il pubblico accusatore Sam D. Millsap Jr., che ottenne a suo tempo la condanna capitale di Ruben Cantu, ammette che non avrebbe mai chiesto la pena di morte se avesse saputo che il caso era basato su un riconoscimento avvenuto solo dopo che la polizia aveva mostrato una fotografia al testimone per tre volte.)
Nessuno dei numerosi potenziali testimoni a favore, che possono confermare che quel giorno Ruben si trovava lontano da San Antonio, nella città di Wako, viene chiamato a testimoniare. La giuria dichiara che Ruben è colpevole. Nella fase di “punishment” del processo capitale, l’accusa chiama a testimoniare il poliziotto De La Luz, che illustra quanto Ruben sia pericoloso e aggressivo. Tanto basta perché Ruben venga condannato a morte. E’ condannato a morire, in definitiva, solo sulla base delle testimonianze di un criminale e di un giovane che è stato forzato a riconoscerlo. Nessuna prova fisica lo lega al delitto.
Gli appelli successivi non conducono a nessun risultato. Il suo amico Garza, pentito, cerca di aiutare Ruben dall’interno del carcere, scrivendo una lettera alla sua avvocatessa, in cui dichiara che il caso è pieno di falsità, ma non specifica dettagli. Dichiarerà poi di non essersi fidato di mettere per scritto in una lettera delle affermazioni più dettagliate, ma di aver sperato che l’avvocatessa si sarebbe recata da lui in carcere per ascoltare i particolari. Questo non avvenne e Ruben fu messo a morte. Fino all’ultimo sperò di essere graziato. “Non posso essere giustiziato – diceva - perché sono innocente”. Poveretto, quanto si sbagliava!
Adesso il suo amico Garza, dall’interno del carcere, con il cuore gonfio di rimorso, ha rilasciato una dichiarazione giurata all’Houston Chronicle, in cui afferma che Ruben non era presente alla rapina e che l’autore del delitto fu un altro ragazzo. Dell’identità del vero assassino pare che anche Ruben fosse informato, ma non volle mai tradire un amico, forte del giuramento di omertà fatto in gioventù e al quale egli si è sempre attenuto anche a prezzo della vita. Anche Moreno, interrogato dall’Houston Chronicle, ha rilasciato una dichiarazione in cui conferma la sua certezza di aver fatto incriminare l’uomo sbagliato e di aver agito perché intimorito dalle pressioni della polizia. Moreno dichiara inoltre di essere sicuro che la polizia volle incastrare Ruben soprattutto per vendicare l’aggressione del poliziotto De La Luz.
Il caso, che sta suscitando grande scalpore in Texas (un evento eccezionale, questo, mentre purtroppo non è eccezionale l’esecuzione di persone incriminate sulla base di testimonianze inconsistenti e di patteggiamenti con complici del crimine) ci ricorda con drammatica evidenza i casi del nostro amico Gary Graham e di molti altri. Di esso si occuperà con tutta probabilità il Consiglio di Consulenza Criminale del Governatore istituito nel marzo scorso (v. n. 127, Notiziario). E’ probabile inoltre che verrà fatta un’approfondita inchiesta da parte dello stesso sistema accusatorio dello stato del Texas.
Sì, il potere è stato colto con una ‘pistola fumante’ in mano.
Tony Ford, che doveva essere ammazzato il 7 dicembre, fu condannato a morte sulla base di un errato riconoscimento, come ha dimostrato con grande abilità il suo autorevole avvocato Dick Burr (lo stesso che difese Gary Graham negli ultimi anni di vita). Speriamo che lo scalpore suscitato dal triste caso di Ruben Cantu contribuisca a sollevare il dibattito e i dubbi su quello di Tony Ford. L’esecuzione di Tony è stata sospesa, per lui il Texas è ancora in tempo. (Grazia)
9) GOVERNATORE, LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI E’ CONTRARIA
Questa lettera è stata inviata al Governatore Rick Perry in occasione della manifestazione abolizionista Journey of Hope tenutasi in Texas dal 14 al 31 ottobre.
On. Rick Perry,
Governatore del Texas
Austin, Texas, USA
Ill.mo Sig. Perry,
non si meravigli di ricevere una lettera da un italiano che vive così lontano dal suo paese ma, in quest’epoca di globalizzazione, nulla di quanto succede al mondo è lontano da noi e soprattutto, quello che succede in USA ha molta influenza anche sugli altri paesi.
Lo scopo della mia lettera è quello di parlare con lei della pena di morte, una punizione ormai scomparsa dalla maggior parte dei paesi del mondo. La maggioranza degli italiani è contraria a questa punizione e questo non è strano se pensiamo alla storia della pena di morte nel mio paese. Nei secoli passati, quando l’Italia era ancora divisa in tanti piccoli stati, la pena capitale venne abolita nel Granducato di Toscana nel 1786 e poi, dopo l’avvenuta unità nazionale, venne abolita nel Regno d’Italia nel 1889. Venne poi restaurata dal fascismo nel 1926 ed abolita nuovamente e definitivamente con la nostra costituzione repubblicana nel 1948. La pena di morte è stata poi abolita in quasi tutti i paesi europei ed è molto strano che invece venga mantenuta in USA con tutto il suo rigore. Mi viene da pensare che gli americani siano andati molto avanti nel progresso materiale dell’economia e della tecnologia, ma siano rimasti gli stessi dei secoli scorsi nel progredire delle coscienze e dei sentimenti umani.
Sappiamo tutti che in America, la criminalità è molto diffusa e lei è certamente convinto che la pena di morte sia un deterrente contro i criminali. Anche in Italia ci sono persone favorevoli alla pena di morte (una minoranza), che danno spiegazioni sociologiche, filosofiche ed anche religiose. Ho sentito più volte la citazione biblica dell’occhio per occhio, dente per dente. Ma siamo sicuri che questa citazione dica quali sono le pene da comminare? Non potrebbe invece essere un monito contro la comminazione di pene eccessive? Forse questa citazione non vuol dire che chi uccide deve essere ucciso, forse vuol dire che, se qualcuno ha preso un occhio o un dente, al massimo possiamo prendergli un occhio o un dente e non di più. Questa citazione cioè indica le pene MASSIME che possiamo comminare ai criminali, non le pene OBBLIGATORIE.
Queste persone sembrano trascurare un altro passo della Bibbia, la citazione che dice “Nessuno tocchi Caino”. Quando ho fatto presente questa dimenticanza, mi sono sentito rispondere: “Sì, nessuno tocchi Caino, ma chi proteggerà Abele?” Con questo, si intendeva dire: “Sì, lasciamo vivere i criminali, ma chi protegge le vittime?” A questa domanda, credo di poter rispondere dicendo che le punizioni sono necessarie ma che le punizioni dure sono solo vendette postume che non difendono Abele. Abele va difeso quando è ancora vivo con la prevenzione dei delitti, prevenzione per la quale la minaccia di punizioni gravi come la pena di morte non è efficace. La vera prevenzione si fa cominciando dall’inizio, cioè dal bambino, inculcando nei bambini un forte sentimento di ripulsa verso il crimine e facendo maturare e progredire le loro coscienze di adulti. Per esempio, io non uccido perché c’è la prigione o la pena di morte; io non uccido perché la mia coscienza si ribella e perché sento una grande ripugnanza verso l’omicidio e verso tutti i crimini. Ovviamente io non avevo questi sentimenti quando sono nato. Mi sono stati insegnati dai miei genitori, dalla mia famiglia, dalla società in cui sono cresciuto ed ora sono convinto che questi sentimenti siano la vera prevenzione del crimine e che siano ciò che veramente difende Abele. Anche in America, i crimini diminuirebbero di molto se la coscienza degli americani fosse formata in questo modo.
Allora, perché non cominciare a lanciare agli americani messaggi in questo senso? E’ vero che la grande criminalità desta un grande bisogno di protezione nei cittadini, i quali chiedono ai politici di lottare duramente contro il crimine, ma anche se è vero che vi sono istanze che vanno dai cittadini verso i governanti, è pur vero che vi sono anche insegnamenti che devono andare dai governanti verso i cittadini. E poi, come ho detto, la più efficace protezione dei cittadini è la creazione di coscienze individuali e sociali assolutamente contrarie al crimine.
Lei mi dirà che l’America è una democrazia che rispetta la volontà popolare. In America, i cittadini vogliono la pena di morte ed i politici gliela danno. Ma oltre a sottolineare ancora una volta la necessità che i politici, oltre che di guida, siano anche di insegnamento per i cittadini, devo anche far presente che la democrazia non è un concetto assoluto. I diritti umani, tra cui il diritto di vivere che tutti gli esseri umani hanno, non può dipendere dalla volontà popolare. Per esempio, la maggioranza dei cittadini in Europa non era contraria alla discriminazione contro gli ebrei, ma questo non trasformava questa discriminazione in un rispetto democratico della volontà popolare. La schiavitù non è mai stata un concetto democratico, nemmeno quando la maggioranza dei cittadini era favorevole, e se oggi la maggioranza degli americani volesse il ripristino della schiavitù, non credo proprio che la schiavitù sarebbe ripristinata in America per rispettare la volontà popolare. Anzi, se non mi sbaglio, nel 1863 la maggioranza degli Americani era ancora favorevole alla schiavitù, tuttavia essa venne ugualmente abolita. Questo successe anche in Italia: nel 1948, quando venne abolita, la maggioranza degli italiani era ancora favorevole alla pena di morte. Tuttavia gli insegnamenti ed i messaggi di civiltà provenienti dai nostri governanti hanno trasformato nel tempo la minoranza contraria alla pena capitale in una solida maggioranza abolizionista.
Anticamente la pena di morte esisteva in tutti i paesi del mondo e spesso le esecuzioni erano precedute dalla tortura, perché si riteneva normale e naturale che la pena di morte dovesse essere dolorosa. La storia è piena di condanne a morte eseguite con metodi che procuravano una lunga agonia con dolori terribili. In seguito, la coscienza del genere umano è progredita e, nei paesi più civili, è scomparsa la tortura preventiva e le esecuzioni sono state eseguite con metodi meno dolorosi. Purtroppo, in America, il progredire su questa strada si è fermato a questo punto, cioè dare la morte con metodi indolori, mentre negli altri paesi, in seguito ad un ulteriore incivilimento, la pena capitale ha cominciato a scomparire fino ad essere abolita nella maggior parte degli stati del mondo. Ne consegue che l’abolizione della pena di morte significa progresso, il suo mantenimento significa l’arresto del progresso, la sua reintroduzione significa regresso. I criminali commettono spesso azioni orribili ma uno stato moderno, civile ed umano non può commettere gli stessi crimini. Non esistono omicidi legali ed illegali; esistono solo omicidi, senza aggettivi. La punizione per i criminali che uno stato progredito ha a sua disposizione è solo una: la prigione.
Tuttavia, sia pure più lentamente, la pena di morte scomparirà anche dagli USA, dalle sue leggi ed anche dalla coscienza degli americani e, in quel momento, il mondo ricorderà i politici che l’hanno abolita, non quelli che l’hanno mantenuta. Mr. Perry, lei è un uomo politico con una carriera politica ancora da percorrere ma questa carriera un giorno certamente finirà e da quel giorno comincerà per lei la strada dell’oblio. Dopo alcuni anni da quel giorno, chi si ricorderà di Rick Perry? La vera carriera politica è quella che lascia un ricordo duraturo nella memoria collettiva e nella storia del paese. Oggi, quanti americani sanno chi furono James Garfield o Chester Arthur? Molto pochi, io penso. Essi sono stati presidenti degli USA, eppure sono stati quasi del tutto dimenticati. Mr. Perry, perché non compiere un atto che, anche se al presente può forse procurare rabbia ed antipatia, può certamente procurare stima ed ammirazione anziché oblio in un tempo più lontano? Mr. Perry, lei può essere padre, non figlio, del suo tempo compiendo un atto destinato ad entrare nella storia: abolisca la pena di morte nel Texas. Gliene saranno grate tutte le generazioni future. E non dica anche lei di essere un conservatore compassionevole: anche i conquistadores spagnoli del 16° secolo battezzavano i bambini amerindi con una mano prima di ucciderli con l’altra.
La ringrazio sentitamente per la sua attenzione e la saluto molto cordialmente
Paolo Cifariello
10) DODICI GIURATI CIECHI, ANZI ACCECATI
Basandosi su un attento studio delle giurie che siedono in America nei processi capitali a partire dal 1976, il Centro di Informazione sulla Pena di Morte (DPIC) ha rilasciato un rapporto in cui si dimostra che i giurati vengono molto spesso ingannati, sfruttati e spinti a una decisione mortale pur ignorando gran parte della verità sul caso di volta in volta giudicato.
Il rapporto “Giustizia cieca: Giurie che decidono la vita e la morte conoscendo solo parte della verità” che si può leggere all’indirizzo: http://www.deathpenaltyinfo.org/BlindJusticeReport.pdf considera la pena capitale dal punto di vista dei giurati, che spesso si trovano, nelle aule di tribunale, nel bel mezzo di un’accesa battaglia, in cui essi vengono trattati come pedine, manipolati e tenuti all’oscuro del reale svolgimento dei fatti.
I problemi con le giurie e per le giurie si presentano già nelle fasi preliminari del processo capitale, ossia fin dalla scelta dei giurati stessi. A priori vengono scartate quelle persone che non sono favorevoli alla pena di morte e spesso la scelta è anche influenzata dal razzismo.
Le pecche iniziali se ne aggiungono altre quando si arriva alla fase dibattimentale. “…informazioni vitali sono spesso taciute durante i processo. Le prove che i giurati ascoltano sono molte volte inaffidabili”, spiega Richard Dieter, direttore esecutivo della DPIC.
Ai giurati vengono mostrate le fotografie più truculente del delitto, tacendo gli eventuali fattori scagionanti o almeno attenuanti per l’imputato; si descrive la famiglia della vittima in modo pietoso e pietistico, mentre si ignorano completamente la sofferenza e le problematiche della famiglia del potenziale colpevole.
Al temine del processo capitale, ottenuta la sentenza di morte, i giurati vengono dimenticati, mentre su di essi di fatto pesa la scelta effettuata. Sappiamo bene anche noi, in base alle esperienze passate, che molti di questi giurati, intervistati successivamente, in seguito alla scoperta di prove di innocenza che magari erano state tenute nascoste durante il processo, dichiarano di sentirsi malissimo e di desiderare ardentemente di poter cambiare il verdetto. Ma questo non è più in loro potere.
Rimorsi e crisi psicologiche a posteriori emergono sia da rapporti come quello stilato dalla DPIC, sia dai giurati stessi che rilasciano, spesso, interviste ai media e dichiarazioni giurate alle corti di appello, in cui affermano il loro mutamento di opinione nei riguardi del condannato. Il fenomeno sta avendo un effetto positivo: i giurati nei processi capitali sono sempre più spesso a conoscenza delle problematiche che hanno riguardato i loro predecessori, e pervasi da dubbi salutari. Mentre gli Stati Uniti si preparano alla millesima esecuzione da quando la pena di morte fu reintrodotta nel 1976, il crescente scetticismo dei giurati riguardo alla giustizia della pena capitale ha contribuito a ridurre del 50 per cento le condanne a morte negli ultimi cinque anni. In numero sempre maggiore, le giurie optano per punire con la massima pena detentiva invece che con la pena di morte.
Ci auguriamo con tutto il cuore che questo fenomeno, unito alla presa di coscienza della popolazione dei difetti gravissimi del sistema giudiziario capitale, alle crisi psicologiche (sempre a posteriori, purtroppo) rese note da alcuni libri e a volte dai giornali, di ex guardie carcerarie e direttori di carceri che si sono occupati di mettere a morte tanti prigionieri, possa portare in un futuro relativamente vicino alla tanto auspicata abolizione della pena di morte negli USA. (Grazia)
11) PAULA COOPER LICENZIA L’AVVOCATO E SI DIFENDE DA SE’
In favore di Paula Cooper, la ragazzina nera abusata che fu condannata alla sedia elettrica nell’Indiana nel 1986 per un omicidio commesso a 15 anni di età, si schierò compatta l’opinione pubblica in Italia dando inizio ad una nuova fase del movimento abolizionista nel nostro paese (vedi ad es. n. 86 e n.128, “Papa Wojtyla...”). Anche per merito degli Italiani e del Papa, Paula si salvò ottenendo la commutazione della sentenza di morte nella massima pena detentiva: 60 anni di carcere. Per buona condotta la detenuta potrebbe uscire di prigione, al più presto, il 21 dicembre 2014 ed ora sta cercando di ottenere una riduzione della condanna. Ella si trova attualmente nella prigione di Rockville (indirizzo: Ms. Paula R. Cooper # 864800 - Rockville Correctional Facility - 811 W. 50 N - Rockville, IN 47872 - USA)
Paula Renée Cooper, che in carcere ha immediatamente dimostrato di essere molto intelligente e desiderosa di migliorare se stessa, si è laureata per corrispondenza nel 2001ed ha portato a termine una quantità di corsi in varie materie acquisendo anche una buona padronanza della giurisprudenza statunitense. Di conseguenza nel giugno scorso ella ha licenziato la sua avvocatessa d’ufficio Kelly A. Kelly ed ha inoltrato un ben circostanziato appello per contestare la durissima condanna che ricevette da adolescente. Oltre a porre numerose questioni ‘tecniche’ su violazioni dei suoi diritti processuali, Paula argomenta giustamente che la sua difesa legale al processo fu carente, che essa agì sotto una forte provocazione costituta dagli abusi a cui era sottoposta, cha a 15 anni non poteva pienamente valutare la gravità morale delle sue azioni e che le sono state negate le usuali salvaguardie ed attenuanti riservate ai minorenni.
All’inizio di novembre, approssimandosi un’udienza sul ricorso della Cooper, l’accusatrice Judith Massa ha fatto conoscere la sua opposizione in quanto Paula avrebbe “inoltrato la petizione con irragionevole ritardo, aspettando circa 19 anni dalla sentenza.” Pertanto: “Lo stato ha ricevuto pregiudizio dal ritardo, i testimoni possono essere inutilizzabili o vivere fuori della giurisdizione della corte e la memoria si è affievolita.”
12) CARI SOCI, CARI AMICI TUTTI, AUGURI!
Se non ci lasciamo travolgere dal consumismo, le festività natalizie possono essere occasione di serenità per noi e per le nostre famiglie: momenti da trascorrere insieme per condividere e rinnovare l’affetto che ci unisce.
Per i condannati a morte, invece, come ci ha raccontato vividamente Kenneth l’anno scorso, si tratta di un periodo particolarmente penoso, perché il cuore è tormentato dal ricordo di simili occasioni trascorse in famiglia, dalla consapevolezza di non poter dare con un abbraccio un segno tangibile di amore ai propri cari (spesso ai propri figli ancora bambini). Tutto ciò nel dolore, sempre presente ma raddoppiato in simili occasioni, per le condizioni di vita inumane e per la solitudine.
Non dimentichiamocene! Cerchiamo con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione (scrivendo dolci messaggi con bei bigliettini, inviando piccoli doni in denaro che i nostri amici possono trasformare in qualche dolcetto natalizio o in altri piccoli “lussi”) di far sentire ai nostri corrispondenti isolati laggiù la nostra comprensione per la loro sofferenza, la nostra commossa partecipazione, e soprattutto la nostra presenza spirituale al loro fianco!
Quest’anno il Natale ci regala qualche vittoria (come avete potuto leggere qui sopra, in Virginia è stata concessa la grazia a Robin Lovitt candidato alla millesima esecuzione, il nostro amico Tony Ford ha ottenuto uno ‘stay’ ed è stata riconosciuta l’innocenza di Ruben Cantu mentre negli USA si parla sempre più apertamente delle gravi ingiustizie connesse con l’uso della pena di morte) ma ancora grandissimi ostacoli ci impediscono di ottenere il risultato finale che tutti auspichiamo: l’abolizione incondizionata ed universale della pena di morte.
Dobbiamo perciò continuare a lottare con determinazione, continuare a sensibilizzare i giovani, affinché la morte somministrata per legge diventi parte del nostro passato e smetta di incombere su di noi e sulle nuove generazioni.
Vi ringrazio di cuore per tutto l’aiuto che avete dato allo staff del Comitato e soprattutto per il grande sostegno e conforto che portate all’interno dei bracci della morte.
Auguro con sincera e forte amicizia a voi e alle vostre famiglie un Natale di pace e un 2006 ricco di soddisfazioni e di serenità.
Grazia Guaschino
Per i soci e i simpatizzanti di fede cristiana, ma forse non solo per loro, trascrivo qui sotto una poesia di Giuseppe Pellegrino che esprime il senso profondo del Natale: un mistero in divenire ed incompiuto ma sorgente di speranza.(Grazia)
La luce
La luce guardò in basso
e vide le tenebre:
"Là voglio andare" disse la luce.
La pace guardò in basso
e vide la guerra:
"Là voglio andare" disse la pace.
L' amore guardò in basso
e vide l'odio:
"Là voglio andare" disse l' amore.
Così apparve la luce
e inondò la terra;
così apparve la pace
e offrì riposo;
così apparve l' amore
e portò la vita.
"E il Verbo si fece carne
e dimorò in mezzo a noi".
13) NOTIZIARIO
Giappone. Il nuovo ministro della giustizia è contrario alla pena di morte. IL 31 ottobre Seiken Sugiura, appena nominato ministro della giustizia del Giappone, ha manifestato la sua contrarietà alla pena di morte. Ed ha aggiunto: “non firmerò quelle carte” riferendosi ai documenti che il ministro della giustizia deve firmare in Giappone perché si possa procedere ad un’esecuzione capitale. Tuttavia egli ha evidentemente ricevuto un richiamo e il giorno dopo ha rettificato: “Il mio commento esprimeva un sentimento personale e non era da porre in relazione con i compiti e i doveri del ministro della giustizia che deve sovrintendere al sistema legale. Voglio correggere la mia dichiarazione e dire che mi rincresce di ogni malinteso che possa essere conseguito alla mia uscita.” Comunque sia, il fatto che il nuovo ministro della giustizia sia contrario alla pena capitale, e lo abbia detto pubblicamente, è senz’altro incoraggiante.
Massachusetts. Respinto il tentativo del governatore di ripristinare la pena di morte. Da anni il governatore del Massachusetts Mitt Romney si sforza di introdurre nel suo stato – uno dei 12 negli USA senza pena capitale - una pena di morte ‘a prova di errore.’ Rommey è riuscito ad ottenere per la quarta volta che una proposta di legge in tal senso venisse votata in Parlamento. Il 15 novembre la sua sconfitta alla Camera dei Rappresentanti è stata clamorosa: 100 voti contro il patibolo e soltanto 53 a favore. Speriamo che di pena di morte non si parli mai più in Massachusetts.
Usa. Condannato ‘terrorista’ in base a ‘confessione’ evidentemente estorta con la tortura. Il 22 novembre la famigerata Corte federale Distrettuale di Alexandria in Virginia ha dichiarato il cittadino americano Ahmed Omar Abu Ali di 24 anni colpevole di tutti e nove i capi di imputazione contestatigli, comprendenti la cospirazione per assassinare il presidente Bush e commettere pirateria aerea nonché il ‘supporto materiale’ ad al-Qaeda. Si prevede che il 14 febbraio nell’udienza per l’inflizione della pena egli riceverà una sentenza di 20 anni di carcere. La condanna è scaturita da una ‘confessione’ video-registrata ottenuta dai servizi di sicurezza dell’Arabia Saudita. Sia il giudice che la giuria hanno respinto la circostanziata denuncia dell’imputato di essere stato sottoposto a tortura per ottenere la ‘confessione’. E’ invece noto il largo e sistematico uso della tortura da parte dell’Arabia Saudita. Il fatto che nel video il meschino si auto-denunciasse con accanimento, apparentemente allegro e sollevato, può essere spiegato con un tecnica classica della tortura: somministrare droghe al soggetto sofferente per far cessare improvvisamente il dolore ed indurlo, con semplici stratagemmi psicologici, ad accusarsi. D’altra parte pare incredibile che una persona possa sensatamente progettare tutte le enormità di cui ai capi di imputazione.
Usa. Disperazione a Guantanamo. Almeno 27 detenuti nel campo di Guantanamo sono in sciopero della fame dallo scorso agosto (molti di più secondo alcuni avvocati), strettamente monitorati dal personale medico del campo. Ventiquattro di essi sono sottoposti ad alimentazione forzata. Si è saputo inoltre di numerosi tentativi di suicidio, nessuno dei quali sarebbe riuscito, compiuti con altri metodi. Jumah Dossari aveva avuto il raro privilegio di un colloquio con il suo avvocato il 15 ottobre quando ha chiesto di andare alla toilette. Poiché il detenuto tardava, l’avvocato Joshua Colangelo-Bryan ha prima bussato e poi ha fatto irruzione nel W. C. trovando Dossari impiccato, con la lingua di fuori e gli occhi rovesciati all’indietro, e con un polso tagliato. Il detenuto era incosciente ma ancora vivo ed è stato salvato. L’amministrazione del campo il 18 novembre ha fatto sapere che riguardo a Dossari tutto è sempre stato fatto per bene: riceve appropriate cure per la salute mentale ed adeguate quantità di interazioni umane, di esercizio e di stimolazioni intellettuali. Egli per di più avrebbe stabilito “cordiali relazioni con il gruppo che svolge gli interrogatori.” (L’aspirante suicida aveva invece detto all’avvocato che gli ‘intervistatori’ compivano abusi di lui). Sembra strano apprendere che tre giorni prima di queste rassicurazioni, il prigioniero avesse di nuovo tentato di togliersi la vita. Aggiungiamo che Colangelo-Bryan ha rivisto il suo cliente: incatenato ad una sedia a rotelle e con un laccio al collo.
Usa. La Camera blocca il provvedimento anti-tortura inviso a Cheney. Il testo legale che proibisce i trattamenti crudeli, inumani e degradanti inflitti a qualsiasi persona in custodia o sotto controllo degli USA, approvato a larghissima maggioranza dal Senato il 5 ottobre (v. n. 132) all’inizio di novembre è stato bloccato a tempo indeterminato dalla maggioranza repubblicana della Camera dei Rappresentanti. I Democratici affermano che tale mossa è un tentativo di risparmiare una pessima figura al Vice presidente Dick Cheney che, come abbiamo detto, si oppone fermamente al provvedimento. La Casa Bianca esige – come minimo - che vengano esentati del provvedimento gli agenti della C.I.A. in servizio nei “black sites” (carceri segrete che ospitano prigionieri sospettati di terrorismo, v. articolo seguente). Frattanto, il 3 novembre, il Pentagono ha approvato una direttiva di otto pagine – per altro generica e di dubbia efficacia – per garantire un uniforme e corretto trattamento dei prigionieri da parte dei militari americani.
Usa. Prigioni segrete della C.I.A. per detenuti fantasma, anche in Europa. Il 3 novembre il Comitato Internazionale della Croce Rossa, l’Unione Europea e diverse organizzazioni per i diritti umani hanno rivolto appelli agli Stati Uniti e ai governi dei paesi europei perché riferiscano sulla sospetta esistenza di prigioni segrete per ‘detenuti di alto valore nella guerra globale al terrore’ in otto paesi non bene identificati tra cui vi sarebbero la Tailandia, l’Afghanistan e ‘vari paesi democratici europei’. La questione era stata sollevata il giorno prima da un lungo articolo del Washington Post. Il segreto intorno alle carceri e ai carcerati potrebbe nascondere pratiche inaccettabili in merito ad abusi e torture. Senza contare la pratica della ‘rendition’ con la quale i detenuti vengono ‘affidati’ dagli Americani a paesi da loro stessi denunciati per l’uso sistematico della tortura, quali Afghanistan, Egitto, Marocco, Giordania. Successivamente Human Rights Watch, basandosi sulla registrazione di voli misteriosi, ha riversato specifici sospetti sulla Polonia e sulla Romania. Voli segreti della CIA toccherebbero inoltre sei aeroporti dalla Germania. Da ciò che trapela - a dire il vero con una grande difficoltà che disonora i paesi ‘democratici’ che si rendono disponibili alle violazioni o che sanno - si può desumere che il numero di detenuti fantasma nei riguardi dei quali Cheney esige licenza di tortura (v. n. 132) sia assai più alto di quanto si riteneva. La programmata visita in Europa di Condoleezza Rice nella seconda settimana di dicembre sarà probabilmente condizionata dalla questione delle prigioni segrete e dei voli segreti della CIA.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 30 novembre 2005
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The Hon. Arnold Schwarzenegger
Governor of California
State Capitol Building
Sacramento, California 95814
Dear Governor Schwarzenegger
We, as citizens of Italy and of the world, want to bring to your attention the case of an American citizen condemned to death in your state of California.
His name is Clarence Ray Allen (B-91240 San Quentin State Prison). He is a native Cherokee/Choctaw, and has been incarcerated for almost thirty years. His execution is set for January 17, 2006, which will be the day after his 76th birthday.
Mr. Allen was defended by unprepared and unwilling court-appointed lawyers, attorneys whom no one, including yourself, would ever hire, if there were a choice. But we don't want to discuss the merits of the case. We only want to remind you that as Governor of California, you have the power to save this man's life. This is not a question of Mr. Allen's guilt or innocence, or his history of criminal offenses. He has already suffered the punishment of an extremely long imprisonment. He has faced execution dates four times, including this last one. This man is old and ill. He has had two heart attacks and suffers from diabetes. He is almost blind, and he cannot walk properly.
We beg you to spare such an old man's life, a defenseless man who is no longer a threat to anyone. We beg you to stop Mr. Allen's killing by lethal injection. We appeal to the Eighth Amendment to the United States Constitution, which prohibits cruel and unusual punishment. We appeal to your sensitivity and compassion, and we request you to show the world that American justice is capable of being a model of humanity and civilization for us all.
Respectfully, (nome, cognome, indirizzo postale completo) (firma)