FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 265 - Novembre 2019
Rodney Reed Stacey Stites e Jimmy Fennell
SOMMARIO:
1) Quasi incredibile: enormi pressioni sul Texas salvano Rodney Reed
2) Usa: bloccate tutte le esecuzioni a livello federale!
3) Sì, no, sì ... alla fine la Georgia uccide Ray Jefferson Cromartie
4) Messo a morte in South Dakota l’omosessuale Charles Rhines
5) Hall giustiziato in Texas nonostante fosse un malato mentale
6) Di nuovo bloccata in Texas l’esecuzione del buddista Murphy
7) Gli Americani ora preferiscono l’ergastolo alla pena di morte
8) Il Numero dei condannati a morte negli USA è il più basso da 27 anni
9) Esecuzioni imminenti negli Stati Uniti di Rick Halperin
10) La Pennsylvania ha abolito l’isolamento dei condannati a morte
11) Contestato Singapore per l’esecuzione di un trafficante di droga
12) Notiziario: Iran, Oklahoma, Texas
1) QUASI INCREDIBILE: ENORMI PRESSIONI SUL TEXAS SALVANO RODNEY REED
In quella che è stata definita la più grande mobilitazione nella storia della pena di morte statunitense sono state apposte più di due milioni di firme in calce alle petizioni inoltrate al Governatore Greg Abbott in favore del nero condannato a morte Rodney Reed che doveva messo a morte il 20 novembre. Hanno fatto sensazione gli appelli inviati da famose personalità dello spettacolo e della politica.
Rodney Reed, un nero condannato a morte in Texas nel 1998 per l’omicidio di una ragazza bianca, la 19-enne Stacey Stites, avvenuto a Bastrop il 23 aprile ‘96, si è salvato in extremis dall’iniezione letale.
Ciò in seguito alle enormi pressioni esercitate sul Governatore Greg Abbott dall’opinione pubblica statunitense. Hanno fatto sensazione gli appelli per la grazia inoltrati da illustri personalità dello spettacolo come il conduttore televisivo Phil McGraw, Kim Kardashian, Beyoncé, Rihanna…
Ventisei deputati e sedici senatori texani sono intervenuti presso il Governatore in favore di Rodney Reed. Così hanno fatto anche i vescovi cattolici del Texas.
L’ambasciatore dell’Unione Europea negli Stati Uniti Stavros Lambrinidis ha mandato una lettera al Governatore Abbott ribadendo l’opposizione dell’Unione Europea alla pena di morte e osservando che “le prove nel caso del signor Reed pongono sostanziali dubbi sulla sua colpevolezza”.
In quella che è stata definita la più grande mobilitazione nella storia della pena di morte statunitense sono state apposte più di due milioni di firme in calce alle petizioni in favore del condannato inoltrate al governatore Abbott (il quale si è rifiutato di rilasciare alla stampa qualsiasi commento).
L’iniezione letale per Rodney Reed era stata programmata per il 20 novembre u. s. nel tristemente famoso vecchio carcere di Huntsville, ma il 15 novembre la Commissione per le Grazie del Texas (Texas Board of Pardons and Paroles) votando all’unanimità ha proposto al Governatore Abbott di sospendere per 120 giorni l’esecuzione. Poi la Corte Criminale d’Appello del Texas ha sospeso l’esecuzione a tempo indeterminato.
Man mano che emergevano le prove a favore del nero Rodney Reed si accumulavano le prove a carico del bianco Jimmy Fennell, un poliziotto che stava per sposare la sventurata Stacey Stites quando costei fu strangolata con la sua cintura e abbandonata a lato di una strada secondaria non asfaltata. Fennell, che finì in carcere nel 2007 per aver commesso una violenza carnale mentre era in servizio, e vi rimase per 10 anni, era di una gelosia morbosa e, secondo quanto riferito da alcuni suoi confidenti, si vantò di aver ucciso la sua fidanzata dopo aver scoperto gli intercorsi sessuali tra lei e Rodney Reed. Un poliziotto ha riferito che, assistendo al funerale di Stacey Stites, Fennel disse che lei aveva avuto ciò che si meritava. (1)
Reed afferma che lui e la Stites avevano iniziato casualmente una relazione e facevano sesso d’accordo fra loro. Al contrario la madre e le sorelle della ragazza uccisa negano con forza l’esistenza di una tale relazione consensuale.
La madre di Rodney Reed è sicura che suo figlio sia innocente. Alla partenza di una marcia contro la pena di morte verso il Campidoglio del Texas (sede del Governatore), svoltasi nel mese scorso, aveva parlato con voce bassa ma con un’espressione fiera e speranzosa. “Non posso credere che il Governatore del Texas Abbott e il Procuratore Generale Ken Paxton rimangano a guardare mentre viene tolta la vita ad un innocente”, aveva detto dopo aver parlato a decine di sostenitori di Reed e di oppositori della pena di morte. “Noi abbiamo provato la sua innocenza; loro non hanno provato la sua colpevolezza”.
“Siamo felici del fatto che avremo la possibilità di presentare le prove schiaccianti che Rodney Reed non commise quel crimine” ha dichiarato l’avvocato difensore Bryce Benjet esponente dell’Innocence Project. “La Corte Criminale d’Appello ha preso atto della sostanza di questo caso e della necessità di un’udienza speciale in cui le prove possano essere esaminate.”
L’Innocence Project ha preannunciato un’udienza della durata di una settimana in cui saranno ascoltati nuovi testimoni a favore di Rodney Reed. La data di tale udienza non è stata ancora fissata.
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(1) Sia Rodney Reed che Jimmy Fennell sono stati accusati di varie violenze carnali. Reed, anche se non condannato, è stato accusato di alcune violenze carnali avvenute prima del 1998.
2) USA: BLOCCATE TUTTE LE ESECUZIONI A LIVELLO FEDERALE!
Non si compiono più esecuzioni nella giurisdizione federale degli Stati Uniti d’America da 16 anni e l’amministrazione di Donald Trump, pur provandoci, non è riuscita a far uccidere alcun condannato.
Il 20 novembre Tanya Chutkan, giudice della Corte Federale del Distretto di Columbia (a suo tempo nominata dal presidente Barack Obama), ha bloccato le 4 esecuzioni federali programmate tra dicembre e gennaio, congelando in questo modo lo sforzo dell’amministrazione Trump di ricominciare ad uccidere i condannati a morte a livello federale, dopo una moratoria delle esecuzioni durata sedici anni. (1)
Una quinta esecuzione, quella di Lezmond Mitchell, l’unico Nativo Americano nel braccio della morte federale, programmata per l’11 dicembre, era già stata bloccata dalla Corte federale d’Appello del 9° Circuito. (2)
Da notare: negli Stati Uniti vi sono 94 Corti federali Distrettuali e 13 Corti federali d’Appello.
In luglio il Ministro della Giustizia, William Barr, aveva annunciato di voler riprendere le esecuzioni nel carcere federale di Terre Haute, nell’Indiana. Aveva affermato che la pena di morte era stata lasciata languire per troppo tempo e che giustizia sarebbe stata fatta per quelli che egli definì “i peggiori criminali”. Barr ricordò inoltre che il nuovo protocollo delle esecuzioni prevede l’utilizzo di una sola sostanza letale, il pentobarbital, in sostituzione del cocktail di tre farmaci usato nelle ultime esecuzioni federali portate a termine. Già da alcuni anni i condannati a morte federali si sono opposti a questo protocollo affermando che non si tratta di una procedura approvata ufficialmente dal Parlamento.
Gli appelli dei condannati erano seguiti dalla Giudice Chutkan e lei, nella sua sentenza del 20 novembre, ha detto che i condannati hanno ragione nell’affermare che il nuovo protocollo viola la legge federale esistente, perché le procedure devono variare da stato a stato. Uno statuto federale del 1994 recita infatti che le esecuzioni federali devono essere svolte “nel modo prescritto dalla legge dello stato in cui la condanna viene emessa”.
Nella sua ingiunzione, la Chutkan ha sottolineato l’ovvietà del fatto che autorizzare le esecuzioni priverebbe i condannati della possibilità di perseguire le loro istanze legali. Ha anche respinto l’affermazione dell’accusa che occorre portare avanti queste esecuzioni senza perdere tempo, sottolineando che il protocollo federale per le esecuzioni è rimasto lo stesso per anni, almeno da quando una delle tre sostanze letali usate in precedenza era venuta a scarseggiare.
Nella motivazione della sua sentenza di 15 pagine, la Chutkan ha scritto: “Il governo afferma di avere un interesse legittimo nel concludere i procedimenti giudiziari, ma gli otto anni durante i quali ha aspettato per definire un nuovo protocollo tolgono ogni valore alle argomentazioni sull’urgenza e sul peso di questo interesse”. Ha anche aggiunto: “L’interesse pubblico non viene rispettato mettendo a morte delle persone prima che possano avvalersi di procedure legali per contestare la legalità della loro esecuzione.”
Quando il Ministro Barr annunciò la ripresa delle esecuzioni federali, affermò anche che questo evento avrebbe reso giustizia ai familiari delle vittime. Ma in realtà non tutti familiari delle vittime considerano la pena capitale una punizione appropriata. Per esempio non la considera appropriata Earlene Peterson: sua figlia, suo genero e la sua nipotina di otto anni furono uccisi da Daniel Lee, uno dei condannati la cui esecuzione è stata fissata dal governo federale. Ebbene, il mese scorso la Peterson, in un video di 6 minuti, ha chiesto al presidente Trump di fermare l’esecuzione di Daniel Lee, dichiarando: “Non capisco come uccidere Daniel Lee onorerebbe in alcun modo mia figlia.”
Inoltre, all’inizio di novembre 65 ex giudici e molti familiari di vittime di crimini hanno inviato lettere a Trump e a Barr, chiedendo loro di fermare le esecuzioni federali.
Donald Trump e William Barr
Come era prevedibile il Ministro della Giustizia Barr si è subito appellato alla Corte federale Distrettuale, dichiarando ai media che, se necessario, porterà il caso davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Intanto però le esecuzioni federali sono state bloccate e probabilmente la questione andrà per le lunghe. Noi ci uniamo al sollievo di tante persone, e condividiamo il parere di Sahwn Nolan, il difensore di uno dei quattro condannati, il quale, lodando la decisione della giudice Chutkan, ha dichiarato: “Con questa ingiunzione preliminare, la corte ha fatto capire chiaramente che non si dovrebbe portate a termine nessuna esecuzione fino a quando ci sono tante domande ancora in sospeso riguardanti il nuovo metodo di esecuzione annunciato dal governo.” (Grazia)
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(1) Vedi n. 261
(2) Vedi n. 264, Notiziario
Ray "Jeff" Cromartie
3) SÌ, NO, SÌ,.. ALLA FINE LA GEORGIA UCCIDE RAY JEFFERSON CROMARTIE
La gioia dei familiari per la sospensione dell’esecuzione di Ray “Jeff” Cromartie, fissata per il 30 ottobre e poi sospesa, è stata di breve durata: il 13 novembre il condannato è stato ucciso.
Il 52-enne nero Ray Jefferson (detto “Jeff”) Cromartie fu accusato di aver ferito gravemente un uomo e di averne ucciso un altro nel corso di due rapine compiute a Thomasville in Georgia il 7 e il 10 aprile del 1994 e fu condannato a morte il 1° ottobre 1997.
Dopo il respingimento di una miriade di ricorsi avanzati dalla difesa, negli anni, nei mesi e nei giorni precedenti, il 15 ottobre scorso l’esecuzione di Cromartie è stata programmata per il 30 ottobre presso la Georgia Diagnostic and Classification Prison situata nella cittadina di Jackson.
Negli atti processuali si legge che il 7 aprile 1994 Cromartie si fece prestare una pistola dal cugino Gary Young, entrò in un negozio, sparò in faccia al commesso Dan Wilson e cercò di aprire il registratore di cassa senza riuscirci. Wilson sopravvisse miracolosamente nonostante una lesione all’arteria carotide ma non riuscì a memorizzare e in seguito a riconoscere il suo aggressore. Il giorno seguente Cromartie domandò al cugino Gary Young e all’amico Carnell Cooksey se si fosse saputo della sanguinosa aggressione.
Tre giorni dopo, il 10 aprile 1994, Jeff Cromartie insieme all’amico Corey Clark si recò in un diverso locale per tentare di nuovo una rapina. Un altro complice, Thaddeus Lucas, rimase in macchina nei pressi del locale osservando i passanti e tenendosi pronto a portar via i due delinquenti dopo la rapina. Cromartie sparò al commesso Richard A. Slysz colpendolo nell’occhio destro. La vittima non perse subito conoscenza e allora Cromartie gli sparò un secondo colpo alla tempia sinistra, uccidendolo. Non riuscendo ad aprire la cassa, Jeff Cromartie rubò due scatoloni di birra Budweiser e fuggì. Un motociclista di passaggio riferì poi che uno degli scatoloni di birra era caduto, che alcune lattine di birra si erano rotte.
Carnell Cooksey testimoniò in seguito, in sede processuale, che Cromartie tornò a casa con la cassa di birra disastrata e che si vantò di aver sparato al commesso.
Quando Jeff Cromartie fu arrestato, tre giorni dopo l’uccisione di Richard Slysz, la polizia trovò nel fango impronte corrispondenti alle scarpe che Cromartie ancora portava.
Al processo contro Ray Jefferson Cromartie, testimoniarono per l’accusa sia Corey Clark che Thaddeus Lucas i quali, in cambio, ebbero condanne relativamente lievi e uscirono di prigione nei primi anni 2000.
Avvicinandosi la data di esecuzione del 30 ottobre, gli sforzi dei difensori e degli amici di Jeff Cromartie per evitare a quest’ultimo l’iniezione letale si sono fatti intensissimi. Ad impegnarsi è stato in primo luogo l’avvocato Shawn Nolan. Nolan si è dato da fare soprattutto per ottenere un test del DNA sulla pistola che uccise il commesso Richard Slysz. Ma i suoi sforzi sono stati vani: le varie corti adite hanno negato l’effettuazione del test argomentando che, ammesso che dopo tanti anni si possano ancora trovare impronte sulla pistola del cugino (con cui si è affermato che Cromartie uccise la sua vittima), tali impronte non costituirebbero una prova a discarico.
L’accusatore distrettuale Brad Shealy ha dichiarato: “Riguardo alla pistola e alle cartucce. Sappiamo che la pistola apparteneva a Gary Young. Nel processo è risultato che egli dette la pistola a Cromartie. Non ci sono prove che la pistola era scarica quando fu data a costui. Così se si fosse trovato DNA di Gary Young sulla pistola e sulle cartucce, non ci sarebbe stata alcuna differenza perché sappiamo che egli detenne la pistola.”
La mattina del 30 ottobre, giorno fissato per la somministrazione dell’iniezione letale a Jeff Cromartie, la Corte Suprema della Georgia ha ordinato di sospendere l’esecuzione che era stata ordinata dalla corte della città di Thomasville mentre era ancora pendente un ricorso presso la stessa Corte Suprema.
La famiglia di Cromartie ed Elizabeth Legette, la figlia di Richard Slysz che da anni si era impegnata per scongiurare l’esecuzione dell’uccisore del padre, hanno reagito con gioia all’ordine di sospensione e con rinnovata speranza di ottenere l’agognato test del DNA.
"L’ho saputo con il resto della mia famiglia, ne siamo stati felicissimi e abbiamo cominciato ad abbracciarci piangendo," ha detto Anthony Cromartie, fratello di Ray.
La gioia dei familiari e degli amici del condannato è stata di breve durata: superati gli intralci procedurali, il 2 novembre il giudice Frank Horkan ha fissato l’esecuzione di Ray Cromartie per le ore 19 del successivo giorno 13. Questa volta non ci sono stati ostacoli per mettere a morte il condannato, se si eccettuano gli ultimi frenetici rituali ricorsi alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ricorsi che hanno solo ritardato di qualche ora la somministrazione dell’iniezione letale di pentobarbital.
Ray “Jeff” Cromartie è stato dichiarato morto alle ore 22:59’.
Il morituro non ha voluto rilasciare un’ultima dichiarazione ed ha permesso agli astanti di recitare una preghiera per lui.
4) MESSO A MORTE IN SOUTH DAKOTA L’OMOSESSUALE CHARLES RHINES
Tre membri della giuria che condannò a morte Charles Rhines, un omosessuale, nel 1993 espressero chiaramante la loro ‘omofobia’. Questo fatto non è però bastato per ottenere un nuovo processo e così il condannato è stato ucciso nel giorno stabilito, il 4 novembre u. s.
Il 63-enne Charles Rhines è stato ‘giustiziato’ con un’inezione letale il 4 novembre u. s. in South Dakota, stato che mantiene ma usa pochissimo la pena di morte (in esso vi sono state solo 5 esecuzioni dopo il ripristino della pena capitale negli USA nel 1976).
Rhines fu condannato a morte a gennaio del 1993 per aver ucciso a coltellate il commesso Donnivan Schaeffer l’8 marzo 1992 nel corso di una rapina in una pasticceria di Rapid City che gli fruttò circa 3000 dollari. Da notare: Rhines era stato un collega di Donnivan Schaeffer nella stessa pasticceria fino a poche settimane prima.
Gli ultimi sforzi dei difensori del condannto si sono concentrati sul fatto che questi era un omosessaule e che tre componenti della giuria che lo condannò a morte nel 1993 dichiararono di conoscere l’orientamento sessuale dell’imputato e di averne parlato durante il processo.
Un giurato ha dichiarato: "Sapevamo che Rhines era omosessuale e pensavo che non avrebbe dovuto trascorrere la sua vita con altri uomini in prigione." Un secondo giurato ha detto: "Lo manderemmo dove vuole andare se votassimo per l’ergastolo senza possibilità di liberazione”. E un terzo giurato ha notato che c'erano state "molte discussioni sull'omosessualità" e "molto disgusto".
“É doloroso e profondamente ingiusto che lo stato del South Dakota abbia oggi messo a morte Charles Rhines, un omosessuale, senza che nessuna corte abbia voluto neanche ascoltare le prove che il suo orientamanto sessuale abbia influito sulla decisione della giuria di condannarlo a morte”, ha dichiarato il difensore d’ufficio Shawn Nolan.
Oltre a ciò la difesa aveva inoltrato la richiesta di un esame psichiatrico di Rhines per accertare la sua infermità mentale, perchè la possibilità che egli fosse autistico avrebbe potuto essere utilizzata come un fattore attenuante durante il processo.
Vi era stata poi la richiesta di usare un tipo di iniezione letale … non più usata in South Dakota.
Queste due richieste sono state entrambe respinte.
L’esecuzione di Charles Rhines fissata per le ore 13:30’ del 4 novembre ha avuto luogo alle 19:39’ dopo il fallimento degli ultimi frenetici inutili ricorsi.
Le parole finali del condannato sono state di perdono per i parenti della sua vittima che hanno perorato la sua esecuzione.
Una volta messo a morte Rhines, l’accusatore Jason Ravnsborg ha dichiarato di sperare che la famiglia della sua vittima possa ora trovare la serenità necessaria per andare avanti nella vita: “Le parole non possono esprimere la tristezza per il fatto che Donnivan sia stato ucciso”, ha detto Ravnsborg. “Ma sono contento perché oggi siamo riusciti ad avere giustizia per lui”.
5) HALL GIUSTIZIATO IN TEXAS NONOSTANTE FOSSE UN MALATO MENTALE
Lo stato del Texas ha accontentato un malato mentale che voleva ad ogni costo essere messo a morte.
Il Texas ha ‘giustiziato’ Justen Hall il 6 novembre u. s.
Hall aveva rinunciato ad inoltrare appelli, aveva tentato il suicidio e aveva dichiarato alle corti in diverse occasioni di voler essere giustiziato.
I suoi avvocati, con i quali si era rifiutato di parlare dal 2017, affermavano che Hall mostrava i sintomi di una grave malattia mentale, tra cui allucinazioni, paranoia e depressione.
Il 22 ottobre scorso gli avvocati avevano presentato una mozione alla corte della Contea di El Paso chiedendo un controllo giudiziario della sanità mentale del condannato che voleva essere messo a morte. Tuttavia, basandosi sull’affermazione dello stesso Hall di essere sano di mente, tale corte aveva rifiutato di tenere un'udienza sulla questione.
Nell'ottobre del 2016, Hall aveva scritto in una lettera inviata alla corte della Contea di El Paso: "Questi muri mi hanno rotto 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Devo consumare fino all’ultimo briciolo di volontà per arrivare alla fine della giornata ... Voglio essere abbattuto come il cane rabbioso che sono." Allora aveva chiesto di respingere i ricorsi pendenti e di fissare la data della sua esecuzione.
Nei registri carcerari è annotato che Hall tentò il suicidio nel novembre 2016.
Nel 2017 Hall cercò di licenziare i propri avvocati e questi dichiarano alla Corte Criminale d’Appello del Texas di essere intenzionati a chiedere un’udienza sulla sua sanità mentale se egli avesse persistito nella sua richiesta. Hall aveva poi rinunciato ai suoi tentativi di licenziare gli avvocati.
Gli avvocati di Hall avevano cercato di ottenere il test del DNA sull’arma del delitto, ma Hall si era opposto al tentativo di ottenere quel test. Nel gennaio 2019, la TCCA (Corte Criminale d’Appello del Texas) si è opposta all’effettuazione del test, affermando che un risultato a discarico non avrebbe fatto la differenza nel verdetto della giuria. Nella stessa occasione, la corte ha affermato che il tentativo di suicidio di Hall e l'affermazione che il braccio della morte lo aveva "rotto" non indicavano una mancanza di sanità mentale.
"Essere depressi nelle sue circostanze è comprensibile ed è una risposta razionale a condizioni avverse", ha scritto la Corte. "La dichiarazione del ricorrente di essere "distrutto" non indica, nemmeno in combinazione con il suo tentativo di suicidio, una mancanza di sanità mentale."
Gli avvocati di Hall hanno sostenuto che le sue cartelle cliniche contenevano "numerose annotazioni di deterioramento delle sue condizioni psichiche" nel corso dei 14 anni in cui è stato imprigionato nel braccio della morte.
Hall ha interrotto la comunicazione con i suoi avvocati nel 2017 e successivamente ha interrotto anche la comunicazione con la sua famiglia. Durante un recente tentativo di visita dell'avvocato Benjamin Wolff e della madre di Hall, Wolff ha detto “Hall mi ha voltato le spalle e ha continuato a voltare le spalle a me (e all'Area visitatori) per circa un'ora prima di essere riportato nella sua cella."
Il caso di Hall è il secondo in Texas nel 2019 in cui sono sorti dubbi sulla sanità mentale del condannato. Una corte della Contea di Henderson ha bloccato l’esecuzione di Randall Mays fissata per il 16 ottobre, perché i medici della prigione hanno attestato che Mays è affetto da schizofrenia. Nel bloccare l’esecuzione, il giudice distrettuale Joe Clayton ha affermato la necessità di "rivedere correttamente tutte le cartelle cliniche presentate".
Delle 13 persone per le quali è stata programmata l'esecuzione in Texas negli ultimi 5 mesi del 2019, quattro (tra cui Mays e Hall) hanno mostrato segni di gravi malattie mentali. Hall è uno degli almeno 149 prigionieri del braccio della morte che tentano di ritirare i loro appelli per facilitare le proprie esecuzioni. Questi cosiddetti "volontari" rappresentano il 10% di tutti i prigionieri messi a morte negli Stati Uniti da quando sono ricominciate le esecuzioni nel 1977. (Pupa)
6) DI NUOVO BLOCCATA IN TEXAS L’ESECUZIONE DEL BUDDISTA MURPHY
Patrick Murphy, condannato a morte in Texas, ha già guadagnato più di otto mesi di vita per il fatto di essere buddista. E non si sa quando riceverà l’iniezione letale.
Il 28 marzo u. s. la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva bloccato una prima volta l’esecuzione di Patrick Murphy in Texas dal momento che non vi era nessun assistente spirituale buddista abilitato ad entrare nella camera della morte. In seguito a ciò il Texas vietò l’ingresso nella camera della morte a tutti gli assistenti spirituali e, ritenendosi ormai nel giusto per aver eliminato la discriminazione tra religioni, fissò una nuova data di esecuzione per Murphy: costui doveva morire il 13 novembre (1).
Ma il giudice federale distrettuale George C. Hanks ha bloccato di nuovo l’esecuzione del buddista Murphy il 7 novembre argomentando che la procedura di pre-esecuzione continua a discriminare i buddisti. Infatti tutti i prigionieri hanno accesso al loro consigliere spirituale nei 2 giorni e mezzo precedenti l'esecuzione. Invece nel giorno dell’esecuzione i prigionieri possono incontrare solo tra le 15 e le 16 i consiglieri religiosi che non siano dipendenti dal TDCJ (Dipartimento di Giustizia Criminale del Texas). Le esecuzioni dovrebbero iniziare alle 18.00, ma spesso ci sono ritardi. I consiglieri spirituali impiegati dal TDCJ, tuttavia, non sono limitati a quella finestra di un'ora nel pomeriggio e "risulta che abbiano accesso al detenuto fino al momento in cui questi entra nella camera della morte", ha scritto il giudice Hanks. I cappellani dipendenti del TDCJ attualmente autorizzati a stare con i detenuti fino a poco prima della loro esecuzione sono solo cristiani.
Non si sa quando verrà risolta la questione e quando verrà fissata una nuova data di esecuzione per Patrick Murphy.
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(1) Ricordiamo che Patrick Murphy fu condannato a morte per complicità nell’omicidio di Aubrey Hawkins, un poliziotto di 29 anni, avvenuto la vigilia di Natale del 2000. Sulla vicenda di Patrick Murphy vedi i numeri 257; 258 Notiziario, 262 Notiziario.
7) GLI AMERICANI ORA PREFERISCONO L’ERGASTOLO ALLA PENA DI MORTE
Prosegue, sia pur lentamente, lo spostamento delle preferenze dell’opinione pubblica degli Stati Uniti d’America dalla pena di morte all’ergastolo senza possibilità di liberazione.
Per la prima volta dopo 34 anni, da un sondaggio della Gallup risulta che gli Americani preferiscono l’ergastolo senza possibilità di uscita sulla parola, come punizione per gli omicidi, piuttosto che la pena di morte (1).
L’attuale maggioranza dei favorevoli all’ergastolo (60% favorevoli all’ergastolo, 36% favorevoli alla pena di morte) segna un cambiamento rispetto all’ultimo ventennio, durante il quale gli Americani erano divisi a metà su quale fosse la punizione più appropriata per gli omicidi. Negli anni ’80 e ’90 una notevole maggioranza riteneva che la pena di morte fosse la scelta migliore per i rei di omicidio.
Il sondaggio è stato effettuato tra il 14 e il 31 ottobre, due settimane prima che il Texas sospendesse l’esecuzione Rodney Reed in favore del quale si sono mobilitati politici e personaggi famosi (v. il primo articolo di questo Foglio di Collegamento).
Anche se gli Americani ora sono più favorevoli all’ergastolo senza possibilità di liberazione sulla parola in alternativa alla pena di morte, risulta ancora una maggioranza di favorevoli alla punizione capitale, se si chiede semplicemente “Sei favorevole alla pena di morte per una persona giudicata colpevole di omicidio?”, senza fornire un’opzione alternativa. Il 56% degli adulti statunitensi risponde a questa domanda dicendo: “Sì”.
La preferenza per la pena capitale è rimasta pressoché invariata negli ultimi tre anni, ma è scesa di 7 punti percentuali rispetto al 2014, il primo anno in cui la Gallup pose la domanda che conteneva l’alternativa dell’ergastolo per le persone giudicate colpevoli di omicidio.
La percentuale dei favorevoli alla pena di morte nel lontano passato è stata anche inferiore a quella attuale, soprattutto dalla seconda metà degli anni ’60 agli inizi degli anni ’70. Da un sondaggio del 1966 risultò che il 42% degli Americani era favorevole alla pena di morte, mentre il 47% era contrario.
La crescente preoccupazione che la pena di morte fosse applicata in modo ingiusto nei vari stati, indusse la Corte Suprema ad imporre una moratoria sulla pena capitale in tutti gli Stati Uniti nel 1972. Quattro anni dopo, quando il sostegno alla pena di morte era salito al 66%, la Corte Suprema consentì l’applicazione della pena capitale a condizione che vi fossero determinate garanzie per gli accusati di reati capitali. Le esecuzioni ripresero nel gennaio 1977.
Almeno 6 Americani su 10 si dichiararono favorevoli alla pena capitale dal 1976 al 2016, con un picco dell’80% nel 1994, quando la criminalità risultò essere la maggiore preoccupazione della gente.
Ora lo spostamento verso il sostegno all’ergastolo si verifica tra gli aderenti a tutti i partiti politici.
Dal 2014, quando il sondaggio Gallup chiese agli Americani di scegliere tra l’ergastolo senza libertà sulla parola e la pena di morte, in tutti i principali partiti vi fu l’aumento del favore per l’ergastolo. Vi fu un aumento di 19 punti tra i Democratici, di 16 punti tra gli indipendenti e di 10 punti tra i Repubblicani.
Cinque anni fa la maggioranza dei Democratici era già favorevole all’ergastolo rispetto alla pena di morte, ma adesso i Democratici lo sono quasi all’80%. Le preferenze nei partiti minori sono variate, dall’essere leggermente a favore della pena di morte nel 2014 all’essere adesso a favore dell’ergastolo. I Repubblicani continuano a essere in maggioranza favorevoli alla pena di morte ma in percentuale inferiore rispetto al passato. Il 77% dei Democratici e dei Liberali è a favore dell’ergastolo come punizione per gli omicidi. Il 73% dei laureati, il 72% dei non bianchi e il 70% dei giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, preferiscono l’ergastolo alle esecuzioni. Due terzi delle donne, a fronte del 53% degli uomini, sono a favore dell’ergastolo.
Dunque l’opinione degli Americani riguardo alla pena di morte, che ha avuto grossi cambiamenti negli ultimi 80 anni, continua a evolvere. La percentuale di favorevoli alla pena capitale è in generale la più bassa degli ultimi 45 anni. E se viene fornita un’alternativa esplicita, per la prima volta in 30 anni la maggioranza afferma che l’ergastolo senza possibilità di uscita sulla parola rappresenta una punizione più giusta per gli omicidi rispetto alla pena di morte.
Al cambiamento dell’opinione pubblica riguardo alla pena di morte, fa seguito il cambiamento delle leggi statali. Cinque stati hanno abolito la pena capitale in questo decennio, lasciandone 29 in cui è ancora presente per legge. Numerosi stati che prevedono ancora la pena di morte hanno istituito una moratoria sulla sua applicazione o considerano di abolirla. Casi recenti, nei quali sono sorti forti dubbi sulle condanne a morte per l’emergere di nuove prove, possono aiutare a modificare l’opinione pubblica. (Grazia)
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(1) Vedi: https://news.gallup.com/poll/268514/americans-support-life-prison-death-penalty.aspx
8) IL NUMERO DEI CONDANNATI A MORTE NEGLI USA È IL PIÙ BASSO DA 27 ANNI
Possiamo dire che l’uso della pena di morte negli USA, sia pure molto lentamente, si sta riducendo.
Negli Stati Uniti il numero di persone nel braccio della morte o che affrontano il processo d’appello per la pena capitale è al livello minimo da 27 anni. Il 1° luglio scorso 2.656 persone risultavano essere nel braccio della morte.
L'ultima volta che il numero dei condannati a morte è stato così basso fu nell'autunno del 1992, quando 2.636 persone erano condannate a morte o affrontavano il processo d’appello per la pena capitale.
Il numero dei condannati nel braccio della morte nell'estate 2019 corrisponde ad un calo del 3% in rapporto allo scorso anno e ad un calo del 26% rispetto all'inizio del secolo. All’inizio del secolo il numero dei condannati nel braccio della morte era al livello più elevato. Il declino del numero di condannati a morte è superiore al numero di esecuzioni, ciò è indice del fatto che il numero di condannati riprocessati e condannati all’ergastolo o morti di morte naturale nel braccio della morte è superiore al numero delle nuove condanne capitali.
Come il numero di prigionieri nel braccio della morte continua a ridursi, così anche l’estensione geografica della pena capitale. Il rapporto di Death Row USA dell'estate 2019 rende evidente che lo stato del New Mexico non ha più nessuno nel braccio della morte. Una sentenza di giugno della corte suprema di quello stato ha cancellato la condanna a morte per gli ultimi due detenuti che erano rimasti nel braccio della morte dopo l'abolizione della pena capitale da parte del New Mexico nel 2009. (La legge abolizionista non era retroattiva).
A luglio 2019 negli Stati Uniti 30 stati, oltre al governo federale e alla giurisdizione militare, avevano almeno un prigioniero nel braccio della morte. Tuttavia, tale cifra comprende anche quattro stati (California, Colorado, Oregon e Pennsylvania) che hanno imposto moratorie sulle esecuzioni e il New Hampshire, che all’inizio di quest’anno è diventato il 21° stato ad abolire la pena di morte per i casi futuri e ha un solo prigioniero nel braccio della morte. Secondo Death Row USA, oltre un terzo dei prigionieri nel braccio della morte (918 persone, pari al 35%) sono detenuti in stati dove vige la moratoria.
Il totale di 2.656 detenuti comprende anche 187 persone in stati dove non è in vigore alcuna moratoria che non sono in una situazione di condanna a morte attiva in quanto le loro condanne a morte sono state annullate dalle corti ma potrebbero essere ripristinate in appello o in un nuovo processo. Tenendo conto degli annullamenti e delle moratorie, Death Row USA calcola che solo 1.551 detenuti nel braccio della morte hanno condanne capitali "eseguibili". Quasi il 42% dei prigionieri nel braccio della morte negli Stati Uniti non ha una condanna a morte attiva e eseguibile.
Il braccio della morte della California rimane il più grande della nazione, con 729 prigionieri, seguito da quelli della Florida (348), del Texas (224), dell’Alabama (177) e della Pennsylvania (154).
A livello nazionale, la popolazione nel braccio della morte continua a riflettere le disparità razziali. Il 42% dei prigionieri nel braccio della morte sono bianchi, il 42% neri, il 13% latini, il 2% asiatici e l’1% nativi americani.
Gli stati che hanno la più alta percentuale di condannati a morte appartenenti a minoranze razziali ed etniche sono il Nebraska (75%), il Texas (73%) e la Louisiana (71%).
Il 2% di tutti i prigionieri nel braccio della morte sono donne. (Pupa)
9) ESECUZIONI IMMINENTI NEGLI STATI UNITI di Rick Halperin
Con l’esecuzione di Ray Cromartie in Georgia il 13 novembre, gli Stati Uniti hanno messo a morte 1.510 persone da quando la pena capitale fu resa nuovamente legale il 2 luglio 1976 con la sentenza Gregg vs. Georgia emessa della Corte Suprema USA.
Gary Gilmore nello Utah fu la prima persona ‘giustiziata’, il 17 gennaio 1977. Qui di seguito c’è una lista di ulteriori esecuzioni programmate, mentre la nazione prosegue nell’uso di tale pratica vergognosa di omicidi sponsorizzati dallo stato.
Esecuzioni programmate a breve:
1511-------5 dicembre------------- Lee Hall Jr ----------------Tennessee
1512-------11 dicembre------------Travis Runnels------------Texas
1513-------15 gennaio--------------John Gardner------------- Texas
1514--------6 febbraio--------------Abel Ochoa--------------- Texas
1515-------11 marzo----------------Carlos Trevino -----------Texas
N. B. Probabilmente questa lista cambierà nei prossimi mesi per l’aggiungersi di nuove date di esecuzione e per possibili sospensioni delle esecuzioni già fissate.
10) LA PENNSYLVANIA HA ABOLITO L’ISOLAMENTO DEI CONDANNATI A MORTE
Le condizioni di detenzione nel braccio della morte della Pennsylvania, uno stato in cui è in atto una moratoria delle esecuzioni dal 1999, verranno enormemente migliorate. Grazie all’impegno delle associazioni per i diritti umani, i condannati a morte non saranno più tenuti in isolamento.
Il 18 novembre si è conclusa una causa civile contro il DOC (Dipartimento delle carceri) della Pennsylvania e, di conseguenza, saranno grandemente migliorate le condizioni di detenzione dei condannati a morte.
L' ACLU (Unione Americana per le Libertà Civili), l'Abolitionist Law Center e due studi legali lo scorso anno avevano intentato un'azione legale contro lo stato della Pennsylvania che sosteneva essere lecito tenere i detenuti nel braccio della morte in isolamento. Nell’azione legale si argomentava che il trattamento riservato ai condannati a morte violava l'Ottavo e il Quattordicesimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (1).
Nell’azione legale si contestava che i 136 detenuti nel braccio della morte della Pennsylvania venivano tenuti in isolamento per 22-24 ore al giorno, in piccole celle sempre illuminate.
Il DOC della Pennsylvania ha ora accettato di trattare i condannati a morte allo stesso modo della popolazione generale delle carceri.
"Questo accordo porta la Pennsylvania oltre l’era oscura della punizioni crudeli, e la pone all’avanguardia nel trattamento umano delle persone incarcerate", ha dichiarato Witold Walczak della sezione ACLU della Pennsylvania in un comunicato stampa. "Siamo grati nei riguardi del Governatore Wolf e del Segretario del DOC John Wetzel che hanno accettato di por fine alla reclusione solitaria permanente e di adottare politiche umane per governare il braccio della morte della Pennsylvania".
La Pennsylvania ha indetto una moratoria sulle esecuzioni e non ha giustiziato nessuno dopo il 1999, ma i prigionieri condannati a morte erano rinchiusi a tempo indeterminato in prigione e fino ad ora in pessime condizioni.
Il DOC ospiterà ancora i condannati a morte in apposite strutture, ma quei prigionieri avranno ora diritto ad almeno 42,5 ore di attività fuori dalle celle ogni settimana, incluse ore all'aperto, alla fruizione della biblioteca legale, a consumare i pasti con altri detenuti e ad altri privilegi concessi alla popolazione carceraria generale. I detenuti nel braccio della morte beneficeranno inoltre della possibilità di telefonare tutti i giorni e potranno beneficiare di visite di familiari, avvocati e consulenti religiosi, nonché di assistenza mentale per coloro che soffrono gli effetti dell’isolamento a lungo termine.
"Nonostante decenni trascorsi in un isolamento disumano, i nostri clienti si sono organizzati e hanno perseverato nel perseguire questo storico traguardo dell’abolizione del confinamento solitario in Pennsylvania", ha dichiarato Bret Grote dell'Abolitionist Law Center in un comunicato stampa.
Notiamo che il provvedimento che migliora le condizioni di detenzione dei condannati a morte della Pennsylvania segue di un mese un analogo provvedimento preso in Oklahoma (2). (Pupa)
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(1) L’Ottavo Emendamento vieta l’inflizione di pene crudeli e inusuali, il Quattordicesimo Emendamento afferma il diritto ad un giusto processo e il diritto dei cittadini ad avere una eguale protezione di fronte alla legge
(2) Vedi n. 264, Notiziario
11) CONTESTATO SINGAPORE PER L’ESECUZIONE DI UN TRAFFICANTE DI DROGA
Un trafficante di droga malese è stato impiccato a Singapore nonostante gli appelli per la clemenza provenienti dalla vicina Malesia, un paese che sembra avviarsi verso l’abolizione della pena di morte.
Venerdì 22 novembre Singapore ha impiccato Abd Helmi Ab Halim, un trafficante malese di eroina, nonostante gli appelli provenienti dalla Malesia per fermare un'esecuzione considerata straziante ed eccessiva per un trafficante di droga di basso livello.
Abd Helmi è stato impiccato nella prigione di Changi, dopo un tentativo fallito di ottenere clemenza dal presidente di Singapore.
La città-stato di Singapore - che si vanta del rigoroso rispetto delle leggi e degli esigui tassi di criminalità - nonostante gli appelli dei gruppi per i diritti umani ad ammorbidire la sua posizione, sostiene fermamente che la pena capitale è un efficace deterrente contro il crimine.
Abd Helmi Ab Halim era stato condannato a morte nel 2017 per il trasporto di 16,56 grammi di eroina dalla vicina Malesia a Singapore, una quantità sufficiente ad alimentare la dipendenza di 200 utilizzatori per una settimana.
L'esecuzione è stata una pena "estremamente sproporzionata", ha dichiarato N. Surendran di “Lawyers for Liberty”, una ONG malese che aveva chiesto inutilmente clemenza per il trafficante.
Anche la Malesia ha la pena capitale, ma il governo riformista che è salito al potere l'anno scorso ha dichiarato che ammorbidirà le sue politiche, abolendo la pena di morte obbligatoria per alcuni reati, ed ha sospeso le esecuzioni.
Il ministro della giustizia malese Liew Vui Keong aveva chiesto a Singapore di astenersi dall’impiccagione, dicendo: "È doloroso vedere un altro concittadino da giustiziare, per motivi del tutto non convincenti. La giustizia deve essere temperata dalla misericordia, e imploro Singapore di farlo."
Dopo l'impiccagione il governo di Singapore ha sottolineato il suo diritto sovrano di usare la pena di morte contro i trafficanti di droga e ha affermato che si aspetta che gli altri paesi rispettino le leggi della città-stato: "Le leggi di Singapore si applicano ugualmente a tutti, indipendentemente dal fatto che l'autore del reato sia di Singapore o straniero", hanno scritto i Ministri della Giustizia e degli Interni in una dichiarazione congiunta. "Gli stranieri che scelgono di infrangere le nostre leggi non possono aspettarsi alcun trattamento di favore".
"L'uso della pena capitale è una questione che ogni paese ha il diritto sovrano di decidere da solo, tenendo conto delle proprie circostanze e in conformità con i suoi obblighi di diritto internazionale", hanno dichiarato i due ministri, aggiungendo che "non esiste un consenso internazionale" sull'uso della pena di morte.
Hanno anche affermato che la pena di morte è una componente importante della strategia anti-droga di Singapore e ha dimostrato di essere un deterrente efficace se combinato con altre misure.
"Singapore è uno dei pochi paesi al mondo in cui è stata contenuta la minaccia della droga. Singapore rispetta il diritto sovrano di altri paesi di determinare i propri sistemi legali e si aspetta lo stesso in cambio", hanno detto.
Lo scorso anno Amnesty International ha registrato 13 esecuzioni a Singapore, 11 delle quali per reati di droga. (Pupa)
12) NOTIZIARIO
Iran. “I manifestanti antigovernativi devono essere torturati, smembrati ed uccisi”. La televisione di stato dell’Iran ha intervistato un esperto del Corano che ha sostenuto la tortura e la pena di morte nei riguardi dei partecipanti alle proteste antigovernative. Costui ha detto che i manifestanti non dovrebbero semplicemente essere uccisi, ma dovrebbero anche essere fatti soffrire. Nel video divulgato dall'attivista iraniana Masih Alinejad che ora vive a New York, il chierico recita un verso del Corano che, secondo lui, giustifica le mutilazioni, l’esilio e impiccagione pubblica dei manifestanti iraniani antigovernativi. A metà novembre in Iran sono scoppiate massicce proteste in risposta all'impennata del costo della vita e al drammatico aumento dei prezzi dei carburanti. Secondo Amnesty International, almeno 143 manifestanti sono stati uccisi da quando le proteste sono scoppiate il 15 novembre. L’associazione per i diritti umani afferma che quasi tutte le morti sono conseguite all’uso delle armi da fuoco da parte delle forze di sicurezza, anche se è stato riferito che un uomo è morto dopo aver inalato gas lacrimogeni e un altro per essere stato picchiato.
Vedi: https://twitter.com/i/status/1199823541400588289
Oklahoma. Muore nella sua cella nel braccio della morte, accertamenti in corso. Il Dipartimento di Correzione dell’Oklahoma ha reso noto in un comunicato che il condannato a morte 52-enne Albert Ray Johnson è stato trovato privo di sensi nella sua cella alle 16:30’ del 25 novembre e che poco dopo è stata dichiarata la sua morte. Nel comunicato si precisa che le cause della morte sono in corso di accertamento tramite un’autopsia e che Johnson era stato condannato alla pena capitale nel 2016 per aver violentato la sua girlfriend e un’amica di costei e per aver ucciso l’amica il 13 giugno 2014.
Texas. Finalmente commutata la sentenza di morte di Bobby Moore. Il 6 novembre u. s. la Corte Criminale d’Appello del Texas ha commutato controvoglia la condanna a morte di Bobby Moore in ergastolo. Moore era stato condannato alla pena capitale nel 1981 per l’uccisione di un commesso nel corso di una rapina. Sul suo caso sorse un conflitto tra le corti del Texas e le corti federali. La tesi della difesa che, essendo un ritardato mentale, Moore non poteva essere condannato a morte è stata respinta due volte dalla Corte Criminale d’Appello del Texas. Poi con una sentenza pubblicata il 28 marzo 2017 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato ragione alla difesa di Bobby Moore stabilendo che il condannato doveva essere considerato un ritardato mentale (v. n. 236). A quel punto alla Corte Criminale d’Appello del Texas non è rimasto che adeguarsi. Lo ha fatto il 6 novembre scorso commutando in ergastolo la pena capitale di Moore. Quest’ultimo, almeno in linea di principio, potrebbe tornare in libertà perché nel 1980, quando commise il suo crimine, non esisteva l’ergastolo senza possibilità di liberazione e i condannati all’ergastolo avevano la facoltà di chiedere la liberazione sulla parola dopo 20 anni di detenzione.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 30 novembre 2019